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Scuola: il lento addio di un milione di studenti

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Scuola: il lento addio di un milione di studenti
Un milione di studenti in meno. Non è una cifra simbolica, buttata lì per fare effetto. È un calcolo preciso, contenuto in una relazione tecnica allegata a un emendamento del governo al decreto 90/2025, approvato a fine luglio. Non stiamo parlando di un manifesto politico o di un titolo da campagna elettorale: sono i numeri nudi, freddi, di un documento ufficiale. Numeri che non fanno rumore, che non si impongono con la forza dello scandalo immediato, ma che scavano, lentamente, nei contorni del nostro futuro. E che, proprio per questo, inquietano di più.

Scuola: il lento addio di un milione di studenti

Dagli 8,84 milioni di iscritti del 2024 agli 8,67 del 2025. Una flessione che potrebbe sembrare, a un occhio distratto, un normale aggiustamento statistico. Ma è solo l’inizio. Dal 2026 al 2030 la popolazione scolastica diminuirà in media di 90mila unità l’anno, per poi passare, dal 2031 al 2034, a un calo di 100mila studenti all’anno. Nel 2034, il numero totale degli alunni sarà di 5,90 milioni: per la prima volta sotto quella soglia psicologica dei sei milioni che, fino a oggi, era rimasta intatta. Non sarà solo un passaggio numerico: sarà un passaggio simbolico, un indicatore di trasformazione sociale profonda, il segno che il Paese sta diventando, letteralmente, più vuoto.

Cattedre e scuole che scompaiono

Il calo non riguarda solo gli studenti. Ogni ragazzo in meno porta con sé conseguenze a catena: meno docenti, meno classi, meno scuole. Le proiezioni interne al governo parlano di 100mila cattedre destinate a sparire nell’arco di un decennio e di circa 5mila plessi scolastici che chiuderanno, su un totale di 40mila. Già dal prossimo settembre, per la prima volta dal 2020/21, gli organici scolastici segneranno un calo: 3.800 docenti in meno, risultato della riduzione di 5.660 posti comuni, parzialmente compensata dall’aumento di 1.886 insegnanti di sostegno. Non si tratta di numeri aridi, ma di aule che non si riempiranno più, di campanelle che non suoneranno, di paesi che perderanno uno dei loro centri vitali.

Un rapporto che non è un vanto

Per anni ci siamo detti che il rapporto tra alunni e insegnanti in Italia era “un punto di forza”: un docente ogni 11 alunni alle primarie e alle medie, uno ogni 10 alle superiori, contro una media Ocse di 14 e 13. Ma ora quella che sembrava una virtù rischia di diventare un sintomo di inefficienza strutturale. Se gli studenti diminuiscono così rapidamente, mantenere lo stesso numero di docenti significherebbe gonfiare un sistema che già oggi fatica a essere sostenibile. Se invece gli insegnanti diminuiranno in proporzione, il prezzo lo pagheranno interi territori, soprattutto nelle aree interne, dove le scuole sono l’ultimo presidio pubblico rimasto.

La radice del problema: culle vuote

Dietro ogni grafico e ogni tabella c’è una realtà implacabile: la denatalità. In cinque anni siamo passati dai 420.084 nati del 2019 ai circa 380mila del 2023, con una previsione di 370mila per il 2024. È un fenomeno che non nasce oggi e che non riguarda solo l’Italia, ma che nel nostro Paese assume un carattere più marcato e cronico. A incidere sono fattori economici, culturali, sociali: precarietà lavorativa, salari stagnanti, difficoltà di conciliazione tra lavoro e famiglia, un’età media alla maternità che si sposta sempre più avanti. E così le culle restano vuote, e le aule si svuotano di conseguenza.

Le possibili contromisure

Gli esperti individuano due strade per invertire la rotta: aumentare i flussi migratori fino a compensare il vuoto demografico oppure stimolare la natalità. Ma entrambe le opzioni sono complesse. La prima richiede politiche di integrazione lungimiranti, che non si limitino a riempire numeri ma costruiscano coesione sociale. La seconda, una ripresa delle nascite, non darebbe risultati immediati: servirebbero almeno quattro anni prima che i nuovi nati entrino nella scuola dell’infanzia, e questo sempre che la tendenza si inverta davvero. Intanto, ogni anno, la forbice tra studenti e docenti, tra scuole aperte e scuole chiuse, continuerà ad allargarsi.

Il silenzio di un declino

E così, anno dopo anno, la scuola italiana si ritroverà più vuota. Non ci sarà una data simbolo, un giorno in cui accorgerci tutti insieme che qualcosa di irrimediabile è successo. Sarà un declino silenzioso, fatto di un banco vuoto in più in una classe, di un plesso scolastico che chiude in un paese di montagna, di un suono di campanella che non si sente più. E quando ci accorgeremo della portata di questo vuoto, forse sarà troppo tardi per riempirlo.
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