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PNRR, i fondi che hanno salvato l’Italia. Ma ritardi e vincoli ne hanno frenato la forza

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
PNRR, i fondi che hanno salvato l’Italia. Ma ritardi e vincoli ne hanno frenato la forza

Con il 2026 alle porte, il PNRR entra nel suo ultimo anno di vita e il bilancio è chiaro: senza quei fondi l’Italia avrebbe rischiato molto. Gli investimenti finanziati dal Piano hanno sostenuto la domanda interna, evitando che il Paese scivolasse verso la stagnazione o, peggio, la recessione. La spinta generata ha contribuito anche a contenere l’aumento del rapporto debito-PIL, mitigando una dinamica che altrimenti sarebbe stata più difficile da controllare.

PNRR, i fondi che hanno salvato l’Italia. Ma ritardi e vincoli ne hanno frenato la forza

Il PNRR, però, è nato con una rigidità che ne ha limitato la forza espansiva. L’obbligo, previsto sin dall’accordo originale, di proseguire nel percorso di riduzione del deficit e di garantire avanzi primari ha imposto una forma di austerità che ha sottratto potenziale al Piano. Un vincolo che ha rallentato gli investimenti proprio nel momento in cui serviva la massima spinta.

Il ritardo della spesa: 100 miliardi ancora da utilizzare
L’altra grande sfida è stata la capacità amministrativa. Al settembre 2025 erano stati spesi 85,8 miliardi su 194 totali. Questo significa che oltre 100 miliardi devono ancora essere utilizzati.
A questi ritmi, l’Italia rischia di arrivare al 2026 con una parte considerevole dei fondi ancora da impegnare. Anche un’accelerazione porterebbe comunque a lasciare indietro decine di miliardi.

Un problema antico: la macchina dello Stato troppo fragile
Il ritardo non è solo una questione di tempistiche, ma il risultato di anni di indebolimento della Pubblica Amministrazione. Tagli, blocchi del turnover, riforme incomplete hanno eroso le competenze e la capacità operativa degli enti locali. Strutture come le Province, che avrebbero potuto fungere da centri territoriali strategici per il procurement, si sono ritrovate senza personale e senza strumenti adeguati per reggere il peso del Piano.

Che fine faranno i fondi non spesi
La domanda cruciale ora riguarda il destino delle risorse non utilizzate. Una parte — circa 20 miliardi — confluirà nei nuovi strumenti finanziari creati con l’ultima revisione del PNRR e potrà essere spesa oltre il 2026.
Un’altra quota potrà invece essere destinata alle politiche di coesione, con il via libera della Commissione europea.
E soprattutto: l’Italia non dovrà restituire tutto. Il saldo finale resterà positivo, anche grazie ai trasferimenti diretti superiori alla quota teorica che spetterebbe al Paese in base al solo PIL.

Una salvezza, ma non un successo pieno
Il PNRR è stato, ed è, un argine importante che ha evitato all’Italia scenari peggiori e ha sostenuto la ripresa nei momenti critici. Ma è anche un’occasione in parte mancata, frenata da vincoli, burocrazia e ritardi che hanno impedito al Piano di dispiegare tutta la sua potenza.

Ora resta un anno, l’ultimo. È il tempo della corsa finale, con la consapevolezza che il PNRR ha protetto l’Italia dal peggio, ma che il meglio — quello che poteva essere — richiede uno scatto che il Paese deve ancora dimostrare di saper compiere.

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