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Manifattura in recupero: l’indice PMI sale a 50,6 e tocca il massimo da oltre due anni

- di: Anna Montanari
 
Manifattura in recupero: l’indice PMI sale a 50,6 e tocca il massimo da oltre due anni

Il settore manifatturiero italiano torna sopra la soglia di espansione, raggiungendo a novembre un valore pari a 50,6: il livello più alto dall’inizio del 2023. Un dato che rompe una fase troppo lunga di rallentamento e riporta un primo segnale di vitalità in un comparto che negli ultimi due anni ha dovuto affrontare prezzi energetici elevati, costi di approvvigionamento volatili e una domanda estera incerta. Il passaggio sopra quota 50 non rappresenta solo un simbolo psicologico: è l’indicazione che l’attività produttiva ricomincia a respirare.

Manifattura in recupero: l’indice PMI sale a 50,6 e tocca il massimo da oltre due anni

Alla base del miglioramento c’è una ripresa degli ordini che arriva sia dal mercato interno sia da quello internazionale. Le vendite estere tornano a espandersi dopo mesi di stagnazione, segnale che alcuni mercati chiave – dall’Europa centrale agli Stati Uniti – stanno riallineando i propri livelli di domanda. Per un sistema manifatturiero come quello italiano, fortemente legato all’export, il rialzo degli ordini è un fattore determinante: non solo sostiene la produzione, ma consolida le aspettative delle imprese e riduce l’incertezza sulle prospettive dei prossimi trimestri.

Produzione in aumento, ma senza accelerazioni eccessive

La produzione torna in territorio positivo, anche se con un incremento leggero. Le aziende preferiscono mantenere un approccio prudente: aumentano i volumi, ma calibrano i ritmi per evitare squilibri tra domanda e magazzini. La crescita contenuta è tipica delle fasi in cui il settore prova a uscire da un ciclo negativo e, allo stesso tempo, misura attentamente la solidità del miglioramento. La prudenza è una scelta razionale: il contesto internazionale resta complesso e i mercati potrebbero reagire in modo diverso nelle prossime settimane.

Personale e approvvigionamenti ancora compressi
Nonostante la ripresa dell’attività, i livelli di occupazione e di acquisti rimangono inferiori rispetto ai periodi di espansione piena. Le imprese mantengono organici stabili ma ridotti, evitando nuove assunzioni significative finché non sarà chiaro se il miglioramento è destinato a durare. Lo stesso vale per i fornitori: gli acquisti restano contenuti e le imprese continuano a gestire le scorte con la massima attenzione. Una strategia che riduce i rischi operativi, ma che segnala come la fiducia – pur in crescita – non sia ancora completamente consolidata.

Pressione sui costi al livello più alto degli ultimi anni

Il nodo più critico è quello dei costi. Le pressioni sui prezzi degli input tornano ad aumentare con il ritmo più forte registrato negli ultimi tre anni. Materie prime, componentistica e alcuni segmenti energetici mostrano nuove tensioni, che rischiano di comprimere ulteriormente i margini delle imprese. Se il rialzo dei costi dovesse proseguire nei prossimi mesi, diverse filiere potrebbero trovarsi nella necessità di ritoccare i prezzi finali, con ripercussioni sulla domanda e sulla competitività internazionale.

Una ripresa reale ma ancora fragile
Il dato di novembre rappresenta uno spartiacque per la manifattura italiana: indica che la fase di contrazione sembra alle spalle e che il settore può tornare a giocare un ruolo espansivo sull’economia nazionale. Ma la ripresa appare ancora fragile. Molto dipenderà dal comportamento della domanda estera, dalla tenuta dei consumi interni e dall’andamento dei costi di produzione. La soglia dei 50 punti, superata dopo oltre due anni, è un incoraggiante punto di partenza. Per trasformarla in un percorso stabile serviranno mesi di conferme e politiche industriali capaci di sostenere investimenti, produttività e innovazione. In un contesto globale ancora incerto, ogni miglioramento è prezioso, ma richiede prudenza e una visione di lungo periodo.

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