Scattano le tariffe punitive su 92 Paesi, fino al 50%. Cupertino annuncia 100 miliardi di investimenti e dribbla la blacklist. L’Ue tratta in extremis: per ora fuori vino, liquori e microchip. Meloni difende l’agroalimentare, ma la trattativa è tutta in salita. Anche India, Brasile e Svizzera nel mirino della Casa Bianca.
Trump alza i toni: “Chi non investe paga”
Da oggi l’America trumpiana ha ufficialmente riaperto la stagione della guerra commerciale. La nuova offensiva dei dazi lanciata da Washington colpisce ben 92 Paesi, con tariffe tra il 10% e il 50%, a seconda del grado di allineamento con la dottrina del Made in USA. “Chi investe viene premiato, chi no, pagherà le conseguenze”, ha tuonato l’amministrazione Trump in una nota del 6 agosto 2025.
Nel mirino soprattutto l’Europa, colpita da un’aliquota provvisoria del 15%. Stretta anche per Giappone (15%), Canada (35%) e Svizzera (39%). India e Brasile subiscono la sanzione massima: 50% su acciaio, alluminio e beni di consumo. Per il Brasile, si tratta anche di una rappresaglia politica legata al processo contro Bolsonaro.
Apple gioca d’anticipo: 100 miliardi per evitare la blacklist
Se la Casa Bianca mostra i muscoli, Apple si muove con astuzia. L’azienda di Cupertino ha annunciato 100 miliardi di dollari di nuovi investimenti negli Stati Uniti, oltre ai 500 già previsti. In cambio? Nessun dazio. L’intesa, rivelata da Bloomberg, nasce da una trattativa riservata tra Tim Cook e gli emissari di Trump.
I fondi andranno ad ampliare impianti in Texas, Ohio e North Carolina, accelerando il reshoring di iPhone, MacBook e chip M2. È un messaggio chiaro a Google, Amazon, Tesla e Microsoft: fuori dalla blacklist solo se si riportano fabbriche e lavoro negli USA.
Bruxelles spera, ma intesa ancora lontana
In Europa si lavora per ottenere esenzioni. La Commissione ha presentato un documento per congelare al 15% le tariffe su auto, acciaio e tecnologia. Ma i colloqui sono tesi ed estenuanti. L’intesa di Turnberry tra Ursula von der Leyen e Trump non è stata ratificata.
Le esenzioni garantite coprono aerei civili, farmaci generici e macchinari per microchip. Resta da decidere il destino dell’agroalimentare italiano: “Faremo di tutto per tutelare i nostri prodotti”, ha dichiarato Giorgia Meloni, aggiungendo che “certi marchi italiani non possono essere rimpiazzati da copie americane”.
Liquori e vino nel mirino: l'allarme delle imprese Usa
A protestare non è solo l’Europa. Negli Stati Uniti, 57 associazioni del comparto alcolici hanno chiesto a Trump di escludere vini e liquori europei dai dazi. Secondo la Toasts Not Tariffs Coalition, una tariffa al 15% potrebbe provocare 2 miliardi di perdite e fino a 25.000 licenziamenti nella distribuzione americana.
Non solo champagne e chianti: anche colossi come Campari, Pernod Ricard e Diageo rischiano pesanti contraccolpi. “È una misura che danneggia anche il consumatore americano, oltre che le imprese europee”, ha scritto la Coalizione, chiedendo sostegno bipartisan al Congresso.
La Svizzera tenta la via diplomatica (per ora senza successo)
Neppure la Svizzera è riuscita a evitare la scure. Con una tariffa del 39% in arrivo, la presidente Karin Keller-Sutter ha incontrato a Washington il segretario di Stato Marco Rubio, accompagnata dai vertici di Roche. L’incontro è stato “cordiale, ma inconcludente”.
La Svizzera paga l’assenza dal programma di riconversione industriale Usa e la sua neutralità geopolitica. Anche il settore orologiero potrebbe ora subire contraccolpi.
India e Brasile, sanzioni e vendette geopolitiche
Per India e Brasile, la mossa Usa appare come una rappresaglia geopolitica. L’India è penalizzata per i rapporti con Mosca, colpendo anche le sue fabbriche per Apple. Il Brasile paga l’inchiesta su Bolsonaro, definita una “farsa” da ambienti trumpiani. Il ministro del Commercio Geraldo Alckmin ha annunciato un ricorso al WTO.
Europa in trincea, ma divisa: Berlino frena, Roma spinge
A Bruxelles, la tensione è alle stelle. La Francia minaccia controdazi, mentre la Germania frena per proteggere l’automotive. L’Italia spinge per una soluzione negoziale, ma valuta anche un piano europeo di supporto all’export. “È una trattativa complicata”, ha ammesso Valdis Dombrovskis.
Una dottrina commerciale muscolare e ricattatoria
Con Trump 2.0 nasce un nuovo paradigma del protezionismo americano: non più solo barriere, ma un sistema di premi e punizioni basato sugli investimenti in patria. Un modello simile a quello cinese, ma rivisitato in chiave sovranista.
Il rischio? Una corsa globale al ribasso, dove il ricatto commerciale diventa la norma. E l’Europa, ancora una volta, è chiamata a scegliere tra subalternità o strategia.