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Giornalisti, riforma in vista: obbligo di laurea per accedere alla professione

- di: Barbara Leone
 
Giornalisti, riforma in vista: obbligo di laurea per accedere alla professione
Novità all’orizzonte per noi giornalisti. Il Consiglio nazionale dell’Ordine ha infatti approvato alla unanimità il documento per la riforma dell’ordinamento professionale con particolare attenzione all’accesso. Nella riunione dello scorso 14 giugno, tutti i consiglieri hanno convenuto sulla necessità e l’urgenza di ammodernare le norme che regolano la professione giornalistica, che peraltro sono ferme al 1963.  Il documento, che sarà comunque oggetto di ulteriori confronti e rifiniture anche da parte dei presidenti e vice presidenti regionali, propone l’istituzione di una laurea magistrale in giornalismo per accedere alla professione. In alternativa sarà richiesta una laurea triennale come requisito per poter accedere a corsi specialistici  controllati e vigilati dall’Ordine.

Giornalisti, riforma in vista: obbligo di laurea per accedere alla professione

In un eventuale periodo transitorio potrebbero comunque restare in vigore tutte le modalità di accesso attualmente operative. Nella proposta di riforma viene rivisto anche il principio di esclusività della professione giornalistica, che dovrà essere “attività prevalente”. Novità anche per gli aspiranti pubblicisti, ai quali sarà richiesta una laurea di primo livello, ovvero triennale, come requisito  per iniziare il biennio di attività  propedeutico all’iscrizione all’albo. Durante tale periodo, inoltre,  essi dovranno seguire un percorso di formazione. Il testo finale della riforma sarà messo in votazione alla prossima riunione del Consiglio prevista per la metà di luglio. L’obiettivo, a detta del Consiglio, è quello di innalzare il livello formativo delle nuove generazioni di giornalisti creando, in proiezione futura, un percorso principale o unico attraverso studi universitari specifici. Stabilire se questo sia in futuro il solo canale grazie al quale accedere all’esame di Stato, che darà ancora diritto a esercitare la professione, sarà compito del legislatore. Ma è questa la via che l’Ordine vuole indicare. La riforma, dunque, mira a qualificare come professionista chi da professionista esercita.

Cioè chi, nel rispetto degli obblighi formativi, con le garanzie contrattuali proprie della professione e fissando come condizione prioritaria il possesso di una laurea e una formazione specifica, esercita o eserciterà attività giornalistica “in modo sistematico, continuativo e prevalente”. Attività cui va collegata una “regolare e congrua retribuzione”, aggiornando così la condizione espressa dall’articolo 1 della legge istitutiva: “Sono professionisti coloro che esercitano in modo esclusivo e continuativo la professione di giornalista”. Nel formulare questa proposta, che tocca tanto sia figura del professionista che quella del pubblicista, l’Ordine ha cercato di tener conto del progressivo (e per certi versi imprevedibile) evolversi della figura del giornalista. Basti pensare al possibile peso nel futuro della cosiddetta intelligenza artificiale. Ma fermandoci all’oggi, è evidente che la produzione giornalistica si è allargata a piattaforme, pubblicazioni e realtà tecnologiche e social che a determinate condizioni (che dovranno comunque essere attentamente verificate dall’Ordine dei giornalisti) possono rappresentare canali di informazione professionale.

Ciò in armonia con quanto evidenziato dalla Cassazione, nella citata sentenza 26596/2020, quando si parla di attività giornalistica svolta “attraverso giornali, agenzie di stampa, emittenti radiotelevisive e, più in generale, ogni strumento idoneo ad assicurare la diffusione dell’informazione”. A questo, sottolinea in conclusione l’Ordine, si dovrebbe guardare, fissando i punti fondamentali di una riforma e al tempo stesso lasciando aperta la strada alle future ulteriori trasformazioni.
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