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Il nuovo device OpenAI che vuole spegnere le notifiche

- di: Bruno Coletta
 
Il nuovo device OpenAI che vuole spegnere le notifiche

Un gadget senza schermo, minimalista e guidato dall’intelligenza artificiale per riportare calma nella vita digitale.

(Foto: Sam Altman, Ceo di OpenAi).

Un dispositivo senza schermo, compatto, progettato non per attirare la nostra attenzione, ma per restituircela. È questa l’idea che sta guidando il lavoro congiunto tra Sam Altman, numero uno di OpenAI, e Jony Ive, storico designer dei prodotti di punta Apple. Il progetto, ormai uscito dalla fase puramente teorica, punta a creare un nuovo oggetto di uso quotidiano che sfrutti la potenza dell’intelligenza artificiale generativa senza replicare il modello dello smartphone che monopolizza lo sguardo e la mente.

L’obiettivo dichiarato è ambizioso: ridurre il caos informativo che oggi ci circonda e proporre un’interazione con la tecnologia più sobria, più selettiva, più umana. Non un giocattolo hi-tech in più, ma un “compagno digitale” capace di fare da filtro tra noi e l’universo di notifiche, messaggi, contenuti che ci inseguono 24 ore su 24.

Una tecnologia nata per farci respirare

Altman ha più volte descritto l’attuale ecosistema di schermi e app come un ambiente saturo, dove ogni icona lampeggiante compete per la nostra attenzione. In questo contesto, il nuovo device viene pensato come l’esatto opposto di uno smartphone tradizionale: niente interfacce rumorose, niente timeline da scorrere all’infinito, niente pioggia di alert.

“Gli oggetti che teniamo in tasca oggi parlano troppo e ascoltano poco.” ha osservato Altman in una recente conversazione pubblica, spiegando come la prossima generazione di dispositivi dovrà imparare a intervenire meno, ma meglio: suggerire, riassumere, prendere in carico compiti complessi solo quando serve davvero.

Jony Ive, dal canto suo, ha insistito sulla dimensione sensoriale e quasi emotiva dell’oggetto. “Un dispositivo ben progettato non è quello che ti chiede di guardarlo di continuo, ma quello che ti viene voglia di toccare e tenere con te.” ha raccontato il designer, sottolineando come il nuovo prodotto debba essere insieme fisico, caldo, familiare e tecnicamente sofisticato. Semplice da capire, quasi ingenuo a un primo sguardo, ma estremamente potente al suo interno.

Come sarà il dispositivo OpenAI

Molti dei dettagli restano volutamente coperti, ma alcuni elementi stanno emergendo con una certa chiarezza. Il dispositivo dovrebbe essere di dimensioni ridotte, tascabile, pensato per essere portato sempre con sé. Secondo le indiscrezioni più coerenti, non avrà uno schermo tradizionale: le interazioni avverranno soprattutto attraverso la voce, i sensori e il contesto in cui ci troviamo.

Il cuore del progetto è la capacità dell’AI di interpretare cosa sta succedendo intorno a noi: capire se stiamo lavorando, viaggiando, riposando; se siamo in una riunione, per strada o in famiglia. In base a questo, il dispositivo filtra notifiche, messaggi, email, promemoria e informazioni, riducendo il rumore di fondo.

Non si tratta, nelle intenzioni, di un semplice assistente vocale evoluto. Il nuovo gadget punta a diventare un “terzo dispositivo centrale” nella nostra vita digitale, accanto o in alternativa a smartphone e laptop, capace di svolgere compiti come:

  • riassumere le conversazioni e i messaggi più importanti;
  • organizzare appuntamenti, viaggi, attività complesse;
  • selezionare le priorità tra centinaia di notifiche potenziali;
  • interagire con l’ambiente identificando oggetti, luoghi e contesti;
  • prendere iniziativa solo quando l’informazione è davvero utile.

L’idea di fondo è chiara: meno tempo passato davanti allo schermo, più tempo riconsegnato alla vita reale, con l’AI a fare da filtro intelligente e discreto.

Quando potrebbe arrivare sul mercato

Altman e Ive hanno lasciato intendere che il progetto è già in una fase avanzata: esistono più prototipi, alcuni dei quali sono stati scartati perché non sufficientemente convincenti dal punto di vista funzionale o dell’esperienza d’uso. L’attuale versione, invece, viene descritta come una base solida su cui costruire il prodotto finale.

Le tempistiche, secondo quanto emerso, restano ambiziose ma non fantasiose: l’orizzonte è quello di un lancio commerciale entro pochi anni, in una finestra temporale che molti osservatori collocano indicativamente intorno alla seconda metà del decennio. Il che significa che la fase di ricerca pura è ormai alle spalle e ci si muove sul terreno dello sviluppo industriale e delle scelte di posizionamento di mercato.

