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7 agosto: Tokyo parte male tra dubbi sul patto con Usa e nuovi dazi

- di: Matteo Borrelli
 
7 agosto: Tokyo parte male tra dubbi sul patto con Usa e nuovi dazi
7 agosto: il Nikkei apre in calo mentre l’accordo commerciale con Washington solleva interrogativi sul settore auto e sui semiconduttori. L’ombra dei dazi pesa sugli scambi, con Tokyo chiamata a un investimento record da 550 miliardi.

Tokyo parte col freno a mano: mercati nervosi e accordi ambigui

La Borsa di Tokyo ha aperto la seduta di oggi 7 agosto in territorio negativo. Il Nikkei 225 ha segnato un ribasso dello 0,21%, attestandosi a quota 40.710,74 punti, con una perdita secca di 84 punti. Un avvio debole che riflette la crescente incertezza su due fronti cruciali per l’economia giapponese: il futuro degli accordi commerciali con gli Stati Uniti e il rischio concreto di nuovi dazi americani, in particolare nel comparto tecnologico e automobilistico.

Lo yen resta stabile sul dollaro (147,30), ma si indebolisce sull’euro (171,70), segnale che il mercato valutario non ha ancora digerito del tutto gli ultimi sviluppi geopolitici.

L’accordo col sorriso amaro

A luglio il Giappone ha celebrato l’intesa con Washington come un successo: in base all’accordo, gli Stati Uniti ridurranno i dazi su auto e componentistica dal 25% al 15%, mentre Tokyo si impegna a investire oltre 550 miliardi di dollari in progetti strategici americani, in particolare nella filiera dei semiconduttori, della farmaceutica e delle terre rare. Ma i mercati non sembrano festeggiare.

Il vero nodo sta nelle clausole poco chiare e nei benefici asimmetrici. Come ha dichiarato il capo negoziatore giapponese Ryosei Akazawa, intervenuto il 6 agosto da Tokyo, “la dimensione dell’investimento sarà proporzionata ai ritorni per il nostro Paese”. E ha aggiunto: “Il Giappone non può acconsentire a un esborso cieco che non garantisca una solida ricaduta industriale sul nostro territorio”.

Il problema si chiama ‘no stacking’

La frizione più forte riguarda una questione apparentemente tecnica: la clausola di “non cumulo” dei dazi, meglio nota come no stacking. L’Unione Europea è riuscita a ottenerla: impedisce che più dazi siano applicati contemporaneamente sugli stessi beni. Il Giappone no. Al momento, Tokyo rischia di vedersi imposti dazi aggiuntivi, pur avendo già accettato l’accordo commerciale. “È come pagare due volte il biglietto per lo stesso treno”, ha commentato su Nikkei Asia il professor Taro Hayashi dell’Università di Hitotsubashi.

Il nodo auto e l’incognita semiconduttori

Il comparto automobilistico, uno dei pilastri dell’economia giapponese, guarda con preoccupazione alla mancata chiarezza sul futuro degli scambi con gli Usa. Toyota, Nissan, Honda e Subaru hanno già rivisto al ribasso le stime di esportazione verso il Nord America per il terzo trimestre.

Ma l’allarme più urgente arriva dai semiconduttori. L’amministrazione Trump starebbe valutando nuovi dazi su chip e componenti elettroniche importati da Giappone, Corea e Taiwan, come ritorsione contro l’espansione delle tecnologie asiatiche. “Questa politica rischia di essere un autogol per gli Stati Uniti stessi”, ha dichiarato il presidente dell’associazione industriale giapponese JEITA, Nobuhiro Endo, intervistato da Nikkei.

Il mercato prova a resistere

Nonostante le tensioni, il listino Topix, più rappresentativo dell’economia reale giapponese, ha tenuto, sostenuto dai titoli tecnologici e dalle prospettive di stimolo monetario. L’ottimismo dei mercati globali per un possibile taglio dei tassi Usa – dato ormai per probabile a settembre – ha contribuito a contenere le perdite in Asia. Il Giappone resta un mercato attraente per gli investitori internazionali, grazie a bassi tassi d’interesse, buyback attivi e una maggiore attenzione alla governance aziendale.

Washington-Tokyo, equilibrio instabile

Al momento, l’equilibrio tra Tokyo e Washington appare instabile. Il governo giapponese cerca garanzie sulla reciprocità degli investimenti e un allineamento delle regole con quelle ottenute da Bruxelles. Ma l’America trumpiana gioca una partita diversa: accetta il dialogo solo se garantisce vantaggi netti per sé. “È un modello transazionale, non multilaterale”, spiega l’economista Junko Tanaka della Japan International Business School. “Tokyo dovrà decidere se accettare il ruolo di partner subordinato o alzare la voce”.

Il prossimo round

Il calendario diplomatico è già segnato: Ryosei Akazawa volerà a Washington entro il 12 agosto per un nuovo incontro bilaterale. Si parlerà di dazi, investimenti, e soprattutto della clausola di protezione giuridica che Tokyo vuole includere per evitare sorprese unilaterali.

Nel frattempo, gli investitori restano in attesa. Ma la reazione del Nikkei è un segnale chiaro: la fiducia non è automatica, e ogni incertezza ha un costo. Per Tokyo, la sfida è tornare protagonista senza piegarsi troppo a una logica americana che somiglia sempre più a un aut aut.

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