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Insolvenze in crescita nelle economie avanzate: +4% secondo Coface. Rischio ai massimi

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Insolvenze in crescita nelle economie avanzate: +4% secondo Coface. Rischio ai massimi

Le insolvenze aziendali nelle economie avanzate sono tornate ad aumentare: +4% nel primo semestre del 2025 rispetto allo stesso periodo del 2024. È il dato principale diffuso dall’ultima Risk Review di Coface (Compagnie Française d’Assurance pour le Commerce Extérieur), società internazionale specializzata nel rischio d’impresa e nell’assicurazione del credito. Il quadro complessivo mostra un’economia globale ancora resiliente, ma con crepe crescenti nel tessuto produttivo.

Insolvenze in crescita nelle economie avanzate: +4% secondo Coface. Rischio ai massimi

La crescita mondiale per il 2025 è stimata al +2,6%, in leggero rialzo rispetto alle previsioni precedenti, e al +2,4% nel 2026. Il motore americano continua a trainare grazie a investimenti in innovazione, soprattutto nell’intelligenza artificiale, e al sostegno della domanda interna. Ma la trasmissione degli effetti dei dazi – ora in media al 18% – inizia a emergere nei dati reali: occupazione meno dinamica, consumi più prudenti e prime evidenze di rallentamento nell’attività industriale.

Europa e Asia in affanno
È l’Europa a registrare la crescita più significativa delle insolvenze: +11%. Il rallentamento tedesco pesa sull’intera area euro, mentre il credito rimane più selettivo rispetto agli anni pre-stretta monetaria. In Asia-Pacifico la crescita delle insolvenze è ancora più accentuata (+12%), legata sia alla minore domanda cinese sia al riallineamento delle filiere commerciali. Il Nord America, invece, resta stabile: non migliora, ma non peggiora.

Il ruolo delle politiche monetarie
Negli Stati Uniti la Federal Reserve ha riavviato la riduzione dei tassi per evitare che il rallentamento diventi contrazione. In Europa, invece, la Bce ha quasi concluso il proprio ciclo e mantiene un atteggiamento attendista, con il tasso sui depositi stabile al 2%. L’attenuazione dell’inflazione – favorita dal calo delle materie prime energetiche e alimentari – crea spazio per un alleggerimento finanziario nel 2026, che potrebbe ridare margini alle imprese più esposte.

Un rischio non solo economico: la componente politica
Secondo Coface, il dato più significativo riguarda il rischio politico globale, che raggiunge un nuovo massimo storico (41,1%). Durante la pandemia l’instabilità era legata alla sanità e alla chiusura delle catene logistiche; oggi deriva da polarizzazione, tensioni interne e conflitti prolungati. Gli Stati Uniti vengono indicati come il Paese che registra l’incremento più marcato di rischio istituzionale; in Europa il punto critico è la Francia. In Africa permangono tensioni locali che alimentano volatilità, mentre in Medio Oriente il Gcc (Gulf Cooperation Council) continua a crescere grazie alla diversificazione economica, pur mantenendo dipendenza strutturale dal prezzo del petrolio.

Imprese tra costi elevati e domanda incerta
L’aumento delle insolvenze non segnala una crisi acuta, ma un logoramento graduale. Le imprese escono dalla fase di adattamento agli shock commerciali e si scontrano ora con un contesto più ordinario ma ancora disallineato: costi superiori alle medie storiche, domanda rallentata, energia sì in calo, ma non a livelli pre-2020. In questo quadro le aziende meno capitalizzate sono le più esposte.

Il 2026 come anno di snodo

Coface stima che la normalizzazione del credito e la riduzione progressiva dei tassi possano ridare ossigeno soprattutto alle Pmi, che oggi pagano condizioni più rigide rispetto al periodo pre-crisi. Ma l’evoluzione dipenderà dalla continuità della crescita e, soprattutto, dal raffreddamento del rischio politico. Finché l’incertezza rimarrà elevata, l’accesso al credito continuerà a incorporare premi di rischio più alti e le insolvenze resteranno su livelli superiori al periodo pre-pandemico.

Il significato del dato
La fotografia che emerge è quella di un sistema economico che resiste ma non respira ancora a pieno ritmo. Gli shock commerciali sono stati assorbiti; la pressione macro si è stabilizzata. Ora, però, la vulnerabilità si sposta sulle imprese: la resilienza resta possibile, ma più costosa. Le insolvenze sono il primo termometro di questa transizione.

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