Dallo Scripps Institute una terapia che attiva le cellule staminali già presenti nel corpo: obiettivo invertire i danni, non solo rallentarli.
(Foto: autore CDC)
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Il salto di paradigma nella cura delle malattie croniche
C’è un’idea che fino a pochi anni fa sembrava appartenere più alla fantascienza che alla medicina: quella di poter rigenerare organi danneggiati. Non rallentare semplicemente la progressione di una malattia, ma invertire la rotta. Riparare. Ricostruire. Un paradigma radicalmente nuovo che oggi, grazie ai progressi della medicina rigenerativa, sembra poter diventare realtà. Il cuore e i polmoni – due dei bersagli più colpiti da patologie gravi e spesso irreversibili – sono al centro di una rivoluzione scientifica che unisce biotecnologie, farmacologia e cellule staminali.
Lo scenario si apre negli Stati Uniti, allo Scripps Research Institute di La Jolla, in California, dove si sta portando avanti una delle ricerche più ambiziose degli ultimi decenni. L’idea di fondo è semplice e, al tempo stesso, potentissima: non serve più estrarre e modificare cellule staminali in laboratorio per poi reimpiantarle nel corpo. Esiste una via più diretta, e potenzialmente più efficace: stimolare le cellule staminali già presenti nel nostro organismo affinché si attivino, si moltiplichino e rigenerino il tessuto lesionato.
La speranza in una molecola
A guidare il progetto è Pete Schultz, presidente e CEO di Scripps, che sintetizza così la posta in gioco: “Nel giro di due o tre anni potremmo essere in grado di dimostrare che si possono invertire i danni a cuore e polmoni. Se ci riusciremo, cambierà tutto”. Parole che, pur nella cautela scientifica, esprimono la carica trasformativa di queste terapie.
I test finora condotti hanno già dato risultati significativi su cellule umane in laboratorio, su topi, su maiali e, in via preliminare, anche su alcune persone. Al centro c’è una molecola capace di attivare in modo selettivo le cellule staminali dei polmoni e del cuore. Per i polmoni, il target sono le cellule alveolari di tipo 2, le cosiddette AEC2, che hanno il compito di generare le cellule responsabili dello scambio gassoso. In presenza di patologie come la fibrosi polmonare o la broncopneumopatia cronica ostruttiva, queste cellule perdono efficacia. Con il nuovo farmaco, somministrato per via inalatoria, si è riusciti nei modelli animali a riattivare il processo rigenerativo e a riparare i danni tissutali.
L’obiettivo cuore: ricostruire ciò che è morto
Non meno ambizioso è il progetto parallelo che riguarda il muscolo cardiaco. Ogni anno, milioni di persone sopravvivono a un infarto grazie a stent e terapie farmacologiche, ma il problema rimane: parte del tessuto cardiaco muore, e non si rigenera. Anche in questo caso, la sfida è stimolare le cellule cardiache a ricostruire la parte danneggiata. L’approccio, di nuovo, è quello della medicina rigenerativa dall’interno: non un trapianto, non una cellula artificiale, ma il riavvio di un processo naturale. I primi test su animali hanno dimostrato che è possibile.
È difficile, oggi, stabilire con certezza se e quando queste terapie entreranno nella pratica clinica. Ma il cambio di passo è evidente. Non si tratta più solo di rallentare la malattia, ma di restituire funzionalità agli organi colpiti. Ed è proprio questo a fare la differenza tra una medicina che accompagna e una medicina che guarisce.
Il tempo della verifica umana
Ovviamente la prudenza è d’obbligo. I farmaci sono ancora in fase di sperimentazione. Per quanto promettenti, i dati su animali non bastano a garantire l’efficacia sull’uomo. Per questo sono in corso trial clinici su persone sane, ai quali seguiranno test su pazienti con patologie specifiche. I risultati preliminari serviranno a stabilire sicurezza, dosaggio, modalità di somministrazione. Solo dopo si potrà pensare a un’applicazione su larga scala.
Ma l’orizzonte è aperto. La medicina rigenerativa, dopo anni di promesse e ipotesi, entra nel vivo. Non più soltanto laboratorio e teoria, ma sperimentazione e pratica clinica. Una scommessa che potrebbe cambiare il destino di milioni di persone nel mondo. Se sarà vinta, non si parlerà più soltanto di terapie, ma di vera e propria rinascita degli organi. E della medicina.