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L’Intervento/ La Flotilla per Gaza in panne

- di: Bruno Chiavazzo, giornalista e scrittore
 
L’Intervento/ La Flotilla per Gaza in panne

Dalla partenza spettacolare ai contrasti interni, la Global Sumud Flotilla si rivela più un’operazione mediatica che un aiuto concreto a Gaza.

Hanno avuto un riscontro mediatico impressionante gli organizzatori della Global Sumud Flotilla, un'ampia coalizione internazionale di associazioni di 44 paesi che hanno finanziato le oltre cinquanta navi per portare aiuti umanitari a Gaza sotto attacco israeliano. La partenza dai vari porti del Mediterraneo, salutata da migliaia di persone, sicuramente in buona fede, le bandiere al vento, il sole e il mare, ha funzionato da scenografia perfetta per le riprese televisive.

Attori, registi, giornalisti, politici hanno fatto a gara a farsi riprendere con le “kefiah”, il copricapo arabo bianco e nero, simbolo della lotta palestinese, con parole di sdegno per Israele. Personaggi che vivono nella bambagia hanno alzato il pugno sul tappeto rosso del Festival del Cinema di Venezia, stando ben attenti a non sgualcire lo smoking d'ordinanza o gli abiti firmati, gentilmente offerti dalle maison di moda.

Finalmente sono partiti e, ancora per qualche giorno, gli inviati ci hanno deliziato con la vita a bordo dei natanti di questi giovani che, con sommo sprezzo del pericolo, sfidavano il potente esercito d'Israele. La ciliegina finale è stata la presenza sulla nave ammiraglia di Greta Thunberg, l'ex bambina prodigio dell'ecologismo mondiale, ormai donna, che non si perde una manifestazione, un raduno, una protesta, a patto però che vi siano le telecamere a inquadrarla.

Poi, come succede quasi sempre, quando il clamore mediatico è tanto e gli spazi sono ristretti, cominciano gli screzi, le rivalità, il protagonismo dei capi che spesso esonda. Ma il “mainstream” cine-giornalistico ancora tiene banco a supporto della traversata, finché una giornalista de “La Stampa” viene cacciata, anzi sbarcata, rea di aver riportato qualche sprazzo di verità su quello che succedeva sotto coperta.

Successivamente, la vicenda dell'attacco di droni, israeliani of course, ha ridato clamore con le riprese in notturna di scie di fuoco, trasmesse in mondovisione, che, per la verità, sembravano più razzi di segnalazione che ordigni volanti. Un portavoce israeliano ha smentito la canea mediatica crescente, dicendo: “Non siamo stati noi, semplicemente perché se fossimo stati noi, non ci sarebbe più la barca”.

Dulcis in fundo, ieri Greta Thunberg, evidentemente stufa della permanenza in mare, ha annunciato le sue dimissioni dal Comitato Direttivo della spedizione, con la motivazione che la “comunicazione è troppo incentrata sulle vicende interne degli organizzatori e non abbastanza sul genocidio in Palestina”. Mettendo così una pietra tombale su quella che era iniziata come un atto di superbo coraggio, per poi rivelarsi quello che effettivamente era ed è: propaganda e visibilità da portare all'incasso.

Adesso che gli israeliani hanno occupato Gaza, ed appare veramente impossibile lo sbarco, che fine faranno le “centinaia di tonnellate di aiuti” imbarcati sulle navi della Flotilla?

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