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Trump e Xi, via a Busan: scacco o patto tra le superpotenze?

- di: Bruno Coletta
 
Trump e Xi, via a Busan: scacco o patto tra le superpotenze?
L’incontro-chiave nella città sudcoreana apre la trattativa globale: dal commercio alle terre rare, dallo sguardo sulla Corea al riequilibrio mondiale.

Il vertice tra Donald Trump e Xi Jinping a Busan (Corea del Sud) si presenta come un momento d’inflessione nelle relazioni tra Stati Uniti e Cina, le due superpotenze economiche e geopolitiche del nostro tempo. Il summit – che arriva dopo sei anni dal loro ultimo incontro faccia a faccia – arriva con un’agenda fitta: tariffe, terre rare, agricoltura, tecnologia, alleanze regionali.

Il contesto e lo scenario

La scelta di Busan, città portuale della Corea del Sud, è emblematica: l’incontro si tiene ai margini del vertice Asia‑Pacific Economic Cooperation Summit (APEC), ma in una sede distaccata, segno che si tratta di un dialogo più strategico che cerimoniale.

Sulla tavola, le tensioni sono alte: gli Stati Uniti avevano minacciato dazi aggiuntivi fino al 100 % sui prodotti cinesi a causa delle restrizioni cinesi sulle esportazioni di terre rare, risorse vitali per l’industria globale. Dall’altro lato, Pechino ha fatto capire che non intende rinunciare alla sua strategia di autosufficienza e difesa del proprio spazio economico.

Le dichiarazioni che contano

Al momento della stretta di mano, Trump ha chiosato: “Avremo un incontro di gran successo… è un negoziatore tosto”, sottolineando i suoi piani di accordo. 

Xi ha risposto con altri toni: “Gli Stati Uniti e la Cina non sempre la vedono allo stesso modo, ma dovrebbero essere partner e amici”. E ancora: “Lo sviluppo della Cina va di pari passo con la visione di rendere di nuovo grande l’America”. Il riferimento implicito è alla dottrina “Make America Great Again”, contestualmente ribaltata in logica sinergica. (Stessi lanci)

Queste frasi, pur tese, lasciano intravedere un terreno comune: la volontà non disseppellita di cooperazione, ma condizionata alle rispettive priorità strategiche.

Le questioni in gioco

Innanzitutto le tariffe commerciali: gli USA pretendevano una riduzione o sospensione delle contromisure nei confronti della Cina, che rispondeva con controlli all’export su minerali critici e tecnologie avanzate. Un accordo quadro era già stato definito (secondo il segretario al Tesoro statunitense) nei giorni precedenti l’incontro.

In secondo luogo, le terre rare: settore nel quale la Cina detiene un predominio globale. La minaccia di Washington di imporre ulteriori dazi era strettamente legata a questa questione.

Terzo, l’agricoltura e i “piccoli” elettorati: gli agricoltori americani attendono da Pechino acquisti consistenti di soia e altri prodotti, una leva non solo economica ma elettorale.

Infine, tecnologie, catene globali, sicurezza: sia Taiwan che la produzione di semiconduttori, la circolazione dei precursori per il fentanil, la collaborazione militare regionale, sono temi di fondo che si intrecciano al commercio.

Le attese e le incognite

Da un lato, Trump appare fiducioso, annunciando che “potremmo firmare un accordo oggi” e che “abbiamo già concordato un sacco di cose”. Dall’altro, gli analisti suggeriscono cautela: non è probabile un accordo risolutivo che tocchi tutti fronti, vista la complessità delle questioni.

Risulta evidente che, anche se venisse firmato un documento, la sua applicazione e durata restano in dubbio: con interessi e strategie divergenti, il rischio di arretramento è elevato.

Perché questo incontro conta davvero

Per gli Stati Uniti, ottenere concessioni dalla Cina significa dare fiato agli elettori rurali, rassicurare i mercati, contenere la corsa cinese verso la supremazia tecnologica. Per la Cina, il bilaterale è un banco di prova della sua capacità di negoziare da paritaria potenza globale, non da comprimaria.

L’incontro è anche un segnale geopolitico, perché la scelta del luogo – la Corea del Sud – riflette l’importanza della regione Asia-Pacifico in cui si gioca non solo la guerra commerciale, ma anche le alleanze militari, la tecnologia 5G/6G, la competizione navale e la catena dei chip.

Una partita strategica

Nonostante le manifestazioni retoriche di “partnership” e “amicizia”, è evidente che questo vertice è anzitutto una partita strategica, nella quale ognuna delle due potenze mira a mantenere la propria supremazia. Se l’accordo sarà raggiunto, sarà più un patto di convenienza temporaneo che un’alleanza duratura. Il rischio è che sotto la superficie della stretta di mano restino zone d’ombra e divergenze profonde: sul piano commerciale, tecnologico, ideologico.

Un peccato d’illusione sarebbe credere che questo incontro segni l’avvio di una nuova era di cooperazione incondizionata. Lungi da me essere cinico: è giusto salutarlo come opportunità. Ma è altrettanto necessario vigilare sul fatto che non si trasformi in mero spettacolo diplomatico, senza conseguenze reali.

Un capitolo di una lunga partita

Il faccia-a-faccia fra Trump e Xi a Busan è un momento storico, un’occasione per provare a mettere fine ad anni di tensioni. Ma la posta in gioco è altissima e la strada è irta di ostacoli. Se un accordo verrà firmato, sarà per lo più un capitolo intermedio in un confronto globale che dura da anni. Il tempo dirà se sarà una svolta o soltanto un capitolo di una lunga partita.

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