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Se le isole minori diventassero scenari vuoti

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Se le isole minori diventassero scenari vuoti
Ci sono luoghi che raccontano l’Italia meglio di tante statistiche. Sono le isole minori, 87 tra marine e lagunari, abitate da circa 230 mila persone. Comunità che resistono, tra la vitalità effimera dei mesi estivi e il gelo dell’inverno, quando restano soltanto il mare, le case chiuse e il vento. E proprio qui si gioca una partita decisiva: mantenere vive le isole o lasciarle scivolare in un destino di spopolamento.

Se le isole minori diventassero scenari vuoti

Il ministro per la Protezione civile e per le Politiche del mare, Nello Musumeci, lo ha detto senza giri di parole: se non si garantiscono i servizi essenziali – sanità, scuola, mobilità – le isole minori rischiano di svuotarsi definitivamente. Non tra secoli, ma entro vent’anni. “È probabile che, senza interventi, le isole possano essere abitate soltanto d’estate. Sarebbe una grande sconfitta”, ha dichiarato in televisione. Una frase che colpisce, perché trasforma in previsione concreta quello che da anni è un timore silenzioso.

Lipari capitale per tre giorni

Per questo il governo ha convocato dal 10 al 12 ottobre a Lipari gli Stati generali delle isole minori marine. Una tre giorni di confronto con una cinquantina di relatori, tra esperti, amministratori, studiosi, rappresentanti istituzionali. Sarà un laboratorio per misurarsi con problemi antichi e irrisolti: la difficoltà dei trasporti, l’assenza di presidi sanitari stabili, il destino delle scuole che chiudono per mancanza di alunni. Lipari, con la sua storia di isola-simbolo, diventa così un palcoscenico nazionale.

Il paradosso dell’estate

Eppure, d’estate, le isole sembrano tutto fuorché in crisi. Pullulano di vita, di barche, di turisti. I locali sono pieni, i prezzi schizzano verso l’alto. È il grande paradosso: luoghi affollati a luglio e deserti a novembre. La vita vera, quella di chi abita tutto l’anno, resta schiacciata tra due stagioni opposte. A che serve il turismo di massa se, finita la stagione, il medico non c’è, la scuola chiude, i traghetti diventano saltuari?

Un’Italia a rischio oblio

Musumeci ha parlato di “grande sconfitta”. E non è una formula retorica. Perché le isole non sono semplici mete di vacanza: sono pezzi identitari della nazione, frammenti di storia, culture locali irripetibili. Se venissero ridotte a scenari vuoti abitati solo nei mesi caldi, si perderebbe non solo popolazione, ma memoria, tradizioni, lingua, rapporti sociali. Sarebbe come rinunciare a un’Italia più fragile, ma autentica.

Il governo e le promesse

Il ministro ha garantito che il governo sta lavorando. Ma basteranno tre giorni di convegni per invertire decenni di abbandono? Musumeci punta a un piano organico: “L’obiettivo del nostro governo è creare le condizioni perché chi oggi abita sulle isole possa restarci e trasmettere questo legame ai propri figli”. Parole importanti, che suonano come un impegno politico e morale. Ma la sfida è trasformarle in servizi concreti: traghetti regolari, ospedali funzionanti, scuole aperte, connessioni digitali affidabili.

La posta in gioco

C’è un’Italia che rischia di sparire. Non quella dei grandi numeri o delle città industriali, ma quella minuta e preziosa delle isole minori. L’appuntamento di ottobre a Lipari non sarà dunque una passerella, ma un banco di prova: riuscirà la politica a immaginare un futuro per comunità che non vogliono arrendersi? O vincerà l’indifferenza, lasciando che i borghi diventino scenografie estive senza più abitanti?

Musumeci, nel suo ruolo di ministro, ha scelto di lanciare l’allarme e di convocare l’Italia politica e istituzionale a discutere di questo destino. Ma la domanda resta: basterà la consapevolezza per cambiare davvero la rotta?

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