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Gelato, saluti, parata e finzione istituzionale

- di: Giulia Caiola
 
Gelato, saluti, parata e finzione istituzionale

L’aria era quella delle grandi occasioni: fanfare, divise lucide, bandiere in posa plastica. Tutto perfetto, tutto patriottico. E poi, come in ogni recita che si rispetti, entra in scena l’atto più atteso del 2 giugno: il teatrino delle relazioni tra Giorgia Meloni ed Elly Schlein. Il pubblico aspetta un gesto, uno scambio, magari una frase sibillina. E arriva, puntuale come le frecce tricolori: “Ciao, come stai?”, sibila Meloni, sfoggiando un tono tra il garbo istituzionale e l’allegro sarcasmo da cena elettorale.

Gelato, saluti, parata e finzione istituzionale

Elly, impassibile come una statua in antimacchia, risponde a mezza bocca e con il sorriso geometrico di chi ha studiato cinque ore davanti allo specchio del Nazareno. Nessuno osa parlare di disgelo. Semmai di ghiacciolo, rigorosamente senza zucchero. In fondo, è pur sempre estate.

Inviti a gelato e imbarazzo democratico

Ma il vero colpo di teatro arriva poco dopo, con la premier che – tra una stretta di mano e una carezza alla patria – si rivolge alla moglie di Angelo Bonelli con un’esclamazione degna della miglior commedia all’italiana: “Mi dovete invitare per un gelato!”. Un attimo di silenzio, poi una risata. Non si sa se più per cortesia o per disorientamento. A quel punto, qualcuno sussurra che Meloni abbia messo gli occhi sulla stracciatella di sinistra, mentre Bonelli – interdetto – cerca rifugio nel cono della diplomazia.

E mentre Giorgia fa la brillante, Crosetto si commuove dietro gli occhiali scuri, e Schlein rimane lì, marmorea, in quella zona grigia tra l’indifferenza e la resistenza passiva. Qualcuno, dal lato degli osservatori esterni, annota: “È la nuova stagione della commedia politica”. Altro che Teatro di Roma.

Repubblica delle frecce e delle smorfie

Intorno, la parata scorre come da programma. Nessuno inciampa, nessun colpo di scena vero. Ma lo spettacolo è tutto lì, nella smorfia contenuta, nella postura inclinata, nello scambio che sembra voler dire tutto e non dice nulla. È il potere che recita se stesso. Il patriottismo che indossa i guanti bianchi e il disagio che si infila tra un saluto e l’altro come la panna nei cannoncini diplomatici.

E se vi sembra poco, basta immaginare Meloni e Schlein in fila alla gelateria. Una chiede pistacchio, l’altra rifiuta il cono per protesta ambientale. La Repubblica osserva, e inghiotte in silenzio. Con o senza amarena.

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