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Più giustizia senza giudice? La scommessa economica dietro i pignoramenti rapidi tra imprese

- di: Redazione
 
Più giustizia senza giudice? La scommessa economica dietro i pignoramenti rapidi tra imprese

La misura in discussione al Senato divide: efficienza e liquidità da un lato, rischio di automatismi dall’altro. Ma l’obiettivo è dare fiato alle imprese in tempi di crisi e dazi.È una domanda antica che torna al centro della politica economica: può esserci più giustizia con meno giudice?

Più giustizia senza giudice? La scommessa economica dietro i pignoramenti rapidi tra imprese

Il nuovo disegno di legge sull’intimazione di pagamento, ora all’esame della Commissione Giustizia del Senato, risponde affermativamente — almeno nel mondo delle imprese.
Il testo introduce infatti la possibilità di ottenere un pignoramento diretto senza passare per l’autorità giudiziaria, limitatamente ai rapporti tra aziende.
Una riforma che, secondo fonti della maggioranza, “non toccherà in alcun modo i cittadini o i rapporti tra privati” e che punta a semplificare il recupero crediti in un sistema economico rallentato da crisi, dazi e burocrazia.

Il costo economico della lentezza giudiziaria
Dietro la norma non c’è solo tecnica legislativa, ma un problema economico misurabile: la lentezza della giustizia civile costa all’Italia circa 2,5 punti di Pil all’anno. Ogni procedura esecutiva richiede in media dai 900 ai 1.200 giorni.

Significa capitale immobilizzato, investimenti rinviati, liquidità bloccata.
Per le imprese – soprattutto le PMI che lavorano in filiera o nell’export – questo vuol dire meno competitività, più indebitamento e maggiore vulnerabilità ai rialzi dei tassi.

Nel 2025, con l’Europa rallentata, i nuovi dazi sulle merci cinesi e le tensioni sui costi energetici, il credito commerciale è diventato la principale fonte di finanziamento delle imprese italiane.
Ma quando un cliente non paga, quel credito si trasforma in un buco che si allarga, si propaga ai fornitori, arriva ai salari.
La giustizia lenta diventa, così, una tassa occulta sulla produttività.

La scorciatoia o la cura strutturale
Il nuovo meccanismo nasce per questo: tagliare i tempi morti e consentire al creditore di ottenere un titolo esecutivo in tempi rapidi.
Non è un esproprio lampo, ma un pignoramento semplificato: riservato a crediti certi, liquidi ed esigibili tra imprese, e soggetto comunque a possibilità di contestazione e sospensione.
Un modello che si ispira ai sistemi di payment order già adottati in Germania e Olanda, dove la giustizia civile è più snella ma non meno garantista.

L’Italia prova ora ad adattarlo al proprio contesto, segnato da un carico giudiziario ancora elevato e da una struttura d’impresa frammentata.
Perché se ogni contenzioso deve attendere anni per una sentenza, il mercato smette di credere nei contratti.
E senza fiducia nei contratti, non c’è impresa che tenga.

Giustizia come infrastruttura economica
Il punto non è abolire il giudice, ma rendere la giustizia più simile a un’infrastruttura economica: veloce, accessibile, prevedibile. Ogni giorno di ritardo in una procedura esecutiva è un giorno in meno di investimento, di assunzione, di ricerca.
Una giustizia che funziona è una forma di credito collettivo: garantisce a chi produce che le regole verranno fatte rispettare, e lo fa in tempi compatibili con la vita dell’economia reale.

Il pignoramento diretto tra imprese va letto in questa prospettiva: non come un atto punitivo, ma come una semplificazione di sistema, pensata per liberare risorse e ridurre i costi occulti della burocrazia.
Ogni anno in Italia oltre 100 miliardi di euro di crediti commerciali restano non riscossi; se anche solo una parte di queste somme potesse tornare rapidamente in circolazione, l’impatto sul Pil sarebbe superiore a quello di molti incentivi fiscali.

Il rischio da evitare: l’automatismo cieco

Ma una “giustizia senza giudice” non può trasformarsi in una macchina automatica di esecuzione. Le imprese hanno bisogno di velocità, ma anche di equilibrio. Serve quindi una regolamentazione chiara: criteri precisi per la certezza del credito, tempi di opposizione garantiti, strumenti di tutela per chi contesta in buona fede. L’efficienza economica non può degenerare in automatismo, altrimenti si passa dalla lentezza alla disuguaglianza.

Per questo il Parlamento dovrà vigilare affinché la riforma non diventi un trasferimento di potere dai tribunali ai software, ma un modo per rendere più efficiente la filiera del diritto.

Una riforma pro-impresa, ma anche pro-sistema
La sfida non è solo aiutare le imprese a incassare, ma rafforzare la fiducia nell’economia legale. In un periodo in cui la stretta monetaria e le tensioni internazionali comprimono la liquidità, garantire tempi certi di pagamento significa stabilizzare la struttura produttiva nazionale.

Le imprese non chiedono privilegi, ma certezza, prevedibilità e rapidità. Una giustizia più veloce non è un vantaggio per pochi, è un moltiplicatore di fiducia collettiva.

Il meccanismo dei pignoramenti senza giudice è una scommessa: ridurre il peso della burocrazia senza indebolire le garanzie.
Se funzionerà, l’Italia potrà dire di aver risposto a una delle sue emergenze più antiche: rendere la giustizia compatibile con il tempo dell’economia.

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