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Piano Usa-Russia: 28 punti per l’Ucraina, un accordo che sa di resa

- di: Jole Rosati
 
Piano Usa-Russia: 28 punti per l’Ucraina, un accordo che sa di resa
Piano Usa-Russia: 28 punti per l’Ucraina, un accordo che sa di resa
Un pacchetto negoziale controverso, tra concessioni territoriali, limiti militari e garanzie sulla carta che lasciano l’Europa inquieta.

Il documento in 28 punti che gli Stati Uniti stanno discutendo con la Russia per mettere fine al conflitto in Ucraina è ormai diventato il fulcro di nuove tensioni diplomatiche. La bozza, circolata dopo una serie di incontri riservati tra emissari americani e russi, propone un mosaico di impegni politici, militari ed economici che molti a Kiev considerano un colossale passo indietro. Anche in Europa cresce la sensazione di trovarsi davanti a un’intesa che rischia di ridisegnare il continente senza un reale coinvolgimento degli alleati.

I pilastri del piano: sovranità “riconosciuta” ma a geometria variabile

Il progetto parte da un principio di base: l’Ucraina manterrebbe la propria sovranità, ma dovrebbe accettare limiti severi alla sua libertà strategica. La prima concessione riguarda la NATO: Kiev sarebbe obbligata a inserire in Costituzione la rinuncia all’ingresso nell’Alleanza, mentre gli stessi membri NATO dovrebbero sancire per statuto l’impossibilità di ammetterla.

Il secondo pilastro riguarda le forze armate ucraine: la bozza prevede un esercito con un massimo di 600 mila effettivi, meno della metà dell’attuale potenziale mobilitato. Una clausola che, secondo analisti militari europei, «non è una garanzia di stabilità, ma un indebolimento permanente dell’Ucraina», come ha spiegato un diplomatico europeo in conversazioni riservate rese note da Bruxelles a metà novembre 2025.

Territori contesi: un congelamento che premia Mosca

La parte più esplosiva del piano riguarda il confine orientale. L’Ucraina dovrebbe ritirarsi dal Donbass e riconoscere la sovranità russa sulle aree oggi occupate. Kherson e Zaporizhzhia resterebbero congelate lungo le attuali linee del fronte, con possibili aggiustamenti minori a favore di Kiev ma comunque subordinati all’assenso del Cremlino.

Resta quasi automatica la rinuncia alla Crimea, annessa dalla Russia nel 2014. In cambio, Mosca accetterebbe che quelle zone diventino aree demilitarizzate, senza truppe russe dispiegate stabilmente. Una formula che molti esperti leggono come un modo per consolidare la presa russa senza apparire formalmente aggressivi.

Le garanzie di sicurezza: tra ambiguità e punti ciechi

L’accordo prevede un sistema di garanzie che, a prima vista, dovrebbe rassicurare Kiev. Si parla di un meccanismo simile all’Articolo 5, con risposta coordinata in caso di intrusione russa. Ma le stesse clausole prevedono che l’Ucraina perda ogni protezione se colpisce la Russia senza giustificato motivo. Un equilibrio che molti osservatori giudicano «sbilanciato» e suscettibile di diventare un’arma politica nelle mani del Cremlino.

Inoltre, nessuna truppa straniera potrebbe essere dispiegata sul territorio ucraino: un limite che blocca di fatto ogni presenza NATO, incluse le missioni di peacekeeping proposte da Francia e Regno Unito.

Il capitolo economico: la ricostruzione come leva geopolitica

Una parte significativa del piano riguarda la ricostruzione. Verrebbero mobilitati 100 miliardi di dollari di beni russi congelati in Europa, più una cifra simile promessa da Paesi occidentali. Ma metà dei proventi dei progetti di ricostruzione finirebbe nelle mani degli Stati Uniti. È inoltre prevista la riapertura della centrale di Zaporizhzhia, con energia ripartita equamente tra Russia e Ucraina.

Infine, Mosca potrebbe rientrare nel G8 e vedere cancellate larga parte delle sanzioni. Una prospettiva che in diversi ambienti diplomatici europei viene definita «prematura» e «pericolosamente indulgente».

Lingua, cultura e politica interna: la mano lunga di Mosca

Il documento interviene anche su temi identitari: il russo diventerebbe lingua ufficiale al pari dell’ucraino e verrebbero eliminate le restrizioni al patriarcato filorusso. Il punto più controverso riguarda le elezioni: entro cento giorni dalla firma degli accordi si dovrebbe votare. A Kiev temono che questa scadenza fulminea faciliti l’ascesa di figure gradite al Cremlino.

Zelensky, pur avendo ricevuto il piano, ha parlato di «passi da valutare con attenzione». All’interno del suo stesso partito però si è aperto un fronte critico che definisce l’intesa «un’imboscata diplomatica».

L’Europa spiazzata: trattative parallele e allarmi crescenti

Tra le capitali europee prevale il sospetto che il negoziato stia scivolando nelle mani degli Stati Uniti e della Russia, con l’Europa relegata al ruolo di spettatrice non invitata. Diversi diplomatici dell’Unione hanno espresso irritazione per il metodo e preoccupazione per l’esito.

Un alto funzionario europeo lo ha definito, in un colloquio riservato trapelato nei giorni scorsi, «un accordo che rischia di riscrivere i confini del continente senza tener conto delle nostre posizioni».

Cosa succede ora

Il piano potrebbe subire modifiche, ma intanto ha già prodotto una scossa politica. Gli Stati Uniti premono perché Kiev accetti, mentre l’Europa chiede di partecipare alla definizione delle regole finali. Il Cremlino, dal canto suo, osserva e attende: ogni concessione che passa senza resistenza rafforza la sua posizione.

Se l’accordo dovesse andare avanti nella sua forma attuale, l’Ucraina si ritroverebbe davanti a una scelta drammatica: accettare un compromesso che sa di resa o affrontare un conflitto destinato a protrarsi senza garanzie di sostegno illimitato da parte degli alleati.

Il futuro dell’Europa orientale, e forse dell’ordine internazionale, potrebbe decidersi nelle prossime settimane.

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