Attenti al lupo, all’orso e al cinghiale? No, attenti all’uomo

- di: Barbara Leone
 
Chissà perché chi ha la fortuna di vivere in un fazzoletto di Paradiso se ne deve sempre e puntualmente sentire padrone, sino a rendersi insopportabilmente ostico agli occhi di chi, come me, si ritiene semplicemente un ospite di passaggio su questo pianeta. Prendete il Trentino Alto Adige, terra meravigliosa baciata da Dio ove la natura incontaminata e selvaggia si fonde armoniosamente con le delicate architetture d’antichi borghi che sembrano usciti da una favola. Ma come in tutte le favole anche qui c’è il lupo cattivo. Che no, non è quello a quattro zampe ma a due. Perché è quantomeno intuibile, se non scontato, che i rigogliosi boschi e le aspre cime di questa meravigliosa regione siano popolati da animali selvatici. Tanto belli e affascinanti nei documentari tv, quanto odiosi nel momento in cui ce li ritroviamo vicini di casa. Se poi ci scappa la rissa, ecco che la parolina magica è una e una sola: abbattere. Per carità, non succede solo in Trentino Alto Adige, sia chiaro.

Attenti al lupo, all’orso e al cinghiale? No, attenti all’uomo

Negli ultimi mesi un po’ in tutto il centro e nord Italia è tutto un al lupo al lupo, nel senso letterale del termine. E così se fino a ieri erano i cinghiali, oggi sono i lupi e gli orsi. Per certe persone quella di far fuori gli animali è proprio un’ossessione. In men che non si dica, creano il caso. Con tanto di titoloni e stati d’allerta vari. Emergenza lupi, si legge ultimamente su certi giornali locali. Quell’orso va abbattuto, altro titolo di pochi giorni fa in zona altoatesina. Creata la task force, ci si appella alla politica nazionale che, pressata com’è da agricoltori, allevatori e cacciatori, inizia a ragionare anche lei in termini di soluzione finale. Gioco facile, visto che poi nell’attuale governo sono in molti a non essere esattamente dei paladini dei diritti animali.

E’ vero: nel caso dei lupi è vero che più d’una volta si avvicinano troppo ai centri abitati. Ma quando parlano di invasione, si rendono conto che se ne contano in tutta Italia poco più di tremila? E soprattutto: come si fa a non capire che evidentemente c’è qualcosa che è andato storto a monte, e non per colpa dei lupi. Così come non era colpa dei cinghiali. E tantomeno degli orsi. Che in Trentino Alto Adige, poi, non li digeriscano granché è storia vecchia. Basti pensare alla fine che ha fatto il povero orso Papillon, il cui unico desiderio era soltanto quello di vivere libero a casa sua. Nei boschi che, per la cronaca, sono per l’appunto la casa degli animali e non la nostra. Simbolo per eccellenza della libertà, Papillon s’è dato alla fuga innumerevoli volte fino a che, in pieno covid e quindi quando a dire il vero c’erano ben altri problemi da affrontare, hanno pensato bene di riacciuffarlo con una orribile trappola a tubo per schiaffarlo in galera. Ovvero nel recinto del Centro Faunistico al Casteller di Trento, che per un orso equivale ad una galera, dove resta ad oggi incarcerato. Qual era la sua colpa, secondo il governatore Fugatti and company? Era troppo curioso, entrava nelle malghe probabilmente attirato dall’odore del cibo ma evitando, sempre ed accuratamente, l’uomo. E però in confronto all’orso che qualche giorno fa ha avuto un incontro ravvicinato col fratello del sindaco di Rabbi, a Papillon gli è andata pure bene, visto che perlomeno ha salvato la pelle. Cosa che, molto probabilmente, non accadrà a quest’altro meraviglioso plantigrado, colpevole d’aver preso a zampate un uomo che passeggiava per i sentieri di una montagna a duemila metri d’altezza col suo cane. L’uomo, per la cronaca, sta bene. Anche se sicuramente ha passato un gran brutto quarto d’ora, e ce ne dispiace assai con tanti auguri di pronta guarigione.

E però… Perché c’è un però. La dinamica di quella che tutti chiamano aggressione non è affatto chiara. A cominciare proprio da cane. Non occorre, infatti, essere un etologo o uno zoologo per capire che se un cane sciolto avvista un orso e istintivamente si mette ad abbaiare può succedere l’irreparabile. Perché l’orso di suo tende quasi sempre a farsi gli affari suoi. E se voleva uccidere ci metteva un attimo, ovvero una zampata ma assestata come si deve. Sarebbe interessante conoscere la versione dell’orso (che per ovvi motivi non avremo mai) il quale molto semplicemente… stava facendo l’orso. Sì, gli ha dato una bella, anzi brutta, scoltoliata al poveretto. Ma nel suo linguaggio equivale al nostro vaffa. Un po’ come quando un estraneo ci entra in casa. Come minimo lo cacciamo via, o no? E poi: ammesso e non concesso che l’animale in questione sia un esemplare realmente aggressivo o, come si dice in gergo, eccessivamente confidente. Pure se fosse, possibile che l’unica cosa che viene in mente a questi geni è la soppressione? Pardon, rimozione. Che poi, se la vogliamo dire tutta, alla base di tutto ci sono sempre e comunque le politiche scellerate dell’essere umano. Che prima introduce in certi territori gli animali selvatoci, e poi si meraviglia che essi si comportino di conseguenza. Ovverosia secondo natura. A quel punto l’animale di turno diventa una belva feroce, reo di vivere nella foresta (a casa sua) e di reagire se infastidito o, come nel caso dei lupi o dei cinghiali, di proteggere i cuccioli e procacciarsi il cibo. Oramai un animale selvatico non ha nemmeno più il diritto di seguire il suo etogramma. L’essere umano vuole un peluche, diversamente diventa un problema da risolvere. E no, mica è colpa di chi va a fare il prepotente nei boschi magari sguinzagliando i cani o avvicinandosi per fare i selfie. Molto più facile trovare un capro espiatorio in chi non può spiegare e difendersi. A rimetterci, insomma, sono sempre gli animali. Che non parlano, e soprattutto non votano. Attenti al lupo, all’orso e al cinghiale? No, attenti all’uomo!

Tags: caccia
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