Il governo rimette benzina nel motore della digitalizzazione: torna ossigeno per chi investe in macchinari connessi e tecnologie avanzate, dopo settimane di stop-and-go in Commissione.
(Fonte: automazione nell’impresa).
Il colpo di scena: i fondi tornano (e non è un dettaglio)
Nel lessico della politica industriale italiana, poche parole scaldano le aziende quanto “credito d’imposta Transizione 4.0”.
E poche situazioni innervosiscono come un incentivo che si blocca per mancanza di plafond.
Il punto è qui: nel maxi-emendamento collegato alla Manovra 2026 riappare un pacchetto di risorse pari a
1,3 miliardi di euro destinato ad alimentare le misure pro-investimenti, con una destinazione di fatto orientata
a rimettere in carreggiata Transizione 4.0.
La mossa arriva dopo una fase agitata: in alcuni passaggi parlamentari delle ultime giornate il capitolo era stato dato per “sparito” o rinviato,
salvo poi ricomparire nella nuova versione del testo. Risultato: per le imprese è un ritorno dell’aria nei polmoni, soprattutto per chi ha investimenti
già in pipeline e scadenze di fine anno addosso.
Perché serviva davvero: il “tappo” del plafond e l’effetto imbuto
Nel 2025 il credito d’imposta sui beni strumentali materiali 4.0 è stato inserito dentro un perimetro di spesa definito:
un plafond che, una volta saturato, lascia le nuove richieste in coda.
È esattamente ciò che è accaduto: a metà giugno 2025 è stato comunicato l’esaurimento delle risorse disponibili per i nuovi investimenti non già
correttamente “prenotati” secondo le regole. In pratica, la domanda ha corso più veloce della cassa.
Da qui la pressione — delle imprese e delle associazioni — per evitare che progetti già programmati venissero congelati o rinviati,
con un paradosso: la trasformazione digitale invocata e, nello stesso tempo, l’incentivo che si inceppa nel momento di maggior utilizzo.
Chi può beneficiarne: il perimetro, spiegato senza fumo
Il cuore della misura resta l’acquisto (o l’investimento) in beni strumentali 4.0, cioè tecnologie che abilitano
automazione, interconnessione, integrazione digitale dei processi.
Beni materiali: il classico “allegato A”
Parliamo, in sintesi, di macchinari e impianti evoluti (CNC, robotica, sistemi di controllo, macchine interconnesse) che rientrano nell’elenco
dei beni materiali funzionali alla trasformazione digitale previsto dalla normativa.
Beni immateriali: il nodo software e la coda normativa
Qui serve attenzione: nel tempo le regole sui beni immateriali (software, piattaforme, applicazioni) sono cambiate.
L’“allegato B” resta la bussola per capire quali soluzioni rientrano nella categoria 4.0, ma dal 2025 l’agevolazione sui software è stata
in generale ridimensionata, con una “coda” per chi aveva già rispettato determinate condizioni entro le scadenze precedenti.
In altre parole: chi sta pianificando investimenti deve verificare caso per caso la disciplina applicabile e i requisiti tecnici (interconnessione,
integrazione, tracciabilità del processo), senza dare per scontato che “software” significhi automaticamente “credito”.
Un dettaglio interessante: sono considerate agevolabili anche spese per servizi in cloud computing per la quota imputabile per competenza,
quando collegate alle tecnologie 4.0 previste.
Le scadenze che contano: fine 2025 come linea del traguardo
Nella disciplina operativa, l’orologio è un personaggio principale. Per molti investimenti,
la condizione chiave è legare l’operazione al 31 dicembre 2025 (ad esempio con ordine accettato e pagamento di un acconto minimo),
con una finestra successiva per completare l’investimento entro il 2026.
Questo spiega perché il rifinanziamento sia letto come “boccata d’ossigeno”: se hai già impegnato risorse, contratti e consegne,
ritrovarti in coda per mancanza di plafond può trasformare un investimento produttivo in un problema di cassa.
Dal ministero al portale: come si prenota l’incentivo
La procedura si regge su comunicazioni telematiche e su una piattaforma dedicata.
Nel 2025, le imprese hanno dovuto interfacciarsi con un sistema di invio che determina la priorità cronologica:
chi arriva prima, si posiziona prima (se ci sono fondi).
Non è un dettaglio tecnico: è la differenza tra “credito utilizzabile” e “credito potenziale” in attesa di rifinanziamenti.
Ed è uno dei motivi per cui l’ipotesi di nuovi fondi ha avuto un impatto immediato sulle scelte di investimento.
Le reazioni: imprese tra sollievo e richiesta di stabilità
Le associazioni di categoria hanno spinto perché il passaggio tra strumenti (4.0, 5.0 e nuove architetture di incentivo) non diventi un salto nel buio.
In particolare, è stata evidenziata la necessità di coprire le domande presentate entro fine 2025 e di garantire un percorso
chiaro, senza penalizzazioni, per non bloccare la programmazione industriale.
Il messaggio, tradotto dal burocratese: alle imprese non basta un annuncio. Serve una traiettoria credibile e tempi compatibili con la realtà
di ordini, collaudi, consegne e messa in funzione dei macchinari.
Che cosa cambia adesso: tre scenari da tenere d’occhio
1) Rifinanziamento come “ponte” per smaltire le code
Se le nuove risorse verranno incanalate in modo efficace, l’obiettivo più immediato è ridurre l’arretrato creato dall’esaurimento del plafond 2025
e dare certezza ai progetti già avviati.
2) Regole operative e tempi parlamentari
Essendo dentro la Manovra, il destino della misura segue il percorso parlamentare: versioni, riformulazioni, correzioni.
Traduzione: le imprese devono monitorare il testo e le istruzioni applicative, perché la sostanza spesso vive nei dettagli.
3) Il rapporto con Transizione 5.0 e la “nuova” politica industriale
Sullo sfondo c’è la ridefinizione complessiva degli incentivi: il tema non è solo finanziare il 4.0, ma costruire una staffetta che non lasci
scoperte le aziende nel cambio di regime.
In pratica: cosa dovrebbe fare un’impresa oggi
Se hai investimenti 4.0 sul tavolo, la parola chiave è documentare:
requisiti tecnici, interconnessione, date, ordini, acconti, comunicazioni e tutta la filiera probatoria.
Secondo: verificare il perimetro (materiali vs immateriali) e la disciplina applicabile alle singole spese.
Terzo: tenere d’occhio i testi ufficiali e gli aggiornamenti procedurali: nella stagione della Manovra, una riga può cambiare un business plan.