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Trump e l’assalto a giustizia: Habba continua senza autorità. È caos

- di: Marta Giannoni
 
Trump e l’assalto a giustizia: Habba continua senza autorità. È caos
Habba senza autorità: il giudice ferma la mossa di Trump
Un magistrato blocca la mossa di Trump: nomina illegale, caos in aula, politica in tribunale.

Con fermezza e vivacità raccontiamo ciò che oggi rappresenta il cuore dell’angoscia istituzionale: l’ennesimo abuso del potere innescato dall’amministrazione Trump e la sua deriva giudiziaria. In questa ultima puntata, protagonisti sono una nomina sospetta, una rivalità politica e l’epicentro del diritto stravolto.

Un’ennesima mossa sotto attacco

Il giudice federale Matthew Brann, in servizio per designazione nella Corte distrettuale del New Jersey, ha stabilito che Alina Habba, scelta dall’ex presidente Trump come procuratrice federale ad interim per il New Jersey, sta ricoprendo quel ruolo “senza legittima autorità” poiché ha oltrepassato il limite legale di 120 giorni del mandato interinale. La nomina, avvenuta il 28 marzo 2025, è considerata nulla a partire dal 1° luglio 2025.

Un colpo al cuore dell’esecutivo

La strategia del Dipartimento di Giustizia – confermata dall’intervento dell’allora procuratrice generale Pam Bondi, che ha licenziato la scelta dei giudici del New Jersey e reintegrato Habba – è stata definita “illegale” dal magistrato. Di fatto, Brann ha escluso Habba da ogni partecipazione ai procedimenti in corso, anche se la sua decisione è sospesa in attesa dell’appello.

Un sistema sotto attacco

Il verdetto non riguarda solo lei: rischiano di cadere sotto la stessa lente altre nomine “ad interim” estese forzatamente in California, Arizona, New York e New Mexico. Secondo Brann, bypassare il Senato e i giudici significa minare l’equilibrio costituzionale tra i poteri legislativo ed esecutivo.

Reazioni senza freni

Pam Bondi ha reagito con veemenza, promettendo ricorso e definendo la decisione un “attacco giudiziario attivista”. I critici, tra cui legali democratici, hanno sottolineato che “i pubblici ministeri hanno poteri immensi e dovrebbero essere qualificati e nominati correttamente”.

Il contesto politico giudiziario è esplosivo

Da tempo, l’amministrazione Trump tenta di infilare fedelissimi – dai procuratori federali fino alle alte corti – usando tattiche legali al confine dell’interpretazione. L’obiettivo? Ignorare il Senato, silurare giudici scomodi e installare esecutivi “di fiducia” nei centri del diritto. Oggi il voto del magistrato Brann suona come un campanello d’allarme istituzionale.


Il filo rosso

C’è un filo rosso tra la posta in gioco politica e il cuore degli ordinamenti: sperimentare soluzioni urticanti al sistema di bilanciamento istituzionale. Il giudice Brann, pur rimettendo parzialmente la decisione – concedendo appello – ha buttato un sacco di sabbia negli ingranaggi della manovra. Più che un caso isolato, questa sentenza avverte che la giustizia non si piega a trucchi esecutivi: è l’ultimo baluardo, e oggi si sta facendo sentire. 

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