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Ucraina: le 'maratone' tv una sconfitta dell'informazione italiana

- di: Redazione
 
Ucraina: le 'maratone' tv una sconfitta dell'informazione italiana
L'informazione televisiva in Italia sta forse perdendo la grande sfida professionale che le è stata posta dalla guerra in Ucraina, come, in fondo, aveva fatto anche in occasione della pandemia. E non solo per le tesi - alcune veramente singolari - che vengono sostenute, ma per il format che è stato adottato da molti canali televisivi, che hanno scelto di buttarsi sulle maratone, che alla fine si dimostrano non l'occasione per l'approfondimento, ma semplicemente un escamotage per riempire il palinsesto.

Le tv italiane stanno usando il conflitto in Ucraina come scusa per riempire i palinsesti

A seguire alcune reti, ci si accorge che l'informazione perde la sua maggiore caratteristica, che dovrebbe essere quella che alla notizia principale debbano essere fatte seguire altre che fungono da supporto, da integrazione.
Invece è un gigantesco potpourri, dove tutto viene proposto come in un rullo, senza che si abbia il tempo di metabolizzarlo, con le stesse notizie che vengono ripetute in un processo di sfinimento informativo.
A mettere un po' d'attenzione ci si accorge che le notizie proposte o riferite sono sempre le stesse per molte ore, cambiando qualche virgola, qualche intonazione, magari qualche immagine, ma raccontando sempre la stessa storia. Che è drammatica, parlando di una guerra, ma che infonde sempre il sospetto che le cose da dire sono, in sostanza, molto poche e che, per allungare il brodo, vengono macinate, sempre eguali nella sostanza, ma non nella formulazione, con il solo non nascosto obiettivo di occupare quanto più tempo possibile della programmazione.

Le cosiddette maratone sono diventate la celebrazione della reiterazione e c'è da chiedersi se sia questa la missione di una rete televisiva, che dovrebbe avere l'essenzialità come stella polare, oltre alla correttezza.
Ma non c'è da meravigliarsi, se si guarda alla televisione italiana generalista, che sembra non vedere mai l'ora di affondare i denti nel fatto di cronaca, di raccontare fatti che grondano sangue, infarcendoli di particolari pruriginosi, di retorica che spesso tracima nel cattivo gusto, nella volgarità, quasi che a guardare la tv sia un manipolo di maniaci dell'informazione fatta guardando dal buco della serratura.
Se poi si guarda alla composizione dei panel che i vari conduttori mettono attorno all'argomento ci si dovrebbe chiedere se i direttori di rete o di testata ritengono gli italiani una manica di assatanati disposti a tutto, anche a sentire commenti di presunti esperti, di cosa non si sa, completamente digiuni dei rudimenti minimi per parlare di eventi soprattutto drammatici.

Si dirà che sono scelte editoriali che, alla fine, devono guardare ai dati dell'audience e non ai commenti dei critici (e noi non lo siamo), degli osservatori (e in questa classificazione potremmo ritrovarci) o dei semplici spettatori (e qui ci siamo tutti). Ma, oltre a quello del numero dei telespettatori, ci dovrebbe essere un altro elemento, a nostro avviso certo più importante, che chi guida reti, tg e trasmissioni dovrebbe avere a cuore: la qualità della proposta informativa, che ci pare in calo progressivo, preda della ricerca di un Graal sotto forma di contatti.
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