Dal primo agosto scatta la tassa al 35% sul Canada, poi tocca all’Ue. “Chi non ha ricevuto la lettera pagherà”. Mercati inquieti, il mondo si prepara a reagire.
Un ritorno all’assedio commerciale
Donald Trump ha ufficialmente riaperto il fronte delle guerre commerciali. In un’intervista concessa alla NBC, il presidente americano ha dichiarato senza esitazioni: “Diremo semplicemente che tutti i Paesi rimanenti pagheranno, che sia il 15% o il 20%”.
Il riferimento è a una nuova ondata di dazi generalizzati che colpirà buona parte dei partner commerciali degli Stati Uniti, a eccezione di chi ha già ricevuto — o riceverà — le lettere ufficiali dalla Casa Bianca. Il primo Paese a farne le spese sarà il Canada, con un’imposta doganale del 35% a partire dal primo agosto.
Poche ore dopo l’intervista, Trump ha pubblicato su Truth Social la lettera indirizzata al primo ministro canadese Mark Carney, certificando l’introduzione della nuova tariffa. Una mossa che ha agitato le cancellerie e creato panico sui mercati.
Una strategia all’insegna del ricatto
La logica che guida Trump è chiara: usare i dazi come leva politica e intimidatoria, costringendo i partner a negoziare da una posizione di svantaggio. Il meccanismo è quello del divide et impera: premiare chi si piega, punire chi resiste.
Lo ha confermato lo stesso presidente: “Tutti quelli che non hanno ricevuto una lettera, pagheranno”.
L’Unione Europea sarebbe la prossima destinataria. Funzionari di Bruxelles parlano già di una “minaccia reale” capace di scatenare una reazione a catena. La Commissione europea ha convocato un vertice d’urgenza a Strasburgo per il 12 luglio.
Canada nel mirino: risposta diplomatica e industriale
Il Canada ha reagito con fermezza. Il premier Mark Carney ha definito la decisione “arbitraria e ingiustificata” e ha annunciato contromisure nel rispetto delle regole WTO. “Non ci faremo ricattare da nessuno. Il commercio equo non può essere trasformato in un’arma geopolitica”, ha dichiarato.
La ministra dell’Industria, Mélanie Joly, ha avviato consultazioni con il settore manifatturiero e automobilistico, i più esposti. L’impatto stimato sulle esportazioni canadesi potrebbe superare i 12 miliardi di dollari l’anno, colpendo acciaio, ricambi auto e agroalimentare.
Molte aziende valutano la delocalizzazione in Messico per evitare i dazi restando sotto l’ombrello dell’USMCA.
Europa tra attesa e allarme rosso
In Europa, il clima è di crescente preoccupazione. Anche se le lettere non sono ancora giunte a Bruxelles, l’ombra dei dazi incombe su automobili tedesche, vini francesi, agroalimentare italiano, tecnologie green.
Secondo le stime, sarebbero a rischio oltre 110 miliardi di euro di esportazioni dirette.
Antonio Tajani ha dichiarato da Praga: “Serve una risposta unitaria e ferma. Non possiamo accettare misure unilaterali”. Ursula von der Leyen ha promesso azioni rapide e proporzionate, tra cui dazi punitivi sui prodotti tech statunitensi e restrizioni sui bandi pubblici europei.
I mercati cominciano a tremare
Wall Street ha reagito con cautela, ma il nervosismo è palpabile. Il Nasdaq ha perso l’1,3%, il Dow Jones lo 0,8%. A Toronto l’indice S&P/TSX ha ceduto oltre il 2%, colpito dai titoli energetici e industriali.
Anche l’euro e il dollaro canadese hanno perso terreno, mentre lo yuan si è rafforzato, segno che la Cina potrebbe approfittare della frattura transatlantica.
L’economista Paul Krugman ha commentato: “L’unilateralismo commerciale porta instabilità, e l’instabilità porta recessione. La storia dovrebbe averci insegnato qualcosa”.
Una guerra che isola l’America
Oltre la retorica muscolare, emerge una strategia miope e isolazionista. Il nuovo protezionismo trumpiano mira a ridefinire i rapporti globali, erodendo alleanze e regole multilaterali.
Ue, Canada, Giappone e Corea del Sud valutano una nuova area di cooperazione commerciale alternativa agli Stati Uniti, con regole condivise e arbitrati comuni. Un argine all’imprevedibilità americana.
L’ideologia al posto della strategia
Le lettere di Trump sono un manifesto ideologico. La logica del “prima l’America” si trasforma in “solo l’America”. Il primo agosto non segnerà l’inizio di una trattativa, ma di un assedio commerciale.
In un mondo interconnesso, l’isolamento non è una strategia. È un errore storico.