La (R)evoluzione Sostenibile della filiera agroalimentare: una responsabilità condivisa

- di: Benedetta Brioschi, Associate Partner e Responsabile Food&Retail e Sustainability, The European House – Ambrosetti
 
L’ultimo triennio è stato caratterizzato da una serie di fattori di crisi e discontinuità, che hanno aperto uno scenario di “poli-crisi”. La pandemia, in particolare, ha evidenziato il legame esistente tra il cambiamento climatico, la distruzione della biodiversità e l’emergere di nuove malattie infettive. Anche gli eventi meteorologici estremi, come la recente alluvione dell’Emilia-Romagna, hanno sottolineato l’urgenza di ripensare ai sistemi economici e produttivi in modo più sostenibile e circolare.

La (R)evoluzione Sostenibile della filiera agroalimentare: una responsabilità condivisa

In questo contesto, la filiera agroalimentare gioca un ruolo cruciale in forza della sua stretta relazione con l’ambiente. Con un impatto diretto o indiretto su ben 11 dei 17 Sustainable Development Goals fissati dall’Organizzazione delle Nazioni Unite nell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, il settore si rivela essenziale per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità a livello globale. 

Per analizzare lo stato dell’arte della transizione sostenibile della filiera agroalimentare italiana, nel mese di aprile 2023 The European House – Ambrosetti ha realizzato una survey a 1.000 consumatori italiani e una a 500 imprese. Dalle indagini sono emersi alcuni punti critici e opportunità della transizione verde.

In primo luogo, emerge come i consumatori siano sempre più consapevoli dell’impatto dei comportamenti di consumo alimentare sull’ambiente e la società: quasi 7 rispondenti su 10 ritengono la sostenibilità un tema molto rilevante nella scelta dei prodotti alimentari che acquistano, e la percezione di un prodotto sostenibile fa riferimento soprattutto alle caratteristiche di produzione e packaging.

Per questo motivo, l’80% dei partecipanti è disposto a spendere di più per prodotti sostenibili. Si tratta tuttavia di un comportamento che si differenzia a seconda del reddito: per le famiglie meno abbienti sale al 25% chi non è disposto a spendere di più per prodotti sostenibili, mentre si azzera per la fascia di rispondenti più abbienti. Al contrario, si registra una differenza di oltre 20 punti percentuali nelle risposte delle famiglie più abbienti rispetto a quelle meno abbienti che sono disposte a pagare tra il 20% e il 30% in più.

Anche le imprese dimostrano un elevato livello di consapevolezza sul ruolo chiave della sostenibilità: secondo il 38,9% dei rispondenti, un prodotto deve essere sostenibile a partire dalla sua produzione e per il 32,3% nella selezione di materie prime di alta qualità. Pertanto, con riferimento al prossimo quinquennio, le imprese pianificano di dedicare maggiore attenzione alla sostenibilità della produzione (12,7% del totale) e alla riduzione degli sprechi (13,7%).

Si tratta di un programma ambizioso, considerando che il 2022, “annus horribilis” per lo scenario climatico ed energetico italiano, è stato investito da una lunga ondata di siccità, con i suoi effetti disastrosi sulla produzione agricola, e dalla crisi energetica: dall’indagine risulta come quasi 6 aziende su 10 del Food&Beverage abbiano subito una crescita dei costi superiore al 10%.

In questo scenario complesso, Istituzioni, cittadini ed imprese saranno determinanti nell’accelerare una transizione sostenibile nella filiera agroalimentare.

Sono due le leve sulle quali la filiera può agire per promuovere una vera “(R)evoluzione Sostenibile” della filiera agroalimentare.

Da un lato, è fondamentale promuovere l’educazione alimentare dei cittadini italiani e la promozione di stili di consumi sani e sostenibili. In un contesto nel quale l’alimentazione scorretta rappresenta il 2° fattore di rischio comportamentale causa di morte in Italia dopo il fumo, promuovere abitudini alimentari sane è il primo step per garantire un adeguato livello di salute individuale. In questo può aiutare la dieta mediterranea, che si contraddistingue per equilibrio e varietà. La survey, tuttavia, ha riportato una scarsa consapevolezza tra i consumatori sulle quantità di frutta e verdura che questa dieta raccomanda (solo il 17% degli italiani ne è a conoscenza) e solo un preoccupante 5% di italiani segue questa pratica salutare con regolarità. Questo è ancor più preoccupante in un Paese che si posiziona al 1° posto in Europa per incidenza di bambini obesi e/o sovrappeso, pari al 42,0%. È importante rimarcare l’evidenza che l’80% dei bambini obesi lo rimarrà anche da adulto. È quindi fondamentale promuovere l’educazione alimentare fin dalla prima infanzia, con programmi multidisciplinari che mettano a sistema le migliori competenze lungo la filiera agroalimentare italiana.

Dall’altro lato, un contributo importante può derivare dagli investimenti in l’innovazione tecnologica, grazie ai quali le imprese potranno efficientare e migliorare i processi produttivi, renderli più verdi, cogliere nuove opportunità di sviluppo e monitorare con più efficacia gli sprechi. La transizione tecnologica interesserà tutta la filiera, dalla produzione agricola all’industria di trasformazione, dalla distribuzione fino al consumatore. Investire in innovazione tecnologica significa anche credere nelle start-up: a partire dal post-pandemia, in Italia gli investimenti in questo tipo di attività sono decollati, ma non ancora sufficienti. Al momento, infatti, l’Italia sconta un ritardo nei capitali raccolti: il Paese in 10 anni ha raccolto 259 milioni di Euro, al 10° posto in Europa, mentre si posiziona al 4° posto in termini di numero di aziende che entrano ogni anno nel sistema.

In conclusione, perché la filiera agroalimentare italiana diventi sostenibile, è fondamentale che il Paese agisca presto e in maniera sinergica, mettendo in campo le migliori competenze per fare una vera e propria rivoluzione educativa e culturale, grazie ad una corretta informazione e all’investimento nelle grandi potenzialità dell’innovazione tecnologica.

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