Nonostante il nome suggestivo, le terre rare non sono né terre né così rare. Si tratta di 17 elementi chimici – tra cui il neodimio, il disprosio, il lantanio – appartenenti alla famiglia dei lantanoidi, essenziali per produrre tecnologie avanzate. Il loro valore non sta nella scarsità assoluta, ma nella difficoltà di estrazione e raffinazione: si trovano mescolate ad altri minerali e richiedono processi complessi e costosi per essere isolate. Eppure senza di loro non esisterebbero motori elettrici, pannelli solari ad alte prestazioni, fibre ottiche, magneti super potenti, turbine eoliche, schermi al plasma, né armamenti di nuova generazione.
Perché le terre rare sono il vero cuore dell’economia tecnologica e perché l’Ucraina è diventata strategica
Oggi, le terre rare sono diventate indispensabili per la doppia transizione: quella energetica – verso le rinnovabili e la decarbonizzazione – e quella digitale – fondata sull’elettronica e l’intelligenza artificiale. Un’auto elettrica, per esempio, può contenere fino a un chilo di terre rare nei suoi motori magnetici. Una turbina eolica di nuova generazione ne richiede centinaia. Senza questi elementi, l’industria green semplicemente non è possibile. Lo stesso vale per i chip, i laser, i radar, i missili guidati. La potenza militare e industriale del XXI secolo si gioca sulla disponibilità – e sul controllo – delle terre rare.
Il primato cinese e la sfida occidentale
La Cina oggi domina questo mercato: estrae circa il 60% delle terre rare globali, ma ne raffina il 90%. Questo la rende, di fatto, un fornitore senza rivali. L’Occidente, pur disponendo di giacimenti, ha delocalizzato da decenni la raffinazione per motivi ambientali e di costo. Ma ora, con la crescente rivalità geopolitica, Europa e Stati Uniti stanno cercando alternative sicure. E qui entra in gioco l’Ucraina.
Il tesoro nascosto nel sottosuolo ucraino
L’Ucraina possiede uno dei bacini minerari più promettenti d’Europa. Secondo l’UE, è tra i paesi con maggiori risorse potenziali di terre rare, litio, titanio, grafite. Si tratta di elementi cruciali per costruire batterie, superconduttori, motori, magneti e dispositivi elettronici. Una parte di queste risorse si trova proprio nelle regioni orientali e meridionali oggi occupate militarmente, come il Donbass o la zona di Zaporizhzhia. Controllare queste aree, dunque, non significa solo una conquista territoriale: vuol dire anche mettere le mani su risorse che valgono miliardi e che decideranno gli equilibri economici e tecnologici dei prossimi decenni.
La posta in gioco: autonomia o dipendenza
Per l’Unione Europea, l’accesso alle terre rare ucraine è una chiave per ridurre la dipendenza strategica dalla Cina. Bruxelles ha incluso Kiev nel piano europeo per le materie prime critiche, e guarda a un futuro in cui l’Ucraina possa diventare partner industriale e fornitore affidabile. Ma questo presuppone una stabilità politica e istituzionale che oggi è compromessa dalla guerra. Ecco perché la posta in gioco è così alta: chi controllerà i minerali ucraini, controllerà anche una parte essenziale della catena del valore globale.
Un rischio ambientale e sociale da non sottovalutare
L’estrazione delle terre rare non è priva di costi. Richiede acidi, acqua, energia. Comporta rifiuti tossici e, se gestita in modo non trasparente, può provocare disastri ecologici e sfruttamento delle popolazioni locali. Per questo serve una governance multilaterale e responsabile. L’Occidente dovrà evitare di trasformare l’Ucraina in un nuovo “eldorado” da saccheggiare. Solo con una vera partnership, che rispetti ambiente, lavoro e sviluppo sostenibile, queste risorse potranno essere una benedizione e non una maledizione.
La nuova geopolitica dei minerali
La guerra in Ucraina non è solo una questione territoriale. È anche una guerra per le risorse. E le terre rare rappresentano il nuovo fulcro attorno a cui ruota il potere. La vera partita si gioca sotto terra, e riguarda la capacità delle democrazie occidentali di garantire sicurezza energetica e autonomia tecnologica. L’Ucraina, in questo scenario, non è solo una vittima o un alleato: è un asset strategico. E il modo in cui verrà integrata o sfruttata dirà molto su quale ordine mondiale emergerà dalla crisi.