Ironia della morte

- di: Barbara Leone
 

Sferzanti, mordaci e irriverenti. Sono i manifesti pubblicitari di “Taffo Funeral Service” ed “Exequia Funeral Service”, due agenzie di pompe funebri romane (con proprietario unico) diventate famose in tutt’Italia e soprattutto sui social grazie ad un marketing dal taglio decisamente dissacrante. Cosa inusuale in un settore delicato come quello delle onoranze funebri e che, per certi versi, lo ha letteralmente rivoluzionato. Al punto da diventare un vero e proprio fenomeno del web, con tanto di studi e analisi della loro strategia comunicativa. Che, per la cronaca, ha un nome e cognome: Riccardo Pirrone, Ceo e digital strategist di KiRweb nonché social media manager di Taffo. Tramite copy persuasivi e scelte coraggiose, con un’ironia sempre pungente ma a volte anche emozionale, Pirrone è riuscito a dissotterrare (è proprio il caso di dire) e portare alla fama nazionale una semplice, banalissima e per certi versi odiatissima (perché per ovvi e intuibili non vorremmo mai averci a che fare) agenzia funebre. Quelli che a Roma chiamano cassamortari, che se li incontri per strada tocchi ferro o ti fai una grattatina ai piani bassi perché non si sa mai. Non solo. Perché il merito di Pirrone and company non è soltanto quello di aver reso una piccola agenzia di pompe funebri uno “stile di vita”, ma anche l’aver saputo giocare con tematiche forti, sociali, pur restando sempre in tema e senza mai sfociare nel banale.

Ironia della morte

Come nel caso delle loro campagne diffuse in occasione del Gay pride: “Ora seppelliamo l’omofobia”. O quelle contro i piromani: “Se ti piace bruciare, vieni qui che ti cremiamo noi”. Sempre attenta a stare sul pezzo, Taffo è insomma la dimostrazione che, con la giusta chiave di lettura, ogni business è comunicabile. Tanto più se la strategia che si adotta non è solo fine a sé stessa, ma produce anche dei risultati in termini di business. Ma il messaggio subliminale più penetrante è quello che si può, anzi si deve, irridere sorella morte. Che è cosa ben diversa dal ridere: vuol dire esorcizzarla, prendersi beffa della Nera Mietitrice che, come diceva il buon Benjamin Franklin, è l’unica cosa inevitabile nella vita. Insieme alle tasse. Ma dubitiamo che l’Agenzia delle entrate possa, e voglia, prendere esempio dal team di Taffo. Tra le tante chicche del loro marketing virale, è impossibile non ricordare l’ironico omaggio fatto nel giorno dei funerali della Regina Elisabetta: “Ne hai sepolti più di noi”.

O ancora: ci sono le elezioni? Voilà: cartelloni a gogò con scritta “Italiani vi aspettiamo alle urne”, e le urne della foto non sono quelle funerarie. Per non parlare di quando l’allora vicepresidente del Consiglio Di Maio esagerò sulla quantità di liquidi presenti nel corpo umano e Taffo scrisse: “Luigi, se fossimo composti dal 90% di acqua non venderemmo bare, ma vasche”. Fino all’apoteosi Covid: “O state a casa o staremo tutti in cassa”, che poi diventerà  “Non vaccinatevi. Siamo pronti ad un'epidemia”. Insomma, la pubblicità di Taffo ha dato vita all’ironia della morte, che è pure il titolo del libro scritto sul tema proprio da Pirrone. Non tutti però apprezzano questo black humor, al punto che qualcuno ha ben pensato addirittura di sporgere querela ipotizzando il reato di “pubblicazioni e spettacoli osceni”, cioè “che, secondo il comune sentimento, offendono il pudore”. Questo perché, a detta del querelante, le pubblicità targate Taffo offenderebbero “in maniera incontrovertibile, senza limiti, la sacralità della morte”.

Che ci sta, lo possiamo capire. Perché certe battute, a volte oggettivamente su di giri, possono sembrare ciniche ed urtare la sensibilità di chi magari ha da poco perso una persona cara. Sensibilità che in questo caso però appare quasi chirurgica visto che, curiosamente, a sporgere querela è stato un piccolo imprenditore di Guidonia che ha una ditta… indovinate un po’? Di pompe funebri. Quando si dice il caso! Taffo, dal canto suo, non si scompone d’una virgola, e per bocca del suo social media manager la butta come sempre sul ridere: “Se dovessi finire a processo - ha dichiarato Pirrone -, considerati i tempi della giustizia farei in tempo a morire”. Uno a zero per lui.

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