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Tra Quirinale e palazzo Chigi si aggira il fantasma di Igor-Aigor

- di: Redazione
 
Tra Quirinale e palazzo Chigi si aggira il fantasma di Igor-Aigor
Cosa potrebbe accadere di più e peggio all'Italia che, oltre all'aggravarsi della pandemia, in politica deve assistere alle sempre più evidenti lacerazioni nella coalizione di governo?
Difficile dirlo, anche se le nubi sull'orizzonte del Paese si stanno moltiplicano, in un mosaico che quotidianamente si arricchisce di nuove tessere, a seconda di quel che accade o di cose che o non vengono fatte o, se lo sono, sono fatte male. Come la confusione sulle misure anti-covid ha fatto emergere con evidenza. Che la maggioranza stia attraversando un periodo molto delicato è abbastanza evidente, soprattutto perché è chiaro che c'è più d'una partita che si sta giocando, anche se tutte sembrano ricondursi all'unico filone ''Quirinale-palazzo Chigi''.

Tra Quirinale e palazzo Chigi si aggira il fantasma di Igor-Aigor

Eppure, nonostante l'evidenza di troppe frizioni e giochi e giochetti, si potrebbe anche assistere ad un ulteriore degrado della situazione politica. Mi verrebbe da dire che, mai come oggi, aveva ragione Igor-Aigor (il mitico Marty Feldman) quando, al dottor Frankestein (Gene Wilder) che si lamentava di un ''lavoro schifoso'' (il disseppellimento di una bara), rispondeva ''Potrebbe esser peggio''. ''E come?'', gli chiedeva Wilder, e lui ''potrebbe piovere'', risposta che precedeva un diluvio dal cielo.

Pessimisti? Forse, ma sino ad un certo punto perché sono troppi i segnali di fratture in seno ai partiti che sorreggono il governo di Mario Draghi, motivati da una diversa visione di come dovrebbe essere la risposta alla crisi della pandemia, ma soprattutto dall'incombenza di un appuntamento - l'elezione del presidente della repubblica - il cui esito necessariamente condizionerà il futuro del governo e forse anche della legislatura.
La cosa che balza evidente è che se trattative ci sono, sembrano muoversi senza darlo a vedere, in ossequio al principio che chi in conclave entra papa quasi sempre ne esce da cardinale. Quindi, carte coperte.

Una cosa che stimolerebbe anche la fantasia, se in palio non ci fosse in gioco il futuro del Paese che, in ogni caso, dovrà pagare un prezzo. Il primo prezzo, e forse il più scontato, è che, nel caso che i grandi elettori dovessero individuare il prossimo presidente della repubblica in Mario Draghi si aprirebbe una lotta durissima per chi deve succedergli, dando per scontato che questa volta la ''politica'' (intesa nel senso più classico del termine) non farà un altro passo indietro e quindi reclamerà un suo esponente per palazzo Chigi e non più tecnici o cooptati.
Meglio non infilarsi nel toboga dei papabili, perché quelli che potrebbero essere accreditati devono anche esserlo soprattutto in seno al loro partito. Facciamo un esempio banale: un nome spendibile potrebbe essere quello di Giancarlo Giorgetti, che non sarebbe sgradito anche a più d'uno degli avversari della Lega, trattandosi di un incarico che avrebbe una durata a tempo (le prossime elezioni politiche), appena necessaria a curare l'attuazione del Pnrr. C'è però un ''ma'' grosso quanto una casa: Matteo Salvini, che l'infortunio del Papeete e dei 'pieni poteri' non ha frenato nella sua rincorsa alla carica di premier, accetterebbe di vedersi sorpassato da ''l'amico Giancarlo''?

Nel caso in cui a Draghi si chiedesse di mettere da parte le sue ambizioni e di restare a palazzo Chigi, la scelta del presidente della repubblica sarebbe ancora più delicata perché il futuro garante dell'unità della nazione e della funzione di garanzia dello Stato (quindi anche della magistratura) potrebbe essere affidato a qualcuno espressione o quanto meno sostenuto da partiti che, sino a ieri, ma anche oggi, hanno trattato i magistrati alla stregua di una conventicola politica asservita alla sinistra. Uno scenario di fantapolitica, ma nemmeno tanto.

La speranza è che alla fine si giunga ad una soluzione la più condivisa possibile. Perché, ma è solo un retropensiero, l'elezione al Quirinale di una persona non gradita alla Lega comporterebbe la disintegrazione dell'attuale maggioranza. Ma anche l'elezione di un uomo di centro-destra potrebbe avere lo stesso effetto in casa Pd e Cinque Stelle (almeno nella sua ala che dialoga con la sinistra).
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