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Stellantis perde quota in Europa: novembre giù, la sfida ora è doppia

- di: Bruno Legni
 
Stellantis perde quota in Europa: novembre giù, la sfida ora è doppia
Stellantis perde quota in Europa: novembre giù, la sfida ora è doppia
Meno targhe, meno peso sul mercato: mentre l’Europa accelera sull’elettrificato, il gruppo deve difendere volumi e margini senza perdere terreno (né pazienza) lungo la transizione.

Che cosa dicono i numeri di novembre

Nel mese di novembre, Stellantis ha registrato 138.747 immatricolazioni nell’area Europa occidentale (Unione europea, Regno Unito e Paesi Efta), con una flessione del 2,7% rispetto allo stesso mese del 2024. La quota di mercato è scesa al 12,9% (dal 13,5% di un anno fa). Se si guarda al cumulato da gennaio a novembre 2025, le auto targate dal gruppo sono state 1.760.601, in calo del 4,5% sullo stesso periodo 2024, con una quota che passa dal 15,5% al 14,6%.

Tradotto: non è “solo” un mese storto. È un segnale di erosione di peso in un’area dove la competizione sta diventando una gara di resistenza tra prezzi, gamma e velocità di aggiornamento dei modelli.

Il contesto: un mercato che cambia marcia (e alimentazione)

La fotografia europea non è uniforme, ma una tendenza è chiara: l’auto si sta spostando con decisione verso l’elettrificato. Secondo ACEA, nel 2025 fino a ottobre le elettriche a batteria hanno raggiunto una quota del 16,4% nell’Unione europea, mentre le ibride sono diventate il “nuovo normale” con il 34,6%. Nello stesso arco di tempo, la somma di benzina e diesel è scesa al 36,6%.

In parole povere: la domanda si sta spostando più velocemente di quanto non facciano alcuni listini, e chi ha gamme ibride convincenti (e disponibili) può respirare. Ma l’ossigeno non basta: serve anche rinnovare i modelli, presidiare i segmenti giusti e reggere la pressione promozionale.

Perché Stellantis scende: tre pressioni, una sola classifica

Mettere una causa unica sarebbe comodo e sbagliato. Più realistico parlare di tre forze che tirano insieme:

  • Transizione e prezzi: l’elettrico cresce, ma la sensibilità al prezzo resta altissima. Se incentivi e sconti oscillano, il consumatore rimanda.
  • Concorrenza più affollata: i grandi gruppi europei consolidano piattaforme e tecnologie, mentre i marchi cinesi guadagnano visibilità e offrono dotazioni ricche.
  • Ciclo prodotto: quando una parte della gamma entra in “età di mezzo”, le immatricolazioni tendono a diventare una lotta a colpi di campagne commerciali.

Il risultato è una dinamica tipica: anche quando il mercato complessivo tiene o rimbalza, il gruppo può finire in controtendenza se perde trazione in alcuni Paesi-chiave o in segmenti ad alta rotazione.

Il paradosso dell’ibrido: punti di forza, ma non sempre abbastanza

Stellantis, nei mesi scorsi, ha insistito molto sulla propria strategia “smart car” e sulla spinta dell’ibrido. In una comunicazione corporate sull’andamento di settembre 2025, il gruppo ha legato la performance a modelli come Citroën C3/C3 Aircross, Fiat Grande Panda e Opel Frontera, sottolineando la leadership nel segmento ibrido e l’aumento della quota. È un messaggio coerente con un mercato in cui l’ibrido è la scelta più frequente.

Ma la partita vera non è “ibrido sì o no”: è ibrido giusto nel segmento giusto, con disponibilità, tempi di consegna e posizionamento prezzo che non costringano a inseguire. L’ibrido può essere un trampolino: non sempre è un salvagente.

Italia: segnali diversi tra mercato piatto e quote in movimento

Il quadro italiano aiuta a capire quanto il dato europeo sia una somma di micro-storie nazionali. A novembre 2025 il mercato italiano è rimasto sostanzialmente stabile (poche decine di unità di differenza rispetto a novembre 2024), secondo le elaborazioni sui dati dell’archivio nazionale dei veicoli diffuse da UNRAE.

In parallelo, parte della narrativa di fine anno ruota attorno all’effetto degli incentivi e alle attese sulle decisioni europee sulla transizione: vari osservatori sottolineano che, senza un quadro prevedibile, gli acquisti restano “a scatti”. In questo scenario, anche un costruttore grande può alternare settimane in spinta e settimane in difesa.

Non solo mercato: fabbriche, occupazione e la pressione del 2026

Le dinamiche commerciali si intrecciano con quelle industriali. Nel 2025 sono tornati nel dibattito pubblico temi come capacità produttiva, assegnazione dei nuovi modelli e tutela dell’occupazione. In Italia, un rapporto sindacale citato da Reuters ha parlato di un forte ridimensionamento dell’organico nel quadriennio 2020-2024 e di un calo della produzione, mentre in Francia il tema della pipeline di prodotti e del futuro di alcuni siti resta sensibile.

La sensazione, guardando al 2026, è che il gruppo debba giocare su due tavoli contemporaneamente: recuperare quota in Europa senza bruciare margini e mettere ordine nella traiettoria industriale, in un continente che chiede decarbonizzazione ma teme l’effetto sociale.

Cosa osservare adesso: i tre indicatori che contano davvero

  • Mix di alimentazioni: quanto cresce l’elettrico del gruppo rispetto al mercato e quanto “pesa” l’ibrido nel portafoglio ordini.
  • Prezzo medio e scontistica: se le vendite risalgono ma a costo di promozioni aggressive, il conto arriva dopo.
  • Pipeline prodotto: i lanci nei segmenti A/B e B-SUV, e la disponibilità reale in concessionaria, spesso valgono più di una campagna.

Novembre ha dato un messaggio secco: in Europa non basta “tenere” il secondo posto in alcune classifiche, bisogna difendere la quota mese dopo mese in un mercato che cambia alimentazione e umore con la velocità di un feed. 

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