La politica tedesca vive una delle sue giornate più travagliate e simboliche: per la prima volta dal 1949, un cancelliere designato non ottiene la fiducia del Bundestag al primo turno. Friedrich Merz, leader della Cdu-Csu e candidato alla guida di un nuovo governo di Grosse Koalition con la Spd, si è fermato a 310 voti, sei in meno rispetto alla soglia della maggioranza assoluta (316). Un segnale chiarissimo di frattura interna alla coalizione e, soprattutto, di debolezza del progetto politico presentato.
Merz fallisce al Bundestag: prima volta dal 1949 senza cancelliere al primo turno
La Grosse Koalition, forte di 328 deputati, avrebbe dovuto garantire il successo agevole del primo turno. Invece, diciotto franchi tiratori hanno scelto il silenzio o la contestazione, tra astensioni, voti nulli e defezioni. A fronte dei 310 voti favorevoli, sono stati 307 i contrari, 3 le astensioni, e un voto non è stato considerato valido. Il Bundestag ha dunque chiuso il primo scrutinio senza un vincitore, rimandando la questione al secondo turno, in calendario nei prossimi giorni.
Un precedente storico che scardina le regole implicite della stabilità
L’ultimo episodio simile risale al primo dopoguerra, in un sistema politico oggi lontanissimo da quello contemporaneo. Dal 1949 a oggi, la figura del cancelliere è sempre stata investita al primo colpo, simbolo della solidità tedesca, persino nei momenti di crisi. Il fallimento di Merz non è dunque solo tecnico, ma culturale e simbolico. È la dimostrazione che anche in Germania le alleanze aritmetiche non garantiscono più la legittimazione politica necessaria. Il Parlamento ha lanciato un messaggio chiaro: non basta la somma dei numeri per governare, serve una visione condivisa. Merz, noto per la sua posizione conservatrice e per una leadership poco conciliante, non è riuscito a unire nemmeno il proprio campo.
Le reazioni politiche: tra gelo istituzionale e assalti populisti
L’ufficio di presidenza del Bundestag si è riunito subito per aggiornare il calendario. Le prossime votazioni saranno decisive: un secondo fallimento aprirebbe la strada al terzo scrutinio, in cui è sufficiente una maggioranza relativa. In quel caso, però, il presidente della Repubblica federale tedesca potrebbe anche scegliere di non procedere alla nomina e sciogliere il Parlamento. Intanto, a destra, l’AfD chiede nuove elezioni immediate, puntando a intercettare il disagio generato da un’istituzione che appare paralizzata. Sul fronte opposto, i Verdi e la Linke parlano di “una bocciatura meritata” e di un’occasione per riaprire il confronto su una vera maggioranza progressista.
Il nodo politico: la sfiducia silenziosa di una parte della coalizione
Il problema, per Merz, è interno. La Spd appare spaccata tra fedeltà istituzionale e disagio per la propria posizione subordinata in una coalizione che di fatto è a guida conservatrice. Ma anche nella stessa Cdu si respira tensione: le voci dissenzienti parlano di “assenza di coinvolgimento”, di “agenda calata dall’alto” e di un profilo troppo rigido per un Paese che chiede oggi pragmatismo e inclusione. La Germania, che pure resta la potenza economica del continente, si scopre fragile politicamente. La crisi della leadership di Merz diventa allora la cartina al tornasole di un’Europa che non trova più il suo centro stabile.