Covid-19: quando pensi che tutto va male, ecco le bollette-monstre dell'Acea

 

Quante belle parole abbiamo sentito in queste settimane, quanti appelli alla solidarietà, quanti richiami al bene comune ed ai ''passi indietro'', merce che non si trova sugli scaffali, ma solo nel processo personale di presa di coscienza. In una fase politica, ma soprattutto economica delicatissima, un periodo in cui lo stesso presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, auspica da parte delle banche ''un atto d'amore'', ovvero il coraggio di slegare la loro attività dai lacciuoli della economia che sa solo speculare, ci si aspetterebbe da tutti o quasi un atteggiamento di comprensione. 

Intendiamoci, comprensione non significa aprire i cordoni della borsa e gettare al vento banconote, come ogni tanto fa qualche stravagante benefattore che in questo modo, giocando sulla casualità, spera che il denaro sia distribuito con criteri di eguaglianza. Per comprensione intendiamo la capacità, che non è certo rarissima, di capire le difficoltà che l'altro sta affrontando e, magari, tendergli una mano, aiutarlo o, quanto meno, cercare di farlo.  Non crediamo che questo sia un ostacolo insormontabile, perché la crisi è talmente generalizzata che sta colpendo tutti. Pardon, tutti non proprio perché c'è chi ci sta guadagnando (parliamo a quegli intermediari che hanno lucrato con dispositivi di protezione personali farlocchi, peraltro pagati anticipatamente dagli enti preposti e spesso nemmeno consegnati) e che, di contro, non vuole perderci. Nel caso di specie, l'Acea che, spieghiamo per i non romani, è ''Nostra signora dell'Energia'', che, nell'immaginario del popolo della capitale, apre e chiude i rubinetti dell'acqua che arriva nelle case della gente.

Tu pensi: cosa c'entra l'Acea in questo ragionamento? C'entra, c'entra. Perché, grazie all'attenzione posta sull'argomento dall'Anaci, l'associazione che rappresenta gli amministratori di condominio, s'è scoperto che l'Acea ha cominciato a infilare nelle buche delle lettere dei romani delle letterine in cui, notificando l'aumento delle tariffe e retrodatandone gli effetti al primo gennaio dello scorso anno, ovvero il 2019, ha anche reso noto che si tratta di conguagli. I quali, tra aumenti e inizio dei relativi effetti, si stanno trasformando spesso in vere e proprie mazzate che colpiscono non solo i condomini ed i privati cittadini, ma anche i titolari di imprese commerciali.

Non sappiamo quale sia l'aumento medio - anche se è sempre difficile farlo, trattandosi spesso di tariffe diversificate a seconda di chi (privato o professionista o commerciante) è intestatario del relativo contratto -, ma, secondo gli amministratori di condominio, si tratta di bollette che spesso superano quota ''mille euro''. Ora, in altri periodi della purtroppo travagliata vita d'Italia ed anche di Roma, questi aumenti sarebbero stati presi con rassegnazione, come di chi si trova davanti all'ineluttabile, in una italica versione di una dei paradossi che vanno sotto il nome di ''leggi di Murphy'', quella secondo cui se c'è qualcosa che può andare male, state certi che lo farà. Ma che arrivino ora, quando il lockdown s'è appena concluso e i commercianti stanno faticosamente riprendendo la loro attività, non è sospetto (tutto in regola, ci mancherebbe altro), ma certamente è un colpo prima alla tasca e poi al cuore.

Perché stiamo parlando non di profumo, benzina o cognac, ma di acqua, di cui nessuno può fare a meno. E così, mentre lo Stato, ragionevolmente, ma con imbarazzante ritardo, sta allentando il nodo scorsoio delle scadenze - ovvero, delle tasse da pagare -, l'Acea ha deciso di fare tutt'altra cosa. Tanto da fare commentare a Rosanna De Angelis, presidente dell'Associazione nazionale amministratori di condominio, che ''appare in ingiustificata controtendenza la messa in riscossione di fatture relative ad un bene primario quale l'acqua, aumentate per gli aggiornamenti tariffari introdotti e gravate con i conguagli tariffari retroattivi fino al primo gennaio 2019''.

Pensare che l'Acea possa fare un passo indietro, almeno al momento, appare un po' difficile, anche perché a fine maggio dovrà procedere al rinnovo dei suoi vertici e, in un certo senso, cominciare ad attrezzarsi ''politicamente'' per il futuro dell'amministrazione capitolina. 

Questo perché Acea (società quotata in borsa, che ha nove milioni di utenze servite e che nel 2019 ha avuto oltre tre miliardi e 180 milioni di ricavi consolidati), che ha tra i suoi soci principali la francese Suez (23,333 % delle azioni) e Francesco Gaetano Caltagirone (5,006%) , è sotto il controllo del Comune di Roma, che detiene il 51 % del pacchetto azionario. Quindi, se è vero che la mano sulla culla è la mano che governa il mondo (prendo in prestito il titolo italiano del film di Curtis Hanson), chi comanda a Palazzo Senatorio comanda l'Acea. 

E se l'aria dovesse cambiare all'Amministrazione capitolina alle prossime elezioni comunali, uno dei bocconi più appetiti da una ipotetica nuova maggioranza politica sarà certamente l'Acea che, ricordiamo le promesse dei Cinque Stelle in campagna elettorale, doveva diventare il fiore all'occhiello della nuova politica, di quella dell'acqua per tutti, delle nuove regole, del merito e non dei comparaggi. Obiettivi non tutti raggiunti, a dispetto di un aspetto economico che vede le sue vele dei ricavi gonfiarsi visibilmente. 

Una cosa che la prima Repubblica non conosceva (perché le maggioranze ruotavano sempre sulla Democrazia cristiana, potente, condizionante, immanente) era lo spoil system, un meccanismo che all'estero è conosciutissimo e accettato da tutti, secondo il quale chi arriva a comandare, sostituendo una diversa ed opposta maggioranza, cambia tutta la nomenklatura pubblica, piazzando i propri uomini. Negli Stati Uniti è norma, anche se non è regola. Ad essa si sottopongono tutti, al cambiare dell'Amministrazione, persino gli ambasciatori. In Italia il cambio dei boiardi di Stato è prassi da relativamente poco, ma lentamente si sta facendo metabolizzare dalla gente. Con queste premesse, quale potrebbe essere il futuro di Acea, di una Acea che va avanti, come un carroarmato, sulla strada del profitto?

Ed Acea (col 51 per cento del Comune) dovrebbe avere un'anima pubblica. Si potrebbe dire che, da azienda quotata in Borsa e che ha in seno al CdA componenti diverse ed imprenditoriali, il suo comportamento è quasi obbligato. Può darsi, anche se è difficile da accettare. Una piccola proposta: perché Acea non si rivolge direttamente ai suoi nove milioni per spiegare che la crisi da 

Covid-19, il lockdown, le attività ferme, la gente sul lastrico sono solo una fictio iuris sfuggita di mano?

 

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