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Produzione industriale in lieve crescita, ma cala rispetto al 2024

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Produzione industriale in lieve crescita, ma cala rispetto al 2024
La fotografia dell’economia italiana a giugno 2025 racconta una realtà fatta di timidi segnali di ripresa industriale, ma anche di difficoltà strutturali che incidono sul tenore di vita delle famiglie. L’Istat certifica un aumento dello 0,2% della produzione industriale rispetto a maggio, mentre il dato tendenziale, corretto dagli effetti di calendario, segna un calo dello 0,9% rispetto allo stesso mese del 2024.

Produzione industriale in lieve crescita, ma cala rispetto al 2024

La crescita mensile dello 0,2% è un segnale positivo, ma insufficiente a cancellare le difficoltà complessive del comparto industriale. I dati diffusi dall’Istat mostrano che i risultati variano sensibilmente a seconda dei settori: la fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati è l’unica a registrare un incremento rilevante, pari al +15,7% su base annua.

Questi numeri, spiegano gli analisti, evidenziano come la crescita industriale sia trainata da comparti specifici, mentre molti altri settori continuano a soffrire, riflettendo l’andamento incerto dell’economia globale e il peso dell’inflazione energetica.

Famiglie sotto pressione

Accanto ai dati Istat, arrivano le analisi di Confcommercio che accendono un faro sul lato sociale e quotidiano della congiuntura. Le cosiddette “spese obbligate” – quelle relative a beni e servizi essenziali come abitazione, energia, trasporti e alimentazione – hanno raggiunto il 42,2% della spesa totale delle famiglie italiane.

Un dato che segna un aumento di 5,2 punti percentuali rispetto al 1995 e che, secondo Confcommercio, dimostra come una quota sempre più ampia dei bilanci familiari venga assorbita da voci non comprimibili. Di conseguenza, si riduce lo spazio per i consumi discrezionali, dalla cultura al tempo libero, con effetti diretti sulla qualità della vita e sull’intero sistema economico.

Una dinamica strutturale

Non si tratta più di un fenomeno contingente legato alla crisi pandemica o agli shock energetici degli ultimi anni. Confcommercio parla infatti di una “dinamica ormai strutturale”: la rigidità delle spese obbligate costringe le famiglie a ridurre progressivamente gli altri consumi, determinando un circolo vizioso che penalizza la crescita complessiva.

In termini sociologici, la centralità delle spese obbligate contribuisce ad accentuare le diseguaglianze. Le famiglie con redditi medio-bassi subiscono in modo più pesante l’erosione del potere d’acquisto, mentre quelle con disponibilità maggiori riescono comunque a mantenere un livello di spesa discrezionale più elevato.

L’equilibrio tra crescita e benessere


Il quadro delineato dai due rapporti mette in evidenza un divario crescente tra l’andamento della produzione industriale e la capacità reale delle famiglie di sostenere consumi che vadano oltre il necessario. Se da un lato l’Italia prova a consolidare la ripresa della manifattura, dall’altro il benessere quotidiano resta messo a dura prova da costi fissi sempre più pesanti.

Gli economisti avvertono che non basteranno piccoli segnali di ripresa industriale a invertire la tendenza: senza interventi strutturali per alleggerire il peso delle spese obbligate, la domanda interna rischia di restare debole, con conseguenze a catena sull’intero sistema produttivo.

Un appello alla politica economica

I dati diffusi in queste ore offrono spunti che vanno oltre la semplice analisi statistica. Si tratta di numeri che chiedono risposte concrete da parte della politica economica: misure mirate per sostenere i redditi, interventi per calmierare i costi energetici, politiche abitative capaci di contenere gli affitti e mutui sostenibili.

Il futuro dell’economia italiana, suggeriscono gli osservatori, dipende anche dalla capacità di restituire respiro alle famiglie, rendendo meno gravoso quel 42% di spese obbligate che, anno dopo anno, sottrae ossigeno ai consumi e alla crescita.

Tra resilienza e fragilità


L’Italia, in sintesi, si trova a metà strada tra resilienza e fragilità: la capacità industriale resiste e in alcuni settori mostra vitalità, ma le famiglie faticano a tradurre questi segnali in una percezione concreta di benessere.

Il rischio è che si crei una distanza crescente tra la ripresa dei numeri macroeconomici e la vita quotidiana delle persone. Colmare questo divario sarà una delle sfide decisive per il Paese nei prossimi anni.
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