Dal “taches al tram” al richiamo di Parigi: le parole del leader leghista riaccendono tensioni con l’Eliseo, mentre l’opposizione incalza Meloni e la diplomazia prova a limitare i danni.
(Foto: il presidente francese Macron).
Il nuovo strappo tra Roma e Parigi
Le relazioni tra Italia e Francia si trovano nuovamente su un crinale scivoloso. Non è la prima volta che Roma e Parigi si guardano in cagnesco, ma questa volta lo scontro ha avuto la forma ufficiale di una convocazione diplomatica. L’ambasciatrice italiana in Francia, Emanuela D’Alessandro, è stata chiamata al Quai d’Orsay dopo le uscite al vetriolo di Matteo Salvini contro Emmanuel Macron.
Il ministero degli Esteri francese ha definito le parole del leader leghista “inaccettabili” e “contrarie al clima di fiducia che dovrebbe caratterizzare due Paesi legati da rapporti storici e da una comune responsabilità europea”. In altri termini: non si tratta più solo di un botta e risposta tra leader politici, ma di una questione che tocca il tessuto stesso della relazione bilaterale.
Il sarcasmo in dialetto milanese
La scintilla è nata a Milano. In un sopralluogo al quartiere popolare di via Bolla, Salvini ha commentato con ironia amara l’ipotesi di un invio di truppe europee in Ucraina, sostenuta da Macron. “Taches al tram”, ha detto in dialetto meneghino, espressione che equivale a “attaccati al tram”. Un invito sprezzante a cavarsela da soli.
Il leader della Lega ha rincarato la dose: “Se Macron vuole la guerra, si metta lui il caschetto, il giubbetto, il fucile e vada al fronte in Ucraina”, ha aggiunto Salvini. Non un commento isolato, ma l’ennesima frecciata verso il presidente francese, con cui i rapporti sono da tempo ai minimi termini.
Le “macronate” nel mirino
Salvini ha usato l’occasione anche per contrapporre due visioni del mondo: quella incarnata da Macron e quella da lui attribuita a Donald Trump. Da un lato, il presidente francese viene accusato di voler imporre all’Europa “eserciti comuni, riarmi e debiti condivisi per comprare missili”, sostiene Salvini. Dall’altro, l’ex presidente statunitense viene descritto come un leader che, “con i suoi modi bruschi o irrituali, riesce laddove tutti gli altri hanno fallito”, afferma il leader leghista.
È la stessa dialettica che Salvini utilizza ormai da mesi: contrapporre la Francia “guerrafondaia” a un’America trumpiana che, a suo dire, ha almeno il merito di ottenere risultati.
Un catalogo di insulti che si allunga
Quello di agosto non è un caso isolato. Anzi, si inserisce in una lunga serie di provocazioni. A marzo 2025, Salvini aveva bollato Macron come “quel matto che parla di guerra nucleare”, riferendosi all’idea di estendere l’ombrello atomico francese a protezione di Kiev.
A giugno, aveva rincarato con un altro affondo diretto: “Mettiti l’elmetto, vai a combattere e non rompere le palle”. L’elenco degli epiteti usati in passato comprende definizioni come “ipocrita”, “chiacchierone”, “criminale”, fino al più ironico “signorino educato che eccede in champagne”. In sostanza, Macron è diventato il bersaglio preferito del leader leghista, che lo usa come simbolo di tutto ciò che non vuole per l’Europa: più integrazione militare, più spese comuni, più centralismo comunitario.
La Francia dice basta
Se in passato l’Eliseo aveva scelto di ignorare certe uscite, questa volta la misura è colma. La convocazione dell’ambasciatrice italiana rappresenta un passo formale raro, soprattutto fra due Paesi storicamente vicini. Il Quai d’Orsay ha voluto mandare un segnale chiaro: “L’insulto personale al presidente non può restare senza risposta”, ha fatto sapere il ministero.
Dietro c’è anche la convinzione che la retorica di Salvini non sia più solo folklore politico, ma un ostacolo concreto alla costruzione di una linea europea compatta sul sostegno a Kiev.
La Lega prova a smorzare i toni
Consapevole della portata dell’incidente, la Lega ha tentato un parziale ridimensionamento. Il capogruppo al Senato, Massimiliano Romeo, ha commentato: “Se Macron smentisce l’idea di inviare truppe europee, il problema non esiste. Per noi resta l’obiettivo della pace, che solo Trump sembra perseguire con determinazione”, ha dichiarato Romeo.
Un tentativo di gettare acqua sul fuoco, ma che di fatto conferma la contrapposizione netta tra la visione francese e quella leghista.
L’opposizione incalza Meloni
Mentre la Lega cerca di ricucire, le opposizioni colgono l’occasione per mettere in difficoltà la premier. Sandro Gozi, eurodeputato di +Europa/Renew Europe, ha dichiarato che “non si può insultare un capo di Stato alleato e restare muti. Meloni deve prendere le distanze”, ha attaccato Gozi.
Enrico Borghi (Italia Viva) ha sottolineato la contraddizione fra un governo che a Bruxelles veste i panni dell’europeista responsabile e a Roma lascia campo a dichiarazioni “da osteria”, ha affermato Borghi. Carlo Calenda (Azione) è andato oltre: “Un vicepremier non può parlare come al Bar dello sport. Così si umilia l’Italia e si indebolisce il nostro peso nei consessi internazionali”, ha incalzato Calenda.
Un nodo anche per Meloni
Per Giorgia Meloni, che punta a consolidare un profilo da leader europea credibile, la vicenda rappresenta un vero rompicapo. Da un lato, deve mantenere in equilibrio la coalizione di governo, che si regge anche sulla Lega. Dall’altro, non può permettersi di compromettere i rapporti con la Francia, partner strategico in settori cruciali come energia, difesa e industria.
L’episodio mette in evidenza la difficoltà della premier a controllare le uscite del suo vice. E rischia di alimentare la percezione di un’Italia poco affidabile nei momenti decisivi per l’Europa.
La cornice internazionale: l’Ucraina al centro
Non va dimenticato il contesto. La Francia ha rilanciato l’idea di un maggiore impegno europeo in Ucraina, senza escludere una presenza di truppe sul terreno in compiti di addestramento o difesa. Parole che hanno scatenato un acceso dibattito dentro l’Unione.
In questo scenario, la battuta di Salvini non è un episodio folkloristico, ma un tassello che rischia di indebolire la già fragile coesione europea. Mentre Kiev chiede più aiuti, l’Europa si divide: c’è chi, come Macron, spinge per alzare la posta e chi, come Salvini, cerca di bloccare ogni ipotesi di coinvolgimento diretto.
Un temporale che può lasciare segni
L’incidente potrebbe restare una parentesi estiva destinata a sgonfiarsi. Ma potrebbe anche lasciare cicatrici profonde. La diplomazia è già al lavoro per evitare che l’episodio degeneri, ma la sensazione è che la Francia non sia più disposta a fare spallucce.
Per l’Italia, il rischio è di apparire spaccata e contraddittoria: con una premier che vuole accreditarsi come affidabile in Europa e un vicepremier che, con le sue parole, mette in discussione questa immagine.
Non è solo uno scambio di insulti
Non è solo uno scambio di insulti. È la fotografia di un’Europa divisa sul futuro, in cui le scelte di guerra e di pace si intrecciano con le ambizioni dei leader nazionali. Macron alza la voce, Salvini alza i toni, Meloni cerca l’equilibrio. E in mezzo c’è un’Unione che rischia di mostrarsi sempre meno unita.