Gb: la gente comune perplessa sul pugno duro del governo contro i migranti

- di: David Lewis
 
Forse chi non risiede nel Regno Unito non può capire quello che ci passa per la testa vedendo che il nostro Paese sta vivendo in questi ultimi mesi, nei quali a preoccupare chi ci comanda non è la crisi economica latente e che non sembra dare segnati concreti di allontanarsi, ma i migranti che toccano terra dopo avere attraversato la Manica.

Gb: la gente comune perplessa sul pugno duro del governo contro i migranti

Non che non sia un problema: un governo ha il dovere di salvaguardare i confini perché la loro violazione, sia pure da parte di un ''non nemico'' che arriva armato solo della sua disperazione, resta un attentato alla nostra sovranità. Quello che ci stupisce è che, di fronte ad un problema che ha radici complesse e, di conseguenza, soluzioni di difficile attuazione, la risposta del governo di Rishi Sunak sia quella di mostrare i muscoli, minacciando tutto il male possibile per chi tenta di arrivare nel Regno Unito in modo illegale e viene per questo arrestato.

Perché, se ha una giustificazione nel volere fermare chi arriva in territorio britannico senza alcuna autorizzazione o visto, non ne troviamo una nella risposta decisa dal governo come deterrente: impedirgli di inoltrare la domanda per il riconoscimento dello status di rifugiato, anche se la sua condizione ne giustifica totalmente la richiesta.
Quindi, se qualcuno arriva, illegalmente, da un Paese in guerra, anche se è chiaro la sua condizione di perseguitato (per motivi politici, religiosi, di orientamento sessuale) , per lui le nostre porte sono, restano e continueranno a essere sbarrate.

La scelta del governo non è certo arrivata inattesa perché i segnali c'erano ed erano inequivocabili. Ma da qui ad andare contro il buonsenso ce ne corre. Se un rifugiato arriva in modo illegale sulle nostre coste, perché è l'unica strada che gli è rimasta, non basta respingerlo? No, gli si deve impedire anche di presentare la sua documentazione che potrebbe spalancargli la porta verso lo status di richiedente asilo.
Tutto questo quando appena ieri il nostro primo ministro ha avuto una folgorazione, scoprendo che ci sono tantissimi posti di lavoro scoperti che abbiamo un bisogno disperato di trovare chi li copra. Ovvero, migranti. Ma non pochi, perché ci sono un milione e duecentomila posti di lavoro vacanti, per il solo motivo che non interessano ai britannici. Quali siano è facile intuirlo, per chi la mattina esce di casa per andare in ufficio e vede le vetrine dei negozi tappezzati di offerte di lavoro, dai negozi, ai bar, ai ristoranti. Lavori forse non gratificanti, forse umili, certo faticosi che noi non vogliamo più fare, mentre per chi non vede un domani per sé e la propria famiglia sarebbero la salvezza.
Se poi uno pensa che il programma di respingimenti dei migranti irregolari costerà tre miliardi di sterline viene da domandarsi se il governo (il primo ministro e la responsabile degli Interni, il ''falco'' Suella Braverman, avvocatessa e figlia di due immigrati indiani...) abbia considerato costi e benefici.

Fatto sta che, dopo il suo annuncio, il primo ministro ha avuto il plauso dei conservatori - cosa scontata -, l'opposizione dei laburisti - e anche questo era attesa -, meritandosi la riprovazione di ong che tutelano i diritti umani e anche dell'Agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di rifugiati. Le parole dell'Unhcr sono state molto dure, ricordando che il Regno Unito ha una ''tradizione umanitaria di lunga data'' e che una soluzione può essere trovata migliorando l'attuale sistema e non stravolgendolo. Poco importa se nel giro di quattro anni si è passati da 300 irregolari bloccati ai 45 mila dello scorso anno. Ancora l'Unhcr: ''Fai funzionare il sistema di asilo. Fai in modo che l'elaborazione dell'asilo sia equa, efficiente e più rapida. Se le persone non hanno diritto all'asilo, rimandatele nei loro Paesi e, se lo sono, consentite loro di integrarsi e di far avanzare il processo molto più rapidamente".
E invece noi pensiamo anche a deportarle - come da progetto - in qualche Paese povero dell'Africa, disposto a diventare il nostro campo di concentramento.
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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