L’addio al re dello spumante

- di: Barbara Leone
 
Per tutti era il re dello spumante. Sin da quando, giovanissimo, iniziò a lavorare nell’azienda fondata dal bisnonno che nel lontano 1850 produsse a Canelli il primo spumante italiano con le uve moscato. Originario del cuneese, Carlo Gancia era alla ricerca di uno champagne italiano che non avesse nulla da invidiare a quello transalpino: il risultato fu lo spumante, un vino a base moscato dall’aroma più dolce rispetto al cugino francese ma assai apprezzato, messo a punto con una procedura poi scolpita nella formula del metodo classico. Nacque così il marchio Gancia, che Vittorio Vallarino Gancia, morto sabato notte a novant’anni nella sua abitazione di Asti, portò ai massimi livelli trasformando quelle dolci bollicine in un vero e proprio must per tutti gli italiani. E dando non poco filo da torcere all’eterno rivale: sua maestà champagne. Quello made in France, ça va sans dire. Fu grazie a lui che anno dopo anno lo spumante diventò simbolo di festa nelle case degli italiani.

L’addio al re dello spumante

Soprattutto a Natale, perché tradizione voleva che si accompagnasse al panettone e pandoro. Dopo la laurea in Scienze politiche, Gancia si dedicò subito al settore delle esportazioni, diventando “protagonista del percorso che ha portato al riconoscimento di Patrimonio dell’Umanità dei paesaggi vitivinicoli di Langhe, Roero e Monferrato”, come ha ricordato il sindaco di Canelli Paolo Lanzavecchia. E “sviluppando una realtà importante per il nostro tessuto sociale, in grado di portare occupazione e risorse”. Un “uomo di visione”, lo ha definito Lamberto Frescobaldi, presidente dell’Unione italiana vini, mentre il presidente del Consorzio dell’Asti lo ricorda “carismatico, con una visione intenzionale del vino e della promozione del territorio che si sono dimostrate vincenti”. Parole di cordoglio anche dal mondo della politica, col ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto che lo ha così ricordato: “Con Villarino Gancia va via un grande imprenditore italiano e un pezzo importante di storia piemontese - ha affermato il ministro -. Lo ricorderemo sempre per la sua competenza e per la lungimiranza imprenditoriale con cui ha fortemente contribuito a portare il meglio della nostra terra nel mondo”. Innumerevoli sono gli incarichi che Vallarino Gancia ha ricoperto nel corso della sua attività professionale. Fu presidente della Camera di Commercio di Asti, presidente del Consorzio per la tutela dell’Asti spumante, presidente della Federvini, presidente dell’Unione italiana vini. Nel 1994 venne nominato Cavaliere del Lavoro. A Canelli però, dove era nato, restava per tutti “il dottor Vittorio”. Fervente sostenitore dell’Asti spumante, nel 1980 Gancia creò anche il Pinot di Pinot, aprendo un nuovo e importante mercato riservato agli spumanti secchi.

Da anni Vallarino Gancia aveva lasciato il timone dell’azienda, il cui brand è stato acquisito tra il 2011 ed il 2013 dalla Russian Standard del magnate Rustam Tariko, che però ha lasciato la produzione a Canelli. Della sua storia, della sua vita, non si può non ricordare infine quanto accaduto il 5 giugno del 1975, quando venne sequestrato a scopo di estorsione dalle Brigate Rosse tra Canelli ed Acqui, nell’Alessandrino. Un sequestro lampo, perché i carabinieri individuarono in poco tempo il luogo in cui era stato rinchiuso la cascina Spiotta, vicino ad Acqui Terme. Nella sparatoria che ne seguì persero la vita la brigatista Mara Cagol e un appuntato dell’Arma, Giovanni D’Alfonso. Una vicenda drammatica e per certi versi ancora oscura. Tant’è vero che lo scorso anno la procura di Torino ha aperto un'inchiesta per risalire all'identità di un brigatista presente sul posto ma rimasto sconosciuto.
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