L’Italia batte record occupazionali ma affonda in insoddisfazione: manca significato, equilibrio, riconoscimento.
Ritratto del malessere lavorativo italiano: un approfondimento necessario
L’Italia festeggia un record occupazionale, ma il cuore del problema batte altrove. Il tasso di occupazione ha oggi raggiunto un nuovo massimo del 62,9 %, con un aumento di 93 mila occupati nel trimestre marzo–maggio e 408 mila in più rispetto a maggio 2024… un dato che, però, non risolve il nodo più urgente: il senso del lavoro – riconoscimento, equilibrio, crescita personale – resta un miraggio per troppi italiani.
Solo il 60 % degli italiani si dichiara soddisfatto del proprio lavoro: peggio di noi fanno solo pochi Paesi, mentre ai primi posti si trovano Repubblica Ceca, Thailandia e Regno Unito. Disimpiegati no, ma profondamente insoddisfatti, sì.
Le richieste oggi sono concrete, non retoriche
L’8° Rapporto Censis‑Eudaimon delinea un quadro nitido: i lavoratori italiani vogliono ambienti che favoriscano serenità (57,8 %), autonomia (43,4 %), sicurezza (55,3 %), equilibrio vita‑lavoro (54,4 %), flessibilità (51,5 %) e retribuzione adeguata (59,4 %). L’83,4 % ritiene fondamentale che il lavoro contribuisca al proprio benessere – quasi il 50 % ha vissuto situazioni di forte stress –.
Soprattutto i giovani: il 47,7 % ha avvertito sintomi di burnout.
Tutto ciò va ben oltre lo stipendio: l’87,6 % dei dipendenti considera cruciale sentirsi valorizzati, mentre più dell’88 % conosce cosa sia il welfare aziendale, anche se talvolta solo “per grandi linee”. Questo welfare non è un optional: è diventato un hub del benessere, dove l’azienda si prende cura dei lavoratori nella loro complessità – fisica, psicologica e sociale.
Che cosa può (e deve) fare il datore di lavoro?
Ogni impresa, pubblica o privata, si deve dotare di una cultura e di pratiche che vadano oltre i benefit fiscali. Servono:
- servizi personalizzati (coaching, supporto psicologico, orientamento),
- formazione continua
- e un ambiente lavorativo riconoscente e flessibile.
In parole semplici, il lavoro deve finalmente avere un significato autentico: un luogo dove le aspirazioni e il benessere individuale si intrecciano con la produttività e l’innovazione. Solo così possiamo spezzare il circolo vizioso di demotivazione e stagnazione.
L'inciampo
L’Italia può camminare a testa alta per i dati occupazionali, ma inciampa sull’essenziale: il benessere dei lavoratori. Se non recuperiamo senso, equilibrio, crescita e riconoscimento, i numeri positivi rischiano di diventare una facciata vuota. Le aziende – e il Paese – chiamano un cambio di paradigma: è tempo di ascoltare davvero.