FOTO: “Mario Mafai e Antonietta Raphaël. Un’altra forma di amore” | Foto: © Monkeys Video Lab
A cinquant’anni dalla scomparsa di Antonietta Raphaël e a sessanta da quella di Mario Mafai, una mostra invita a riflettere sui due artisti considerati tra i protagonisti delle vicende artistiche del Novecento.
Gli appuntamenti con l’arte nel weekend: a Roma “Mario Mafai e Antonietta Raphaël. Un’altra forma di amore”
Dal 23 maggio al 2 novembre il Casino dei Principi di Villa Torlonia ospita il percorso “Mario Mafai e Antonietta Raphaël. Un’altra forma di amore”, a cura di Valerio Rivosecchi e Serena De Dominicis, promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura - Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, e ideata dal Centro Studi Mafai Raphaël.
Dai tardi anni Venti Mario e Antonietta seguono percorsi paralleli, talvolta anche divergenti, fortemente condizionati dalla realtà storica. Se Mario viene presto considerato un maestro indiscusso, punto di riferimento per l’ambiente artistico romano, con le sue serie pittoriche come i Fiori secchi, le Demolizioni, le Fantasie a rappresentare il volto più autentico e antiretorico della cultura italiana, Antonietta, lituana di origini ebraiche, esposta a pregiudizi di genere, vivrà lunghi periodi di ricerca solitaria. La scoperta del suo talento avverrà solo a partire dagli anni Cinquanta.
Il pubblico è invitato a scoprire una vicenda insieme artistica, intellettuale e sentimentale, basata sulle differenze, ma anche su scambi, idee e passioni comuni. In mostra sono presenti oltre cento opere tra pitture e sculture provenienti dalle collezioni della Sovrintendenza Capitolina, dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, dai Musei Civici Fiorentini, dalle collezioni d’arte della Camera dei Deputati e della Banca d’Italia, da numerose collezioni private e dalle collezioni degli eredi dei due artisti.
All’Ospedale Niguarda di Milano l’arte che cura
Maria, in primo piano, solleva un velo. Il figlio reagisce al suo gesto, mentre sulla destra, Giuseppe li osserva. Attraverso il suo movimento, il velo conferisce dinamismo alla narrazione richiamando alla mente il sudario e la Passione di Cristo. I giochi di luce seguono i corpi e rendono il velo ancora più leggero, quasi impalpabile. L’autore richiama le atmosfere dei dipinti di Leonardo da Vinci e, assieme, la familiarità e l’intimità tipiche di Raffaello.
Siamo di fronte alla Madonna del velo attribuita dagli studiosi a Giovanni Battista Salvi, detto il Sassoferrato, copia di un dipinto di Raffaello, realizzata tra il 1511 e il 1512 per la Chiesa di Santa Maria del Popolo a Roma.
Fino al 30 giugno negli spazi dell’Ospedale Niguarda di Milano avrà luogo il primo appuntamento di un progetto di cura attraverso l’arte, esito di un accordo di valorizzazione siglato 2024 tra La Fondazione Ospedale Niguarda e la Pinacoteca di Brera. Il progetto culturale “L’Arte che cura” vuole portare le opere d’arte nei luoghi di sofferenza per provare a dare sollievo e conforto ai malati e sostenerli nel loro percorso di cura.
Per la prima volta, nel Blocco Sud dell’Ospedale Niguarda, sarà presente L’Ospite, un’opera d’arte proveniente dalla collezione della Pinacoteca di Brera e conservata presso la Quadreria Arcivescovile di Milano. Seguiranno altre esposizioni di opere provenienti dalla collezione Braidense, che potranno essere fruite dai pazienti e dai dipendenti dell’Ospedale per sostenere il rapporto fra arte-terapia-cura e per sostenere la comunità sanitaria attraverso progetti socioculturali.
Alla Galleria Nazionale dell’Umbria gli scatti di Berengo Gardin dedicati a Morandi
Fino al 28 settembre la Galleria Nazionale dell’Umbria a Perugia, nello spazio CAMERA OSCURA dedicato alla fotografia, accoglie i percorso “Gianni Berengo Gardin fotografa lo studio di Giorgio Morandi”, a cura di Alessandra Mauro.
In mostra 21 dei più significativi scatti realizzati da Gianni Berengo Gardin nel 1993, quando il fotografo venne chiamato per documentare i luoghi nei quali ha lavorato il grande pittore emiliano, in occasione dell’apertura a Palazzo d’Accursio a Bologna del Museo Morandi. Prima di smantellare lo studio, era necessario che lo si immortalasse per sempre.
Lo sguardo di uno dei più importanti fotografi del Novecento rese così eterni gli ambienti nei quali videro la luce i capolavori di Morandi, soffermandosi sugli oggetti tante volte ritratti nelle tele, sul cappello lasciato sul letto, sui vasi, le bottiglie, i piatti, le caffettiere e tutte le cose che Morandi ha disposto con sapienza e ordine, prima e dopo averle riprodotte nei suoi quadri. Due prestiti eccezionali dal Museo Morandi di Bologna – Natura morta, 1951, e Natura morta con oggetti bianchi su fondo scuro, 1930 – creano un confronto inedito tra le immagini di Berengo Gardin e i colori delicatissimi del pittore.
A Venezia il racconto di una scoperta
Nel 2021, in località Lio Piccolo, una campagna di scavo subacqueo condotta da una equipe di Ca’ Foscari ha portato alla scoperta di un ostriarum romano del I secolo d.C., una vasca in mattoni e tavole di legno utilizzata per mantenere in vita ostriche destinate ad essere consumate dagli ospiti della ricca villa romana di cui sono state rilevate delle tracce. Di queste strutture è noto solo un altro esempio, in Francia. Fino al 2 novembre il Museo di Storia Naturale presenta i risultati di questa scoperta grazia alla mostra Un Ostrarium romano nella Laguna di Venezia.