A pesare sulla credibilità del progetto c’è anche il fatto che OpenAI ha investito in modo massiccio nel campo dell’hardware, integrando competenze di design e ingegneria: non si tratta quindi di un esperimento marginale, ma di una possibile nuova linea di business strategica per l’azienda.

Perché questa scommessa è diversa

Negli ultimi anni non sono mancati tentativi di proporre dispositivi alternativi allo smartphone, spesso finiti nell’oblio dopo un’ondata iniziale di curiosità. Cosa renderebbe questa iniziativa diversa dalle altre?

Innanzitutto, la combinazione tra potenza dell’AI generativa e design di altissimo livello. OpenAI lavora da tempo su modelli in grado non solo di rispondere alle domande, ma di comprendere il contesto, mantenere memoria delle interazioni, adattarsi alle abitudini degli utenti. Jony Ive è noto per avere trasformato oggetti complessi in icone immediate, da usare senza manuale d’istruzioni.

“Il nostro errore, come settore, è stato pensare che più pixel e più notifiche equivalessero a più valore.” ha osservato uno dei manager coinvolti nel progetto, spiegando che la nuova frontiera non è aggiungere funzioni, ma eliminare tutto ciò che è superfluo. Il dispositivo OpenAI nasce proprio da questa consapevolezza: creare un oggetto che non pretenda di occupare la nostra attenzione ogni minuto, ma che sia pronto a intervenire quando serve, in modo intelligente.

In secondo luogo, il progetto si inserisce in una tendenza più ampia: quella della “calm technology”, la tecnologia calma, che vuole rendersi presente senza essere invadente. Sensori discreti, notifiche selezionate, interfacce non urlate: l’idea è che la tecnologia si “abbassi di volume”, lasciando più spazio alle persone.

Cosa potrebbe cambiare nella nostra vita digitale

Se questa visione riuscirà a tradursi in un prodotto convincente, l’impatto sulla nostra quotidianità potrebbe essere notevole. Pensiamo, ad esempio, a un dispositivo che:

  • ci segnala solo tre o quattro notifiche davvero importanti in una giornata piena di messaggi;
  • prepara in autonomia il riassunto delle mail chiave prima di una riunione;
  • organizza un viaggio combinando voli, hotel e spostamenti senza costringerci a passare ore tra tab e app diverse;
  • riconosce quando stiamo guidando, lavorando o riposando e adatta il suo comportamento di conseguenza.

Il vero cambio di paradigma non sarebbe tecnico, ma psicologico: passare da un modello in cui siamo noi a rincorrere la tecnologia a uno in cui è la tecnologia a farsi da parte, intervenendo solo quando aumenta il nostro benessere o la nostra produttività.

Naturalmente, questo solleva anche interrogativi importanti: quanto dovrà sapere di noi un dispositivo simile per essere davvero utile? Come verranno gestiti i dati, la privacy, la sicurezza? Se un oggetto diventa il filtro principale tra noi e le informazioni, quale potere avrà nelle nostre giornate? Sono domande cruciali, che accompagneranno inevitabilmente la discussione pubblica su un prodotto di questo tipo.

Tra promessa e realtà

Ogni progetto che promette di “rivoluzionare” il nostro rapporto con la tecnologia corre un rischio: generare aspettative impossibili da soddisfare. Il nuovo device OpenAI non fa eccezione. Da una parte c’è una narrazione affascinante – meno schermi, più vita reale – dall’altra c’è la prova dei fatti, che arriverà solo quando il prodotto sarà nelle mani degli utenti.

“Non ci interessa aggiungere un altro schermo sul tavolo.” ha sintetizzato un altro membro del team, spiegando che la sfida è costruire un oggetto che abbia davvero senso accanto o al posto degli strumenti che già utilizziamo. Molti esperti di tecnologia ricordano che i progetti più interessanti degli ultimi anni sono spesso inciampati in dettagli apparentemente minori: la batteria, la connettività, l’ergonomia, la curva di apprendimento.

La differenza, in questo caso, è che il dispositivo OpenAI nasce in un momento in cui l’AI è già al centro del dibattito pubblico e degli investimenti globali. Non è un accessorio alla moda, ma il possibile fronte hardware di una trasformazione che riguarda lavoro, scuola, informazione, intrattenimento. Se saprà mantenere le promesse, potrebbe diventare il simbolo di una nuova fase: meno dipendente dallo schermo, più basata sulla relazione tra persone e intelligenza artificiale.

In definitiva, questo piccolo device senza schermo potrebbe rivelarsi molto più di un gadget futuristico. Potrebbe essere il primo tentativo concreto di costruire una tecnologia che non ci chiede di essere sempre connessi, ma che prova, finalmente, a lasciarci respirare.

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