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La sottile differenza tra vincere e volere stravincere

- di: Redazione
 
La sottile differenza tra vincere e volere stravincere
La maggioranza di governo, che ruota essenzialmente intorno a Giorgia Meloni e a Fratelli d'Italia, mai come in queste settimane sembra essere a rischio di implosione.
Un rischio che, stando così le cose, mai avverrà non convenendo a nessuno di quelli che compongono la coalizione di governo di mettere a rischio tutto su un tema, quello delle candidature, che appare più un pretesto, essendo ben altri i veri problemi.
Cercando di sintetizzare i termini della questione, Fratelli d'Italia ha chiesto agli alleati di prendere atto del suo strapotere in termini di voti e consensi e, quindi, di accettare la sua richiesta di vedere suoi candidati alla presidenza di alcune Regioni oggi governate da esponenti del centrodestra, ma non di FdI. Una richiesta che oggi riguarda la Sardegna, alla cui guida c'è Christian Solinas, esponente del Partito sardo d'Azione, ma uomo di Matteo Salvini che, sul suo nome, non intende transigere.

La sottile differenza tra vincere e volere stravincere

Si potrebbe pensare che sia la solita lotta di potere, il trito rituale delle campagne elettorali, quando tutto sembra ridursi ad una ricerca delle posizioni migliori, ovvero delle poltrone che contano.
La richiesta di Fratelli d'Italia (che ha fatto già scendere in campo ufficialmente, candidandolo alla presidenza della Regione, l'attuale sindaco di Cagliari, Truzzu) è frutto di considerazioni politiche (noi contiamo più di te e quindi ci spetta la scelta) che la Lega - ovvero Matteo Salvini - non accetta, a costo di mandare Salinas da solo al voto, quindi al massacro.

Ma la partita è molto più ampia perché, pallottoliere alla mano, il partito del presidente del Consiglio sente di potere alzare la posta, ritenendosi autorizzato a fare valere il proprio peso e, quindi, di andare all'assalto di Regioni considerate un bastione leghista. A cominciare dal Veneto, su cui Luca Zaia ''regna'' indisturbato e che, però, se restasse l'attuale stop al terzo mandato, dovrebbe lasciare.
Ora, non essendoci dentro la Lega qualcuno in grado di raccogliere l'eredità politica di Zaia e in considerazione dell'importanza del Veneto, Fratelli d'Italia lascia capire che, al prossimo giro di danze, il candidato del centrodestra deve essere una sua creatura.

Richieste che, guardando i numeri, sono anche comprensibili se non parlassimo di politica, in cui i rapporti di forza, in seno ad una coalizione, devono sottostare ad un sistema di pesi e contrappesi da cui dipende l'equilibrio dell'alleanza.
Tanto per chiarire meglio il concetto, Giorgia Meloni ha tutto il diritto di fare valere il peso elettorale di Fratelli d'Italia e i suo personale prestigio, ma deve essere consapevole che la sua richiesta di maggiori responsabilità potrebbe avere come conseguenza una accelerazione del processo di marginalizzazione politica che già investe Lega e Forza Italia. E a questo punto c'è da domandarsi cosa possa passare nella testa di Matteo Salvini che vede la Lega, secondo l'ultimo sondaggio, sotto il 9% e, quindi, con la prospettiva di veleggiare verso il ruolo di vassallo della maggioranza e non più socio paritario rispetto a Fratelli d'Italia.

E la prospettiva di andare sotto il 10 %, quando, nel 2019, nelle precedenti elezioni europee, aveva guadagnato il 34 per cento, alimentando i suoi sogni di gloria, certo deve essere ad un passo dal terrore.
Ma questo - non lo diciamo noi: tutte le cronache politiche di queste ore lo raccontano - sembra non giustificare la scelta di Salvini di imporre la candidatura del generale Roberto Vannacci in tutte le circoscrizioni, forse addirittura da capolista. Una prospettiva che, sembra banale dirlo, conoscendo le idee del militare, sposterebbe ancora più a destra il partito, che in questo modo cancellerebbe quel che un tempo era il retaggio di formazione che si ispirava a temi sociali cari a Umberto Bossi che, in questa ''nuova'' Lega, intrisa di nazionalismo e che occhieggia a AfD, ormai non hanno più posto.

Oggi Fratelli d'Italia non ha concorrenti, sia dentro che fuori la maggioranza. Ma capitalizzare questa sua posizione, cannibalizzando gli alleati e riducendoli al ruolo di semplici valletti, potrebbe dimostrarsi un rischio, di cui Giorgia Meloni è perfettamente consapevole. Come è consapevole che certe occasioni (come la situazione politica attuale) potrebbero non ripresentarsi domani. Quindi, meglio approfittarne oggi.
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