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Governo rilancia l’Irap sulle banche: nuova tassa sotto i riflettori

- di: Marta Giannoni
 
Governo rilancia l’Irap sulle banche: nuova tassa sotto i riflettori

Un giro di vite fatto di decimali e franchigie: il settore creditizio al bivio di una manovra che vuole evitare oneri per famiglie e imprese.

(Foto: il ministro a Economia e Finanze, Giovanni Giorgetti).

La discussione sul nuovo aumento dell’Irap applicata agli istituti di credito è entrata nella fase più delicata. Il governo sta valutando un ulteriore incremento, dopo quello già introdotto in autunno, per coprire una parte delle modifiche previste nella manovra. L’ipotesi più avanzata consiste in un rialzo di mezzo punto percentuale, accompagnato da una franchigia pensata per proteggere le realtà più piccole del settore.

Il piano del governo e le cifre che contano

L’idea di fondo è raccogliere nuove risorse senza gravare direttamente su famiglie e imprese. Per questo l’esecutivo punta sugli istituti di credito, ritenuti più in grado di sostenere un contributo aggiuntivo. L’incremento di 0,5 punti potrebbe tuttavia ridursi a 0,25 punti, secondo alcune valutazioni interne, per evitare effetti indesiderati sul mercato del credito.

La franchigia ipotizzata, fissata a 90.000 euro, servirebbe a esentare le banche minori, ma diversi operatori la considerano troppo bassa per offrire una tutela reale. Il rischio è che l’onere ricada su quasi tutto il sistema, con impatti differenziati in base alle dimensioni degli istituti e alla loro esposizione territoriale.

La reazione del sistema bancario

La posizione degli istituti è compatta: secondo le banche, gli interventi approvati negli ultimi mesi hanno già imposto un contributo significativo al settore. La linea ribadita è chiara: «abbiamo già dato», sostengono i rappresentanti delle principali associazioni, evidenziando il peso crescente delle misure fiscali introdotte nella manovra precedente.

La tensione è emersa anche nelle parole di alcuni amministratori delegati dei maggiori gruppi. Uno dei più ascoltati ha sottolineato che “*non possiamo essere trattati come un bersaglio stabile nella discussione pubblica*”, ricordando che le banche restano tra i principali acquirenti dei titoli di Stato e dunque un pilastro per la stabilità finanziaria.

Alla base delle preoccupazioni c’è la possibilità che l’aumento dell’Irap finisca per comprimere i margini operativi, traducendosi in condizioni di credito più rigide, costi maggiori per i servizi e un rallentamento degli investimenti. Diversi analisti avvertono che una pressione fiscale eccessiva potrebbe avere effetti indiretti su imprese e famiglie.

Perché il governo punta sulle banche

La scelta di intervenire sul settore bancario nasce dall’urgenza di reperire oltre un miliardo di euro per finanziare una serie di modifiche alla manovra: dagli interventi sugli affitti brevi alla revisione dell’Isee, dalle detrazioni sui libri scolastici fino al rafforzamento delle misure a favore delle forze dell’ordine.

Colpire il comparto finanziario consente all’esecutivo di evitare aumenti su segmenti più sensibili dell’opinione pubblica. Tuttavia, questa opzione non è priva di controindicazioni: una tassazione troppo incisiva sulle banche rischia di risultare controproducente, spingendo i gruppi a ridurre il credito o a compensare i costi attraverso aumenti di commissioni e altre forme di riequilibrio.

Le alternative sul tavolo

L’aumento dell’Irap non è l’unico scenario considerato. Tra le opzioni emergono:

  • un incremento dell’imposta sulle transazioni finanziarie (Tobin Tax);
  • un rialzo dell’aliquota sulla rivalutazione dei terreni;
  • una stretta sulle plusvalenze relative ai beni strumentali;
  • l’aumento dell’aliquota RC auto sulla polizza accessoria per infortunio del conducente.

Si tratta di strumenti già presenti nel sistema fiscale, che potrebbero essere ritoccati per generare gettito aggiuntivo senza concentrare il peso solo sulle banche.

Cosa aspettarsi da qui a dicembre

Il calendario è serrato: i confronti proseguiranno anche attraverso contatti informali tra Tesoro, gruppi parlamentari, banche e rappresentanze delle imprese. È possibile che alla fine emerga un compromesso in cui l’aumento dell’Irap venga ridotto o graduato in base alle dimensioni degli istituti.

Non si esclude inoltre che l’impianto finale della manovra venga definito attraverso un maxiemendamento dell’esecutivo, come già accaduto in altre stagioni politiche. Nel frattempo, il clima resta teso: sabato scenderà in piazza il primo dei sindacati confederali contrari alla legge di bilancio, segnale che la discussione è destinata ad allargarsi oltre il perimetro del settore bancario.

Una partita che pesa su tutto il Paese

L’eventuale aumento dell’Irap sulle banche non è una questione tecnica, ma un punto di equilibrio politico ed economico. L’esecutivo vuole raccogliere risorse senza colpire direttamente cittadini e imprese, mentre gli istituti temono che la pressione eccessiva finisca per riflettersi proprio su quei soggetti che il governo intende proteggere. Il risultato finale inciderà sulla dinamica del credito, sugli investimenti privati e sulla fiducia complessiva nel sistema.

La partita è ancora aperta e ogni decimale conterà. Ma una cosa è già chiara: qualsiasi scelta avrà conseguenze ben oltre i bilanci delle banche, influenzando in profondità il percorso economico dei prossimi mesi.

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