Nasce The Magnum Ice Cream Company, colosso dei gelati ora in corsia di sorpasso senza Unilever.
Un debutto da 7,8 miliardi di euro per un’azienda che produce coni, stecchi e vaschette: The Magnum Ice Cream Company (TMICC) è ufficialmente la nuova protagonista delle Borse di Amsterdam, Londra e New York, dopo lo spin-off da Unilever. E il messaggio ai mercati è chiaro: “la vita ha un sapore migliore con il gelato” – purché, ora, sappia convincere anche gli investitori.
Il primo giorno di Borsa: Magnum sale, Unilever scende
Alla campanella di Euronext Amsterdam del 8 dicembre 2025, Magnum debutta con una valutazione intorno a 7,8 miliardi di euro, pari a una capitalizzazione di circa 9,1 miliardi di dollari. Le azioni vengono ancorate da un prezzo tecnico di riferimento di 12,80 euro e chiudono la seduta a circa 12,97 euro, in lieve rialzo, per un progresso di poco superiore all’1%.
Se per Magnum il battesimo di Borsa è un esordio ordinato, senza fuochi d’artificio ma in territorio positivo, per la ex casa madre il conto è salato: Unilever arretra di circa il 6-7% a Londra nella stessa giornata, complice il distacco della divisione gelati e l’avvio del consolidamento azionario 8 per 9 annunciato contestualmente al completamento della scissione.
Nonostante qualche analista si attendesse una valutazione più generosa – c’era chi, nei mesi scorsi, evocava stime fino a 15 miliardi – il management ha preferito posizionare Magnum nella parte bassa della forchetta, puntando sulla stabilità del primo giorno piuttosto che sul titolo “volante” al debutto.
Che cos’è The Magnum Ice Cream Company
TMICC è il nuovo contenitore di tutti i grandi marchi gelato di Unilever: non solo Magnum, ma anche Ben & Jerry’s, Cornetto, Wall’s/Algida, Carte d’Or, Breyers, Talenti, Popsicle, Yasso, oltre alle insegne locali e alle catene storiche come Grom, acquisita nel 2015 e simbolo del gelato italiano “come una volta”.
Numeri alla mano, si tratta del più grande gruppo indipendente di gelati al mondo, con una quota di circa 20-21% di un mercato globale stimato in 87 miliardi di dollari, davanti a colossi come Froneri (circa l’11%).
La nuova società ha sede ad Amsterdam e mantiene la storica “heartbrand”, il logo a cuore che in Italia conosciamo sulle confezioni Algida. In Borsa il titolo è negoziato con il ticker MICC su Euronext Amsterdam, London Stock Exchange e New York Stock Exchange.
La governance: da Heineken a Vodafone, chi guida il nuovo colosso
Al vertice di Magnum c’è un tandem di nomi pesanti. Jean-François van Boxmeer, per anni amministratore delegato di Heineken e oggi presidente di Vodafone, assume la carica di presidente della nuova società.
La guida operativa è affidata a Peter ter Kulve, veterano di Unilever con oltre 35 anni di casa alle spalle, di cui una decade concentrata proprio sul business dei gelati. Durante la cerimonia di quotazione ad Amsterdam, ter Kulve ha insistito sul cambio di passo: da azienda “incastonata” in un conglomerato a pure player del gelato, più agile, focalizzato e dichiaratamente ambizioso.
Nel team di vertice spicca anche Abhijit Bhattacharya, chief financial officer, mentre la squadra dirigente è stata rafforzata da manager con esperienze in gruppi globali come PepsiCo e Vodafone, a sottolineare che Magnum non vuole essere una semplice divisione “scorporata”, ma un nuovo blue chip del settore food & beverage.
Perché Unilever si è separata dai gelati
La decisione di staccare i gelati dal resto del gruppo è maturata nel tempo. L’idea di una separazione viene annunciata nel marzo 2024, con l’obiettivo di creare una nuova società quotata – The Magnum Ice Cream Company N.V. – da assegnare agli azionisti Unilever in rapporto 1 azione Magnum ogni 5 azioni Unilever.
Dietro la mossa c’è un ragionamento industriale molto preciso: la divisione gelati, pur redditizia, ha registrato negli ultimi anni una crescita media inferiore al 3% annuo, contro oltre il 7% delle attività di beauty e personal care, dove Unilever vuole concentrare le proprie risorse. Allo stesso tempo, i gelati richiedono logistica a freddo, stoccaggio energivoro e una catena del freddo costosa, che appesantiscono i margini rispetto a prodotti di largo consumo più leggeri da gestire.
Il nuovo amministratore delegato di Unilever, Fernando Fernández, ha impostato una strategia di semplificazione del portafoglio con uscita graduale dai business alimentari meno allineati al focus sul benessere e la cura della persona. Il gelato, pur iconico, rientra tra gli asset da valorizzare meglio fuori dal perimetro.
Unilever mantiene comunque una quota del 19,9% in Magnum, con l’impegno – comunicato ai mercati – a uscire del tutto entro cinque anni, man mano che il mercato assorbirà il nuovo titolo.
Numeri, obiettivi e promesse: come vuole crescere Magnum
Alla vigilia della quotazione, durante il Capital Markets Day di settembre 2025, il management ha tracciato una rotta molto esplicita. A partire dal 2026, Magnum punta a una crescita organica delle vendite tra il 3% e il 5% annuo e a un miglioramento progressivo dei margini di 40-60 punti base all’anno.
Il target più osservato dagli investitori è però quello di free cash flow: la società prevede di generare tra 800 milioni e 1 miliardo di euro nel biennio 2028-2029, facendo leva su efficienze operative, ristrutturazioni già avviate e un mix di prodotti sempre più spostato sul premium.
