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Non vogliono figli, né mutui: chi sono davvero i giovani del 2025

- di: Bruno Legni
 
Non vogliono figli, né mutui: chi sono davvero i giovani del 2025
Tra sogni infranti e nuove priorità, la generazione che riscrive le regole della vita adulta.
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La generazione che dice “no”: figli e mutui fuori dai piani
Nel 2025 una fetta crescente di under 35 in Italia e in Europa non sogna più le tappe canoniche della vita adulta: figli, casa di proprietà, matrimonio. I numeri parlano chiaro: il tasso di fecondità italiano è crollato a 1,18 figli per donna (dati Istat, maggio 2025), uno dei più bassi dell’Unione Europea. Non va meglio sul fronte immobiliare: secondo un’indagine di Nomisma (aprile 2025), solo il 18% dei giovani tra i 25 e i 34 anni ha intenzione di comprare casa nei prossimi tre anni, mentre oltre il 50% afferma di preferire la mobilità o la locazione.
A cosa si deve questa rivoluzione silenziosa? Le cause sono molteplici e profondamente intrecciate: dalla precarietà lavorativa alla crisi climatica, dalla sfiducia nelle istituzioni all’esplosione di nuovi modelli di vita. Ma soprattutto, a cambiare è stato il modo in cui i giovani concepiscono la felicità: meno proprietà, più libertà; meno obblighi, più scelte.
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La precarietà come normalità
A quasi quindici anni dall’inizio della “generazione mille euro”, i giovani italiani si trovano oggi con salari che in molti settori non hanno mai recuperato l’inflazione. Il reddito medio lordo per la fascia 25-34 anni si attesta sui 22.600 euro annui, secondo il Centro Studi Confindustria (marzo 2025), con punte ancora più basse nel Mezzogiorno. Contratti a termine, partite IVA spurie, tirocini “infiniti” e carriere frammentate rendono quasi impossibile, per molti, pianificare il futuro.
“Il problema non è solo economico, è culturale. Non ci è stato permesso di diventare adulti”, commenta Marta P., 31 anni, architetta freelance a Torino. “Le banche non ci danno fiducia, le aziende non investono su di noi, e lo Stato ci ignora”.
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Mutui: promesse statali e realtà del mercato
Il governo ha confermato fino al 2027 il Fondo di Garanzia per la Prima Casa per gli under 36, che copre fino all’80% del finanziamento richiesto. Ma, nella pratica, il meccanismo si inceppa: gli istituti di credito chiedono garanzie reali, mentre l’aumento dei tassi di interesse (+3,7% medio sui mutui a 30 anni a maggio 2025, secondo Bankitalia) ha reso i prestiti più onerosi, anche se ora i tassi sono scesi non poco e continueranno a calori. E i prezzi delle abitazioni, in città come Milano, Firenze o Bologna, restano fuori portata.
“Ho 33 anni, lavoro da 10, ho un buon curriculum, ma la banca mi ha chiesto un garante. Mio padre è in pensione, mia madre precaria. Ho rinunciato”, racconta Alessandro D., ingegnere a contratto a Bologna.
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Il tabù della genitorialità
Più radicale ancora è il cambio di atteggiamento verso la genitorialità. Un sondaggio realizzato da SWG a marzo 2025 mostra che il 42% degli under 30 italiani non intende avere figli, almeno nel prossimo decennio. Le motivazioni? Economiche, ambientali, personali. La paura di non riuscire a garantire un futuro dignitoso è dominante.
“I figli non sono più l’inevitabile coronamento della vita adulta, ma una scelta profonda e difficile”, spiega la sociologa Francesca Coin, docente all’Università di Venezia. “E oggi quella scelta è sempre più spesso un no, motivato e consapevole”.
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Nuove priorità: libertà, tempo, relazioni
La vita adulta del 2025 si misura su altre coordinate: salute mentale, libertà di movimento, tempo per sé, cura delle relazioni, esperienze di vita. Si moltiplicano i fenomeni di “downshifting”, rinuncia al tempo pieno, autoimprenditorialità digitale, nomadismo lavorativo. “Meglio vivere in uno studio in affitto e potersi prendere tre mesi di pausa, che lavorare 40 anni per una casa”, si legge in una delle community Telegram più attive tra i freelance italiani.
La generazione Z non fugge dalle responsabilità, ma le riscrive. Non rinuncia al futuro, ma pretende di definirlo secondo nuovi parametri. Più sostenibili, più umani, meno opprimenti.
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Cosa può fare la politica?
Il governo Draghi prima, e quello Meloni poi hanno tentato (con alterne fortune) politiche giovanili più inclusive. Ma secondo l’OCSE, l’Italia resta penultima in Europa per investimenti pubblici dedicati ai giovani (dati di aprile 2025).
“Siamo stanchi dei bonus spot e dei pacchetti pre-elettorali”, ha dichiarato Lorenzo Ghetti, presidente del Forum Nazionale Giovani. “Servono investimenti strutturali: case in affitto a lungo termine, salario minimo, contratti degni, servizi per l’infanzia”.

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