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Referendum 2025, all’estero affluenza in calo e più voti contrari

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Referendum 2025, all’estero affluenza in calo e più voti contrari

I cinque referendum abrogativi su cittadinanza e norme del lavoro, tenutisi l’8 e 9 giugno 2025, hanno registrato una partecipazione bassa anche sul territorio nazionale, fermandosi al 30,6 per cento. Ma tra gli italiani residenti all’estero, l’affluenza è stata ancora più contenuta: appena il 23,8 per cento degli aventi diritto ha rispedito il plico elettorale ai consolati.

Referendum 2025, all’estero affluenza in calo e più voti contrari

Un dato che ha inciso non solo sull’esito generale della consultazione – che non ha raggiunto il quorum – ma che ha confermato un andamento già noto: la crescente distanza, anche materiale, tra gli elettori italiani all’estero e la partecipazione attiva alla vita democratica del Paese.

I numeri della partecipazione nelle diverse aree del mondo

Dei circa 5,3 milioni di italiani iscritti all’AIRE, solo poco più di un milione ha preso parte al voto referendario. L’affluenza è stata particolarmente bassa in Nord America (16,5 per cento) e in Oceania (15,4 per cento), mentre i dati migliori si sono registrati in Sud America, dove ha votato il 34,6 per cento degli aventi diritto. In Africa si è superata di poco la soglia del 25 per cento, mentre in Europa la partecipazione si è fermata al 18,7. Questa variabilità riflette le diverse condizioni logistiche, organizzative e culturali delle comunità italiane sparse nel mondo, ma anche la percezione più o meno distante rispetto ai temi oggetto del referendum.

Esiti più cauti tra gli elettori esteri: il Sì c’è, ma non sfonda

Il voto degli italiani all’estero ha espresso una preferenza per il Sì, ma con percentuali più contenute rispetto a quelle emerse in Italia. Nessuno dei cinque quesiti ha superato il 70 per cento di consensi, mentre sul territorio nazionale le medie del Sì erano comprese tra il 56 e il 62 per cento. È un dato che suggerisce maggiore prudenza tra gli elettori fuori dall’Italia, probabilmente meno coinvolti direttamente dalle conseguenze pratiche dei quesiti, o più diffidenti rispetto all’efficacia dello strumento referendario. I quesiti vertevano su temi delicati: dal reintegro sul lavoro dopo il licenziamento illegittimo alla liberalizzazione dei contratti a termine, fino alla concessione della cittadinanza a chi nasce in Italia da genitori stranieri.

Un sistema di voto che non funziona per tutti

Dal 2001, gli italiani all’estero votano per corrispondenza. Ricevono a casa il plico, compilano la scheda e la rispediscono per posta al proprio consolato di riferimento. Ma il sistema mostra da tempo limiti strutturali. Il numero di plichi smarriti o giunti in ritardo continua a crescere. Molti elettori, soprattutto nei Paesi con sistemi postali meno affidabili, non riescono a partecipare anche se lo desiderano. E a questo si somma la percentuale di schede bianche o nulle, spesso superiore a quella riscontrata in Italia. In questa tornata referendaria, il problema è tornato sotto i riflettori. L’affluenza reale – considerando le schede non valide – potrebbe essere stata ancora più bassa rispetto ai dati ufficiali.

Una distanza politica e culturale da colmare


Il voto estero rappresenta un decimo del corpo elettorale, ma la sua capacità di influenzare l’esito delle consultazioni resta limitata. La disaffezione crescente, le difficoltà logistiche e il senso di marginalità avvertito da molte comunità rendono il meccanismo attuale sempre più fragile. Molti italiani all’estero si sentono spettatori distanti della politica nazionale, pur mantenendo legami culturali e affettivi con il Paese d’origine. Le istituzioni, da anni, cercano di stimolare una partecipazione più attiva, ma il voto postale da solo non basta: servirebbero processi digitali sicuri, maggiore informazione, campagne mirate e un ascolto reale delle esigenze delle comunità AIRE.

Il segnale dei referendum: partecipazione ridotta e sfiducia crescente

Il voto dell’8 e 9 giugno 2025 ha confermato che, almeno per ora, il referendum abrogativo non è uno strumento mobilitante per le comunità italiane all’estero. I cinque quesiti, pur approvati dalla maggioranza dei votanti, non hanno ottenuto la legittimazione numerica necessaria per essere validati. E all’estero, in particolare, si è sentito forte il peso dell’astensione, della sfiducia e della distanza. Un campanello d’allarme per le istituzioni italiane, chiamate a ripensare il modo in cui dialogano con una diaspora che cresce, cambia e chiede nuovi strumenti per partecipare al futuro del proprio Paese.

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