In parallelo, Magnum ha annunciato una politica di dividendi “stabile ma disciplinata”, con un pay-out atteso tra il 40% e il 60% dell’utile netto aggiustato e prima cedola prevista nel 2027, cioè sul bilancio 2026, quando la fase iniziale di separazione da Unilever sarà alle spalle.
Sul fronte patrimoniale, l’azienda nasce con un rapporto debito netto/EBITDA attorno a 2,4 volte, con l’obiettivo di restare nel range 2,0–2,5 volte nel medio periodo, preservando il merito di credito investment grade.
Le sfide: salute, zuccheri e farmaci anti-obesità
Se fino a pochi anni fa il gelato era considerato un business quasi “a prova di crisi”, oggi la narrativa è più complessa. Gli analisti sottolineano che Magnum arriva in Borsa in un momento in cui i consumatori sono più attenti a zuccheri e calorie, mentre i farmaci anti-obesità a base di GLP-1 cominciano a modificare i comportamenti d’acquisto in alcuni mercati, soprattutto negli Stati Uniti.
La risposta del gruppo è duplice: da un lato continuare a presidiare il segmento della “indulgence”, cioè il premio edonistico – la promessa di un gelato ricco, cremoso, goloso – dall’altro ripensare parte dell’offerta con porzioni controllate, ricette a profilo nutrizionale migliorato e linee “better for you” in alcuni marchi.
Il piano industriale, per ora, rimane una scommessa: la quotazione a sconto rispetto a player come Nestlé indica che il mercato non è ancora disposto a pagare il premio per il puro “piacere del gelato”, in un contesto in cui benessere e salute pesano sempre di più nelle scelte di consumo.
Il caso Ben & Jerry’s: l’attivismo che agita i conti
Nel portafoglio Magnum, il marchio forse più politicamente esposto è Ben & Jerry’s, il brand di gelati nato nel Vermont e celebre per il suo attivismo esplicito su temi sociali e geopolitici. L’integrazione nella nuova società non è priva di frizioni: negli ultimi mesi i fondatori hanno più volte rivendicato una maggiore indipendenza, fino a chiedere che il marchio venisse sganciato dal perimetro dello spin-off.
A complicare il quadro è arrivato anche un audit sulla Ben & Jerry’s Foundation – l’ente benefico che finanzia cause sociali – che ha evidenziato “carenze materiali” nei controlli di governance e conflitti di interesse, inducendo Magnum (già durante il processo di separazione) a minacciare un taglio dei finanziamenti in assenza di correttivi.
Nel day one borsistico, ter Kulve non ha nascosto la volontà di un “passaggio di generazione” alla guida del marchio, invitando i fondatori a lasciare maggiore spazio a una nuova leadership, più allineata agli obiettivi industriali di TMICC. Anche questo è un segnale al mercato: la pazienza verso l’attivismo non è infinita, quando in gioco ci sono margini, governace e dividendi.
Il capitolo italiano: da Algida a Grom, cosa cambia
Per l’Italia il cambio di pelle di Magnum è tutt’altro che astratto. Nel perimetro della nuova società rientrano il marchio Algida, con tutte le sue icone – dal Cornetto al Cucciolone – e la stessa Grom, la catena di gelaterie torinese entrata in Unilever nel 2015 e ora di fatto “traslocata” nel nuovo gruppo del gelato.
Per i consumatori italiani, nell’immediato, non cambia pressoché nulla: i marchi restano sugli scaffali dei supermercati e nei bar, gli stabilimenti continuano a produrre e la rete commerciale è la stessa. Sullo sfondo, però, il fatto che Magnum sia una società quotata autonoma può incidere sulle strategie di investimento in stabilimenti, innovazione di prodotto e rete retail, soprattutto se il titolo dimostrerà in Borsa la capacità di generare cassa e crescita superiore alle attese.
In prospettiva, l’Italia resta uno dei mercati chiave per TMICC sia per volume sia per valore simbolico: il Paese del gelato artigianale è un banco di prova importante per il posizionamento premium dei brand multinazionali e per tutte le sperimentazioni sul fronte salutistico, dal gelato proteico alle varianti con meno zuccheri.
Magnum tra Borsa e marketing: la sfida del “piacere responsabile”
Sul piano dell’immagine, Magnum continua a giocare la carta del piacere sofisticato: negli anni il marchio è stato associato a testimonial glamour, campagne sensuali, slogan come “World’s Pleasure Authority” e, più di recente, all’idea che “life tastes better with ice cream”.
Il passaggio a società autonoma impone però un equilibrio più sottile: promettere indulgenza senza ignorare il tema della salute. Nelle presentazioni agli investitori il gruppo insiste sul concetto di “pleasure with responsibility”: continuare a offrire prodotti iconici e golosi, ma con una progressiva revisione delle ricette, una riduzione di zuccheri e grassi saturi in alcune linee e una maggiore trasparenza su ingredienti e porzioni.
Alla fine, l’operazione Magnum è un test doppio: per Unilever, che misura la bontà della propria strategia di rifocalizzazione, e per il mercato, chiamato a valutare se il gelato – in un mondo più attento a dieta e farmaci dimagranti – sia ancora un business capace di conciliare piacere e ritorno per gli azionisti. Il primo verdetto è arrivato: la Borsa ha accolto Magnum senza euforia ma con curiosità. Ora la palla passa alle estati (e agli inverni) dei prossimi anni, e ai dati di bilancio che diranno se l’indipendenza è stata davvero la mossa giusta.