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Scuola, cambia la condotta: chi prende 6 dovrà affrontare l’esame di cittadinanza

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Scuola, cambia la condotta: chi prende 6 dovrà affrontare l’esame di cittadinanza

Un voto in condotta non sarà più soltanto un numero a margine della pagella, ma una chiave decisiva per il futuro scolastico. Con il via libera del Consiglio dei ministri, dal prossimo settembre entra ufficialmente in vigore la riforma voluta dal ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara: chi chiuderà l’anno con un 6 in comportamento non avrà accesso automatico alla classe successiva, ma sarà obbligato a sostenere un esame di cittadinanza. Una prova che intende valutare la consapevolezza civica, il rispetto delle regole e la capacità di vivere la scuola come comunità.

Scuola, cambia la condotta: chi prende 6 dovrà affrontare l’esame di cittadinanza

La misura nasce come risposta a episodi di bullismo, violenza e mancanza di rispetto che negli ultimi anni hanno segnato la cronaca scolastica. Valditara lo ha ribadito con fermezza: “È un segnale forte e chiaro. Nella scuola italiana il rispetto per persone e istituzioni è imprescindibile”. Il voto in condotta, spesso relegato a dettaglio marginale, diventa così un vero indicatore del percorso educativo dello studente, al pari delle materie tradizionali.

Una prova che misura maturità e rispetto
L’esame non sarà un semplice colloquio, ma un momento formativo che metterà lo studente di fronte a interrogativi concreti sul senso di cittadinanza e convivenza. Non basterà studiare la Costituzione: occorrerà dimostrare di aver compreso come i valori democratici e il rispetto reciproco si traducano nella vita quotidiana, dentro e fuori le aule. Una sfida che molti insegnanti vedono come occasione per responsabilizzare i ragazzi, rendendo tangibile il legame tra comportamento e futuro.

Medie e superiori sotto la lente
La riforma riguarda tanto le scuole medie quanto le superiori. Ragazzi e ragazze che si troveranno di fronte a un 6 in condotta non potranno più considerarlo una “sufficienza di galleggiamento”. Diventerà il segnale di un campanello d’allarme e l’avvio di un percorso supplementare, fatto di prove, riflessioni e impegno aggiuntivo. Una sorta di “seconda chance” che, nelle intenzioni del governo, non vuole punire ma stimolare la crescita personale.

Il dibattito tra docenti e famiglie
Le prime reazioni non si sono fatte attendere. C’è chi applaude all’iniziativa, vedendovi un ritorno all’autorevolezza della scuola, e chi teme un eccesso di rigidità che rischia di penalizzare i più fragili. I sindacati sottolineano la necessità di strumenti adeguati per valutare la condotta in maniera oggettiva, senza lasciare margini a interpretazioni arbitrarie. Le famiglie, dal canto loro, si dividono: alcuni genitori vedono l’esame come un modo per responsabilizzare, altri temono che diventi un ostacolo burocratico più che formativo.

Il segnale politico
Al di là degli aspetti pratici, la riforma porta con sé un messaggio simbolico. Il governo Meloni sceglie di ribadire che la scuola non è soltanto il luogo dell’istruzione, ma anche il laboratorio in cui si formano cittadini consapevoli. La condotta torna al centro, non più relegata a nota accessoria, e diventa lo specchio di una comunità che chiede rispetto come base per la convivenza.

Un banco di prova per settembre

Tutto sarà operativo con l’avvio del nuovo anno scolastico. Dirigenti e docenti avranno il compito di tradurre la norma in prassi quotidiana, spiegando ai ragazzi che il comportamento non è un dettaglio, ma un tassello essenziale del loro percorso. Sarà un banco di prova per l’intero sistema: capire se la scuola italiana è in grado di educare non soltanto studenti preparati, ma cittadini maturi.

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