Iran e Stati Uniti tornano a parlarsi: nuovi colloqui a Roma, l’Oman resta il mediatore
- di: Cristina Volpe Rinonapoli

Roma torna al centro delle trattative internazionali. Dopo settimane di contatti informali, l’Iran ha confermato ufficialmente che sabato si terrà nella capitale italiana un secondo round di colloqui con rappresentanti degli Stati Uniti. L’annuncio è arrivato direttamente dal ministero degli Esteri di Teheran, che ha parlato di “progressi significativi in vista di un accordo equo, vincolante e sostenibile”. Una formula che lascia intravedere margini di dialogo dopo anni di tensioni, rotture e minacce, in particolare sul dossier nucleare e sugli equilibri di sicurezza in Medio Oriente.
Iran e Stati Uniti tornano a parlarsi: nuovi colloqui a Roma, l’Oman resta il mediatore
A guidare la delegazione iraniana sarà Abbas Araghchi, figura esperta e già protagonista dei precedenti negoziati internazionali sul nucleare. Araghchi ha dichiarato che l’incontro a Roma rappresenta una fase cruciale per “testare la volontà reale degli Stati Uniti di costruire un’intesa duratura”. L’Iran, secondo fonti diplomatiche, sarebbe disponibile a riprendere il percorso interrotto dopo il ritiro americano dal JCPOA (Joint Comprehensive Plan of Action) nel 2018, ma chiede garanzie precise e non reversibili. Il ritorno al dialogo avviene in un momento delicato per la Repubblica islamica, alle prese con difficoltà economiche interne e crescenti pressioni internazionali.
L’Italia come sede neutrale, ma non mediatrice
Il ruolo dell’Italia, come sottolineato da Araghchi, è quello di “Paese ospitante e neutrale”. Nessun ruolo di mediazione attiva, dunque, ma la scelta di Roma non è casuale. La capitale italiana viene considerata da entrambe le parti come un luogo sicuro, discreto e logisticamente accessibile. Le sedi dei colloqui non sono state rese note per ragioni di sicurezza, ma fonti diplomatiche riferiscono che si tratterà di una location istituzionale, con l’eventuale supporto logistico della Farnesina. Il vero mediatore resta l’Oman, che negli ultimi anni ha svolto un ruolo di ponte discreto tra Washington e Teheran, facilitando passaggi chiave anche nei momenti di massima tensione.
La posta in gioco tra nucleare e instabilità regionale
Sul tavolo dei colloqui ci sarà in primo luogo il dossier nucleare. L’Iran vuole un riconoscimento pieno del proprio diritto all’arricchimento dell’uranio per scopi civili, in cambio di una trasparenza rafforzata sulle ispezioni internazionali. Gli Stati Uniti, da parte loro, chiedono garanzie sul rispetto dei limiti imposti dall’accordo del 2015, oltre a nuove clausole che tengano conto degli sviluppi tecnologici dell’ultimo quinquennio. Ma non ci sarà solo il nucleare: al centro del confronto vi è anche la sicurezza nella regione, a partire dalla guerra a Gaza e dalla stabilità nel Golfo Persico, teatro di continui scontri indiretti tra Teheran e i suoi rivali regionali.
Segnali incrociati in un contesto teso
I colloqui arrivano in un momento di apparente riavvicinamento tra Stati Uniti e Iran, ma anche di estrema volatilità geopolitica. Le tensioni tra Israele e Iran si riflettono in un clima di incertezza che pesa su ogni tentativo di dialogo. Proprio per questo, secondo gli analisti, il fatto stesso che le delegazioni tornino a sedersi allo stesso tavolo rappresenta un segnale significativo. Un eventuale accordo potrebbe avere riflessi anche sui mercati energetici, sulla sicurezza degli stretti marittimi e sul futuro delle relazioni tra Washington e i Paesi arabi della regione.