Non un agguato, ma una situazione sfuggita di mano precipitata con l'intervento di Vance
Il confronto tra il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, e il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, alla Casa Bianca è stato più di un semplice scambio di battute tese. “Uno show tragico”, lo definisce Lucio Caracciolo, fondatore e direttore della rivista Limes, esperto di geopolitica tra i più autorevoli in Italia. La scena andata in onda in diretta televisiva, secondo Caracciolo, non è solo la dimostrazione di una relazione sempre più incrinata tra Washington e Kiev, ma rappresenta un momento di svolta nella guerra in Ucraina e nei rapporti di forza globali. Per Caracciolo, inoltre, non si è trattato di un agguato, perché nei primi 40 incontri il confronto si è svolto con toni più che civili, ma una situazione sfuggita improvvisamente di mano e fatta precipitare dall'intervento molto duro del vicepresidente Vance.
“Zelensky si è trovato spiazzato”
“Finora, Zelensky ha potuto fare il duro grazie agli americani. Ma oggi lo scenario è cambiato: Trump lo ha messo di fronte a una realtà scomoda, gli ha detto di abbassare la cresta, ringraziare e obbedire”, spiega Caracciolo. Secondo l’analista, la posizione dell’Ucraina si è indebolita drasticamente e il messaggio lanciato dalla Casa Bianca non era solo rivolto a Kiev, ma anche agli alleati europei e alla Russia.
La fragilità della posizione ucraina si riflette non solo sul piano militare, ma anche su quello politico ed economico. La guerra ha dissanguato le risorse del paese, mentre la popolazione civile continua a subire le conseguenze del conflitto. “Senza il sostegno degli Stati Uniti, l’Ucraina si trova in un vicolo cieco. Zelensky deve negoziare, ma non può permettersi di farlo senza perdere la faccia di fronte al suo popolo”, aggiunge Caracciolo.
Una crisi trasmessa in diretta
Se lo scontro fosse stato solo privato, le ripercussioni sarebbero state meno devastanti. Ma il fatto che sia avvenuto davanti alle telecamere, sottolinea Caracciolo, è un segnale preciso: “Gli americani non hanno nemmeno tentato di smorzare i toni. Era un messaggio per l’opinione pubblica americana e per il resto del mondo”.
La scena ha preso una piega drammatica quando il vicepresidente J.D. Vance è intervenuto con toni ancora più duri, sottolineando che senza l’aiuto americano, Kiev sarebbe caduta in pochi giorni. Zelensky ha ribattuto: “No, in tre giorni”, ma il botta e risposta non ha fatto altro che sottolineare il profondo squilibrio nei rapporti di forza.
“Trump ha orchestrato questa situazione per inviare un segnale chiaro: l’America non è più disposta a sostenere l’Ucraina senza condizioni”, afferma Caracciolo. Il messaggio è arrivato forte e chiaro anche agli alleati europei, che ora devono affrontare l’incertezza di un futuro senza la garanzia dell’appoggio americano.
“Il vero problema è la guerra infinita”
Per Caracciolo, lo scontro alla Casa Bianca ha reso evidente un problema ancora più grave: l’assenza di una strategia chiara per l’uscita dal conflitto. “Zelensky si è presentato dicendo che con Putin non si può negoziare. Ma se l’Ucraina non può vincere militarmente e non può nemmeno trattare, allora come si esce da questa guerra?”, si chiede l’analista.
In questo contesto, il tema degli aiuti militari diventa cruciale. Caracciolo avverte che la vera questione ora è capire fino a che punto gli Stati Uniti continueranno a sostenere l’Ucraina: “Senza aiuti finanziari e armamenti americani, l’Ucraina non ha possibilità di resistere a lungo. Se Washington riduce il supporto, come sembra voler fare Trump, la guerra rischia di prendere una piega disastrosa per Kiev”.
Questa incertezza rende ancora più fragile la posizione dell’Ucraina nel contesto geopolitico internazionale. “I russi osservano con attenzione e sanno che più passa il tempo, più la pressione sull’Ucraina aumenta. Senza una soluzione diplomatica, Kiev rischia di trovarsi in una posizione insostenibile nel giro di pochi mesi”, avverte Caracciolo.
La reazione della Russia e il ruolo dell’Europa
Mentre negli Stati Uniti la discussione si infiamma, a Mosca Vladimir Putin osserva con attenzione. “Putin e i russi avranno stappato lo champagne, ma non è detto che sia tutto a loro vantaggio. Se Zelensky cade, potrebbe essere sostituito da qualcuno più capace di trattare con gli americani e i russi”, ipotizza Caracciolo.
L’Europa, invece, rischia di trovarsi in una posizione ancora più difficile. “Gli americani possono permettersi di disimpegnarsi, hanno un oceano di mezzo. Noi europei, invece, siamo qui, a un passo dal conflitto”. Secondo Caracciolo, il confronto tra Trump e Zelensky ha evidenziato quanto sia fragile l’unità dell’Occidente su questo tema: alcuni paesi, come Polonia e Baltici, vogliono un’azione più dura contro Mosca, mentre altri, come Germania e Francia, cercano di bilanciare la posizione per evitare una crisi ancora più grave.
“In questo scenario, gli europei devono decidere se continuare a sostenere Kiev con tutte le conseguenze del caso, oppure cercare una soluzione negoziale che possa limitare i danni”, aggiunge Caracciolo. “Ma con un’America sempre più distante, il peso della decisione ricade interamente sull’Europa”.
“Gli americani hanno sempre fatto così”
Infine, Caracciolo invita a guardare la storia per comprendere meglio le mosse di Washington. “Non è la prima volta che gli americani abbandonano i loro alleati quando la situazione diventa scomoda. L’Afghanistan dovrebbe insegnare qualcosa. Il rischio per l’Ucraina è che possa accadere lo stesso”.
La domanda, ora, è se Kiev riuscirà a trovare una via d’uscita prima che sia troppo tardi. Ma dopo il duro faccia a faccia alla Casa Bianca, il tempo stringe. E con esso, anche le possibilità di un compromesso che possa evitare un ulteriore disastro geopolitico.