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Iran nega ritorsione per Abedini, a Roma sit-in per Cecilia Sala

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Iran nega ritorsione per Abedini, a Roma sit-in per Cecilia Sala

Teheran respinge con fermezza ogni accusa di ritorsione legata all’arresto di Cecilia Sala. “L’arresto della giornalista italiana non è correlato ad alcuna altra questione,” ha dichiarato Fatemeh Mohajerani, portavoce del governo iraniano, citata dall’agenzia Isna. Le sue parole mirano a smorzare le polemiche emerse in seguito al fermo di Sala, arrestata lo scorso 19 dicembre. Nonostante le rassicurazioni, il tempismo alimenta i sospetti: il caso di Sala arriva poco dopo l’arresto in Italia di Mohammad Abedini Najafabadi, ingegnere iraniano soprannominato “l’uomo dei droni” e considerato una figura chiave per il programma di droni militari di Teheran.

Iran nega ritorsione per Abedini, a Roma sit-in per Cecilia Sala

Abedini è attualmente detenuto nel carcere milanese di Opera in seguito a un mandato di arresto emesso dagli Stati Uniti. Le accuse sono gravi: violazione delle sanzioni internazionali e supporto tecnologico a un settore, quello dei droni, che ha avuto un ruolo cruciale nei conflitti in Medio Oriente e nell’invasione russa dell’Ucraina. Tuttavia, la Procura generale di Milano ha ribadito il proprio parere negativo sulla richiesta di domiciliari avanzata dalla difesa, almeno fino all’udienza prevista per il 15 gennaio.

Diplomazia sotto pressione

L’affermazione di Mohajerani, “Spero che il problema venga risolto,” lascia intendere che Teheran preferisca non alzare i toni e mantenere aperti i canali diplomatici. Ma le tensioni rimangono palpabili. La vicenda, intrecciata con le complesse dinamiche geopolitiche tra Iran, Stati Uniti e Unione Europea, rappresenta una nuova sfida per l’Italia, chiamata a destreggiarsi tra il rispetto degli impegni internazionali e la tutela dei propri cittadini all’estero.

Roma, sit-in silenzioso per la libertà di Sala

Nel cuore di Roma, piazza dei Santi Apostoli si è trasformata oggi in un simbolo di resistenza e solidarietà. Decine di giornalisti e cittadini si sono riuniti in un sit-in silenzioso promosso dall’Ordine dei Giornalisti del Lazio e dall’Associazione Stampa Romana per chiedere la liberazione immediata di Cecilia Sala.

“Free Cecilia Sala”. Queste semplici parole, stampate su fogli bianchi distribuiti ai presenti, sono state il manifesto di una protesta pacata ma carica di significato. Nessun megafono, nessuno slogan urlato, solo il silenzio e la determinazione di chi crede nella libertà di stampa come pilastro fondamentale di ogni democrazia.

Guido D’Ubaldo, presidente dell’Odg del Lazio, ha sottolineato l’importanza di rispettare l’appello della famiglia Sala a mantenere il silenzio stampa per favorire le delicate trattative in corso. “La famiglia ha chiesto ai media di non turbare la difficilissima azione diplomatica in atto – ha spiegato D’Ubaldo –. Sarebbe sbagliato confondere il silenzio stampa con il legittimo desiderio di milioni di cittadini di esprimere vicinanza e solidarietà”.

Un messaggio rafforzato dalle parole di Stefano Ferrante, segretario di Stampa Romana: “Questo sit-in è una manifestazione di solidarietà. Vogliamo dimostrare che i colleghi sono con Cecilia, così come accanto a tutti i giornalisti minacciati e detenuti solo per aver svolto il proprio lavoro in contesti difficili e pericolosi”.

Un segnale di unità


La manifestazione, pur priva di clamore, rappresenta un monito per le istituzioni e la comunità internazionale. Cecilia Sala, con la sua penna acuta e la capacità di raccontare con umanità i conflitti e le sfide globali, è diventata il simbolo di una professione sempre più a rischio. In un’epoca in cui la verità viene spesso sacrificata sull’altare della propaganda, la sua vicenda assume una valenza universale, richiamando tutti a difendere quei diritti fondamentali che non possono essere dati per scontati.

Mentre l’Italia si muove con cautela sul filo della diplomazia, le piazze e le redazioni restano vigili, pronte a ricordare che la libertà d’informazione non conosce confini. La posta in gioco è alta, ma la solidarietà, oggi come ieri, resta la più potente delle armi.

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