Il governo ha dato il via libera al Reddito di Libertà, un sostegno economico destinato alle donne vittime di violenza. Con il decreto pubblicato in Gazzetta Ufficiale, l’assegno mensile sale da 400 a 500 euro e sarà erogato per un massimo di 12 mesi. Un intervento che punta a facilitare l’uscita da situazioni di vulnerabilità, ma che solleva interrogativi sulla sua reale efficacia.
Reddito di Libertà, l'Italia aiuta le vittime di violenza ma resta indietro rispetto all'Europa
Mentre l’Italia sceglie la strada del sussidio temporaneo, altri Paesi europei hanno adottato modelli più strutturati, con case rifugio, programmi di reinserimento lavorativo e misure di protezione durature. Il confronto con Spagna, Austria e Francia evidenzia i punti di forza e i limiti della strategia italiana.
L’Italia e il Reddito di Libertà: come funziona
Lo stanziamento previsto è di 10 milioni di euro all’anno per il triennio 2024-2026, con la possibilità di cumulare il Reddito di Libertà con altri aiuti. Le domande devono essere presentate tramite i Comuni, che collaborano con l’INPS e i centri antiviolenza per la gestione delle richieste.
Una novità del decreto è la priorità per le domande precedentemente respinte, un tentativo di correggere le criticità emerse nei primi anni di applicazione. Ma il nodo centrale resta lo stesso: 500 euro al mese possono davvero garantire l’indipendenza economica di una donna che fugge da una situazione di violenza?
Il confronto con l’Europa
In altri Paesi, il sostegno alle vittime di violenza non si limita a un contributo economico. Spagna, Austria e Francia hanno adottato modelli che integrano protezione, formazione e reinserimento lavorativo, riducendo il rischio che le vittime siano costrette a tornare in ambienti pericolosi per mancanza di alternative concrete.
Spagna: il Reddito Attivo di Inserimento (RAI)
In Spagna, le donne vittime di violenza possono accedere al Reddito Attivo di Inserimento (RAI), un programma che offre un sussidio pari all’80% dell’IPREM (Indicador Público de Renta de Efectos Múltiples) per 11 mesi. A chi è costretta a cambiare residenza per motivi di sicurezza vengono riconosciute tre mensilità extra, un aiuto concreto per chi deve ricominciare da zero.
Punti di forza: sostegno economico più consistente, possibilità di rinnovo, attenzione alle vittime che devono trasferirsi.
Limiti: vincolato allo stato di disoccupazione, importo variabile in base all’IPREM.
Austria: il modello delle case rifugio
L’Austria ha costruito negli anni una rete di 29 case rifugio in tutto il Paese, molte delle quali coordinate dall’Associazione Autonoma Austriaca dei Rifugi per Donne (AÖF). Qui, le vittime ricevono alloggio sicuro, supporto psicologico e assistenza legale, con percorsi di reinserimento lavorativo.
Punti di forza: protezione immediata, sostegno a lungo termine, reinserimento assistito.
Limiti: disponibilità di posti limitata rispetto al numero di richieste.
Francia: misure rapide e flessibili
La Francia ha adottato soluzioni rapide e adattabili. Durante la pandemia, sono stati creati centri di assistenza nei supermercati, dove le donne potevano chiedere aiuto in modo discreto, e sono stati finanziati alloggi temporanei in albergo per chi aveva bisogno di un rifugio immediato.
Punti di forza: intervento rapido, accesso facilitato per le vittime.
Limiti: misure di emergenza, non sempre collegate a un sostegno a lungo termine.
Un aiuto, ma non la soluzione
Il Reddito di Libertà rappresenta un segnale importante, ma resta una misura parziale. A differenza di altri Paesi europei, l’Italia continua a puntare su un sostegno economico limitato nel tempo, senza un piano strutturato per l’inserimento lavorativo e abitativo delle vittime.
I punti critici restano evidenti:
Importo insufficiente per garantire autonomia reale.
Durata limitata (12 mesi), senza misure di accompagnamento.
Mancanza di un sistema integrato di protezione e reinserimento.
Se l’obiettivo è davvero quello di dare alle donne gli strumenti per sottrarsi alla violenza e non tornare indietro, il Reddito di Libertà da solo non basta. Servono investimenti in case rifugio, formazione e occupazione. Senza una strategia di lungo periodo, il rischio è che la libertà resti solo sulla carta.