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Israele scatenato colpisce l’Iran: raid su siti nucleari, esplosioni a Teheran

- di: Bruno Coletta
 
Israele scatenato colpisce l’Iran: raid su siti nucleari, esplosioni a Teheran
Stato d’emergenza a Tel Aviv, pioggia di fuoco su Natanz. Khamenei minaccia: “Punizione dura”. Gli Usa si defilano.
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Una notte di fuoco nel cuore del Medio Oriente
Alle 2:51 del mattino del 13 giugno le sirene hanno iniziato a suonare in Israele. Poi, come in un copione già visto ma portato all’estremo, si è alzato in volo uno stormo di caccia, droni e velivoli da guerra. Inizia così l’operazione “Nazione di leoni”, un attacco massiccio e coordinato condotto dalle forze aeree israeliane contro il territorio iraniano, con l’obiettivo dichiarato di “danneggiare significativamente il programma nucleare e missilistico iraniano”.
Secondo l'Idf (Forze di difesa israeliane), sono stati colpiti decine di obiettivi strategici, compresi il sito nucleare di Natanz, già noto per le sue centrifughe sotterranee, l’impianto di Khondab, e sei basi militari attorno a Teheran, tra cui il complesso missilistico di Parchin, ritenuto coinvolto nei test per armamenti nucleari.
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Gli obiettivi: scienziati, generali, siti nucleari
Secondo il New York Times e il portale Axios, tra i morti figurano nomi chiave dell’apparato strategico iraniano: Fereydoun Abbasi-Davani, ex direttore dell’Organizzazione per l’Energia Atomica iraniana, e Mohammad Mehdi Tehranchi, fisico e docente di fama internazionale. Sono stati uccisi anche alti ufficiali delle Guardie Rivoluzionarie; tra loro, la tv di Stato ha annunciato la morte del comandante Hossein Salami.
Colpito e in condizioni critiche anche Ali Shamkhani, uno dei più vicini consiglieri del leader supremo Ali Khamenei, secondo quanto riferito dall’agenzia iraniana Nour News. Un attacco chirurgico, spietato, pensato per decapitare la catena di comando militare-scientifica dell’Iran.
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Khamenei: “Destinati a un dolore senza fine”
La risposta del regime iraniano è arrivata subito. In un messaggio trasmesso dall’agenzia IRNA, Khamenei ha parlato di “destino amaro e doloroso” per Israele e ha promesso “una punizione che sarà ricordata”. La tensione, ora, è alle stelle. Il portavoce delle Forze armate, generale Abolfazl Shekarchi, ha dichiarato che “Israele e i suoi complici riceveranno un duro schiaffo”, facendo intendere una risposta militare su più livelli, compresi attacchi con droni e missili a corto e medio raggio.
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Israele si blinda: stato d’emergenza e spazio aereo chiuso
Il ministro della Difesa Israel Katz ha annunciato “uno stato d’emergenza speciale su tutto il territorio nazionale”. Le scuole sono state chiuse, lo spazio aereo bloccato, e la popolazione è stata invitata a rimanere nei rifugi. La Home Front Command ha diramato allerta massima per un possibile attacco da parte di Teheran nelle prossime ore.
L’esercito israeliano ha rafforzato i presidi lungo il confine con il Libano, preoccupato per una possibile escalation con Hezbollah, mentre in Cisgiordania è stato imposto il lockdown in tutte le città palestinesi.
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Trump resta in silenzio, poi convoca il Consiglio di sicurezza
Mentre le bombe cadevano su Teheran, Donald Trump partecipava al picnic annuale sul prato sud della Casa Bianca. Una foto, circolata sui media americani, lo ritrae sorridente accanto ai membri repubblicani del Congresso, con bicchieri di plastica e tavoli imbanditi. Solo diverse ore dopo, il Presidente ha convocato il Consiglio per la Sicurezza Nazionale.
Il segretario di Stato Marco Rubio ha diramato un comunicato tagliente: “L’azione è stata unilaterale. Gli Stati Uniti non sono coinvolti. Le nostre forze sono state messe in sicurezza e invitiamo l’Iran a non colpire interessi americani”.
Una posizione che smentisce le accuse di Teheran, secondo cui “l’attacco è stato condotto con l’aiuto diretto degli Usa”.
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Il dilemma strategico: deterrenza o innesco?
La dottrina di Netanyahu è ormai chiara: non aspettare che l’Iran diventi una potenza atomica, ma agire per prevenire. In questo senso, il raid del 13 giugno rappresenta il più importante attacco israeliano in territorio iraniano dal 1981, quando venne bombardato il reattore nucleare di Osiraq in Iraq.
Ma stavolta lo scenario è radicalmente diverso. L’Iran dispone di migliaia di missili a lungo raggio, di alleati regionali come Hezbollah e le milizie sciite in Iraq e Siria, e di capacità cibernetiche sempre più sofisticate. Inoltre, lo stesso programma nucleare iraniano è distribuito in dozzine di siti, molti dei quali sotterranei o sconosciuti.
Secondo un’analisi del Brookings Institute, l’attacco potrebbe aver ritardato di sei-otto mesi la soglia di arricchimento al 90%, ma potrebbe anche accelerare politicamente la decisione di Teheran di dotarsi dell’arma atomica come strumento di deterrenza definitiva.
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Rischio escalation: cosa può succedere ora
L’Iran, da parte sua, ha convocato un vertice di sicurezza urgente. Fonti vicine alla Guida Suprema citate da Reuters riferiscono che “tutte le opzioni sono sul tavolo”. Tra gli scenari possibili:
Attacchi mirati contro basi israeliane nel nord del paese;
Cyberattacchi contro infrastrutture civili e militari;
Pressione sulle milizie alleate per aprire un fronte dal Libano o dalla Siria;
Sabotaggi interni in Israele o nei territori palestinesi.
La comunità internazionale osserva con apprensione. L’UE ha invitato alla de-escalation, ma non ha ancora condannato apertamente l’attacco. La Russia ha convocato una riunione urgente del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. La Cina tace, limitandosi a una nota diplomatica di “forte preoccupazione”.
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Il Medio Oriente sull’orlo dell’abisso
Mentre i cieli di Teheran si riempiono di fumo e a Tel Aviv si cercano i rifugi più vicini, una domanda torna a serpeggiare tra gli analisti: è cominciata una guerra vera o si tratta dell’ultima mossa prima del baratro?. In ogni caso, quella del 13 giugno non è solo una data sul calendario: è un punto di non ritorno.

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