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Berlusconi sfida le Big Tech: regole o democrazia a rischio

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Berlusconi sfida le Big Tech: regole o democrazia a rischio
Berlusconi sfida le Big Tech: regole o democrazia a rischio
L’intervento della presidente di Fininvest e Mondadori accende i riflettori sulla sproporzione di potere delle piattaforme: un’asimmetria che non è più solo economica ma istituzionale. Dalla pubblicità globale al Digital Markets Act, ecco perché il tema non riguarda solo gli editori ma la tenuta democratica.

(Foto: Marina Berlusconi, presidente di Fininvest e Mondadori).

Il segnale politico

Diciamolo chiaramente: l’intervento di Marina Berlusconi non è una schermaglia di categoria. È un messaggio su come tenere insieme una società aperta quando il potere migra verso infrastrutture private globali. La presidente richiama il dovere di chi fa informazione: “C’è un rumore di fondo che attraversa il nostro tempo… la libertà e la democrazia sembrano spesso voci isolate”, osserva Marina Berlusconi, rivendicando la necessità di sostenerle, proteggerle, amplificarle.

Potere e asimmetrie

La sproporzione è evidente: le piattaforme non dominano solo per capitalizzazione o tecnologia, ma per debole accountability. Quando l’infrastruttura che intermedia informazione e pubblicità non accetta vincoli, il mercato diventa pendente e l’innovazione si trasforma in deroga permanente alle regole comuni.

Pubblicità, il collo di bottiglia

La pubblicità globale ha superato la soglia del trilione di dollari e i cinque maggiori player digitali raccolgono oltre metà dei ricavi. In pratica, chi controlla il targeting controlla la spina dorsale dei ricavi dell’informazione. Gli editori regolati – tasse, diritto d’autore, occupazione – competono contro chi intercetta il valore a monte. Non è una guerra generazionale: è asimmetria regolatoria.

Non è solo concorrenza, è architettura istituzionale

Quando pochi nodi privati concentranol’intermediazione informativa, la posta in gioco è la sfera pubblica. Se l’algoritmo decide chi vede che cosa e a quali condizioni, la pluralità si riduce a dipendenza contrattuale. La domanda è semplice: chi filtra, risponde? A chi? Con quali obblighi?

Cosa dice l’Europa

Il Digital Markets Act ha avviato sanzioni e rimedi: non si tratta di punire il successo, ma di garantire interoperabilità, scelta dell’utente, trasparenza e accesso equo ai mercati. È l’architrave di un mercato digitale aperto e contendibile.

Perché riguarda l’Italia

L’Antitrust ha acceso i riflettori su condotte ritenute lesive della concorrenza e sono arrivati interventi su pratiche commerciali scorrette. In parallelo, si rafforza la tutela di autori ed editori e prende forma un quadro nazionale sull’intelligenza artificiale allineato alla rotta europea. Servono ora regole effettive per equo compenso, misurazioni omogenee dell’audience, trasparenza della filiera adv e accesso non discriminatorio alle inventory.

L’etica della responsabilità

Il tema non è “vecchio contro nuovo”, ma potere contro responsabilità. L’idea dei “Careless People” racconta che l’irresponsabilità non è un incidente ma un modello operativo. La risposta: far rispettare gli obblighi, misurarne gli effetti, imporre rimedi proporzionati – dall’interoperabilità reale alle separazioni funzionali quando necessario.

La posta in gioco

In gioco non c’è la difesa corporativa dell’editoria, ma la libertà dei cittadini di informarsi senza passare per monopoli di fatto. La tecnologia è benvenuta se rende conto. Come ricorda Berlusconi: “Noi editori rispettiamo leggi, tasse, lavoro e diritto d’autore: non chiediamo privilegi, chiediamo un campo di gioco onesto.” La direzione è una sola: regole chiare, accountability piena. 

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