Luca Antonini, giudice costituzionale, avverte: “Sentiamo ora il rumore dei tagli silenziosi”. Invoca una commissione bipartisan per ridare umanità e futuro al Servizio sanitario nazionale.
Un grido dal Meeting di Rimini
Il palco del Meeting di Rimini, oggi 25 agosto 2025, ha offerto a Luca Antonini, vicepresidente della Corte Costituzionale, l’occasione per una riflessione che suona come un monito: la sanità italiana sta vivendo un lento declino, e per salvarla non bastano aggiustamenti tecnici o qualche iniezione di fondi. Serve un cambio radicale, un patto bipartisan che riporti al centro il senso originario del Servizio sanitario nazionale (SSN). In un’intervista, Antonini ha proposto l’istituzione di una commissione composta da tutte le forze politiche, con il compito di tracciare un percorso condiviso per preservare l’universalità delle cure.
I tagli che hanno scavato sotto silenzio
Antonini ha parlato senza reticenze: “La nostra spesa sanitaria, nel periodo 2014-2019, è stata tagliata di 40 miliardi di euro. I tagli alla sanità hanno una caratteristica: sono silenziosi. Diventano rumorosi dopo anni. Oggi sentiamo il rumore di quei tagli”, ha avvertito.
Quella cifra, che corrisponde a più di due leggi di bilancio ordinarie, ha lasciato ferite profonde. Nel decennio 2010-2019 il sottofinanziamento complessivo del SSN ha raggiunto 37 miliardi, tra definanziamenti e riduzioni programmate. Una lunga stagione di austerità che, sommata alla pandemia, ha logorato strutture, personale e fiducia dei cittadini.
Oggi gli italiani scontano i frutti di quelle scelte: pronto soccorso sovraffollati, tempi d’attesa che superano i dodici mesi per alcune prestazioni, disparità territoriali sempre più accentuate. Nel luglio 2025 emerge che tra Nord e Sud i tempi per una visita specialistica possono variare anche di 180 giorni.
La deriva della “povertà sanitaria”
Il dato che più colpisce Antonini riguarda la rinuncia alle cure: nel 2024 oltre 2 milioni di cittadini non hanno potuto accedere a visite o terapie per motivi economici. “Non c’è nulla di più umiliante e contrario alla Costituzione della povertà sanitaria”, ha denunciato il vicepresidente della Consulta. È la prova di quella che definisce “americanizzazione del sistema”, dove le cure finiscono per dipendere dal portafoglio.
Questa deriva mina il patto sociale e, soprattutto, nega l’essenza del modello universalistico nato con la legge n. 833 del 1978. Allora, in un’Italia attraversata dalla tragedia del sequestro Moro, la ministra Tina Anselmi portò in porto una riforma epocale: l’addio al sistema mutualistico e la nascita di un servizio sanitario gratuito e universale.
Un problema di attrattività per i medici
A pesare, però, non ci sono solo i conti. Antonini ha messo in luce la crisi della professione medica. “Un giovane oggi non è invogliato a diventare medico, e se lo diventa spesso sceglie di andare all’estero”, ha osservato.
I dati confermano: l’Italia spende in media 66 mila dollari l’anno per formare un medico, ma poi perde circa un terzo dei neolaureati entro cinque anni, attratti da stipendi e prospettive migliori in Austria, Germania o Regno Unito. Questa fuga di competenze non solo impoverisce il SSN, ma genera un paradosso: mentre mancano specialisti nei reparti, ogni anno migliaia di giovani medici restano bloccati dal numero chiuso delle scuole di specializzazione.
Tornare a curare le persone, non solo le malattie
Per Antonini, la crisi del SSN è anche una crisi culturale. “Il sistema oggi cura la malattia, ma non prende davvero in carico la persona”, ha spiegato. Serve una dimensione umanistica, capace di integrare cure mediche e ascolto, di restituire centralità al paziente e non soltanto al sintomo.
Un concetto in linea con raccomandazioni internazionali: la medicina del futuro deve puntare su prevenzione, prossimità e personalizzazione, riducendo le diseguaglianze di accesso.
La sanità come “spesa costituzionalmente necessaria”
La difesa della sanità pubblica non è solo una battaglia politica, ma anche un principio giuridico. È stato stabilito che le risorse per la salute rientrano tra le spese costituzionalmente necessarie, non comprimibili per esigenze di bilancio. “La sanità non può essere sacrificata sull’altare dei conti regionali”, ha scritto la Consulta, “perché garantisce un diritto inviolabile, presidio di coesione sociale”.
È un richiamo che pesa sui rapporti con Bruxelles. Antonini sottolinea come il vero problema non siano i vincoli europei, ma le scelte italiane di definanziamento che hanno prodotto il collasso odierno.
La lezione della Costituente
Per dare prospettiva, Antonini ha ricordato le radici: tre medici costituenti – Caronia, Merighi e Cavallotti, rispettivamente democristiano, socialista e comunista – misero da parte le ideologie per affermare un principio che ancora oggi guida il Paese: il diritto alla salute come fondamentale e universale. È l’unico, tra i diritti sociali, ad avere questa qualifica nella Carta del 1948. Un insegnamento che oggi, osserva Antonini, dovrebbe spingere i partiti a ritrovare quello spirito trasversale per difendere un bene comune e non una bandiera di parte.
Non solo fondi, ma idee
Il vicepresidente della Consulta non si limita a chiedere più risorse. Sa che, negli ultimi anni, il Fondo sanitario nazionale è tornato a crescere: nel 2025 sfiora i 137 miliardi di euro. Ma, insiste, non basta. “La vera inversione di rotta che serve è culturale, di mentalità. È da troppo tempo che mancano idee su come far funzionare il nostro sistema universalistico”.
Questo vuol dire ridisegnare la governance, rendere le regioni più responsabili ma anche più coordinate, introdurre strumenti di digitalizzazione capaci di alleggerire la burocrazia e rimettere i medici al centro del processo decisionale.
Un’agenda di urgenze
Dalla fuga dei giovani medici al riequilibrio territoriale, dalla povertà sanitaria alla digitalizzazione, Antonini ha tracciato le priorità di una futura commissione bipartisan. Una lista che non riguarda solo la politica sanitaria, ma la stessa tenuta della democrazia italiana. “Il SSN – ha ricordato – ha fatto guadagnare dieci anni di vita media agli italiani tra il 1978 e il 2018. È stata la più grande conquista civile dell’Italia repubblicana. Rinunciarvi significherebbe tornare indietro di decenni”.
Un’agenda politica e culturale
Il messaggio di Antonini al Meeting di Rimini non è solo un avvertimento, ma un’agenda politica e culturale. Per salvare la sanità serve una svolta bipartisan, una volontà condivisa che guardi oltre i cicli elettorali. Perché, come ha ammonito il vicepresidente della Corte Costituzionale, “il rumore dei tagli silenziosi si sente oggi”. E ignorarlo significherebbe non solo indebolire un sistema sanitario, ma tradire un patto costituzionale con i cittadini.