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Istat, omicidi di minori in aumento: casi intrafamiliari in crescita e profili degli autori sempre più diversificati

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Istat, omicidi di minori in aumento: casi intrafamiliari in crescita e profili degli autori sempre più diversificati

Dopo alcuni anni di flessione, nel 2024 gli omicidi con vittime minorenni tornano a crescere. L’Istat registra 21 casi, un valore superiore alla media del triennio 2021-2023 — pari a 14 — e vicino a quella osservata tra il 2014 e il 2016, quando il fenomeno si attestava su 23 episodi. Il nuovo rapporto “Vittime di omicidio – 2024” fotografa un quadro complesso, nel quale pesano fattori psicopatologici, fragilità familiari e dinamiche giovanili esterne al nucleo domestico. Il dato non segnala soltanto un incremento numerico, ma un mutamento nelle modalità e nei contesti in cui maturano gli episodi più gravi.

Istat, omicidi di minori in aumento: casi intrafamiliari in crescita

La componente più delicata riguarda i bambini al di sotto dei 14 anni. Il tasso osservato, pari a 0,19 vittime ogni 100mila residenti, conferma che le situazioni più critiche restano circoscritte all’ambito domestico. Gli autori sono infatti quasi sempre persone con un rapporto parentale diretto con la vittima, in gran parte all’interno del nucleo genitoriale, e operano in condizioni segnate da depressione, disturbi della personalità o altri squilibri emotivi.

L’Istat rileva che in questa fascia di età la responsabilità ricade prevalentemente su donne, quasi sempre di cittadinanza italiana. Si tratta di un elemento ricorrente nelle serie storiche che l’Istituto studia da tempo: le uccisioni dei più piccoli avvengono quasi esclusivamente in contesti segnati da collasso psicologico, isolamento, assenza di reti di sostegno e difficoltà strutturali nella gestione della genitorialità. È un fenomeno che non rientra nelle logiche della criminalità comune, ma in un’area di sofferenza che la statistica intercetta con regolarità.

Le dinamiche degli adolescenti oltre i 14 anni
Completamente differente è la situazione che emerge quando la vittima è un adolescente. Gli otto episodi registrati nel 2024 riguardano tutti maschi, ma ciò che cambia radicalmente è il profilo dell’autore. Non si tratta più di familiari, bensì di giovani sconosciuti alla vittima, spesso coinvolti in dinamiche di conflittualità esterna, scontri occasionali o contesti sociali degradati.

Il passaggio dai bambini agli adolescenti segna dunque una frattura netta: nelle età più basse prevalgono fragilità interne alla famiglia, mentre nell’adolescenza emergono tensioni che maturano fuori dall’ambito domestico, in un tessuto sociale dove le relazioni diventano più instabili e la gestione dei conflitti più problematica. L’Istat rileva come, in questa fascia, non sia presente un’unica matrice interpretativa, ma un intreccio di fattori culturali, territoriali e generazionali.

Gli infanticidi e il nodo delle definizioni
Il rapporto richiama anche l’attenzione sul tema degli infanticidi, sottolineando la divergenza tra la definizione internazionale ICCS e quella prevista dalla legislazione italiana. A livello globale, l’infanticidio comprende l’uccisione entro il primo anno di vita; in Italia viene invece riconosciuto soltanto quando l’evento si colloca “nei dintorni della nascita”.

Adottando il criterio internazionale, nel 2024 in Italia si registrano cinque infanticidi, tutti commessi da donne. È un dato che richiama la necessità di rafforzare il sostegno alla salute mentale nel periodo perinatale, area considerata a rischio elevato secondo le ricerche scientifiche e penalizzata dalla carenza di interventi tempestivi. La distanza fra definizione normativa e lettura statistica si riflette sulla capacità di interpretare correttamente i segnali d’allarme e sulla difficoltà di strutturare politiche di prevenzione adeguate.

I minori come autori: una componente da non sottovalutare

Il report mette in evidenza anche il ruolo dei minori non come vittime, ma come autori di omicidio. Nel 2024 sono stati 17, tutti maschi, con cinque casi che riguardano giovani di cittadinanza straniera. Le vittime appartengono a fasce anagrafiche molto diverse: alcuni episodi hanno coinvolto coetanei, altri giovani adulti, altri ancora persone con età fino a 76 anni.

Si tratta di una componente in cui intervengono fattori molto eterogenei: fragilità individuali, contesti di marginalità, dinamiche di gruppo, esposizione alla violenza in età precoce, imitazione di modelli devianti, difficoltà di inclusione scolastica. L’Istat sottolinea che non è possibile ricondurre questa tipologia di omicidi a un’unica matrice, ma emerge un quadro in cui la violenza giovanile assume forme imprevedibili e si distribuisce in contesti diversi.

Un fenomeno bifronte che richiede risposte differenti

Il quadro complessivo consegna un fenomeno bifronte, che impone strumenti di lettura e interventi di politica pubblica diversi a seconda dell’età delle vittime. Nel caso dei bambini piccoli, gli episodi avvengono quasi esclusivamente all’interno del nucleo domestico, con autori che vivono condizioni di grave squilibrio emotivo. Per gli adolescenti, invece, la violenza si manifesta in contesti esterni, con dinamiche riconducibili a tensioni giovanili, conflitti spontanei e carenze strutturali nei sistemi di prevenzione territoriale.

La distanza tra i due mondi — quello della fragilità genitoriale e quello della marginalità giovanile — conferma che trattare l’omicidio dei minori come un fenomeno omogeneo significa rischiare letture distorte. L’Istat invita a considerare la complessità dei fattori in gioco: assistenza psicologica, sostegno alla genitorialità, politiche educative, presidio dei territori e programmi di prevenzione mirati.

Tra i numeri emerge un’unica costante: la vulnerabilità dei minori resta un indicatore sensibile dello stato complessivo del tessuto sociale. Quando i bambini e gli adolescenti diventano vittime — o autori — di violenza estrema, è l’intero sistema che viene interrogato sulla capacità di prendersi cura delle sue parti più fragili.

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