Delirio Vannacci

- di: Barbara Leone
 
La normalità è un’invenzione di chi è privo di fantasia, diceva Alda Merini. Ma di fantasia il generale Roberto Vannacci ne deve avere invece a quintalate, unitamente ad un ego smisurato, visto che tra una missione e un’altra ha partorito pagine e pagine in cui afferma, tra le tantissime cazzate sparate a raffica, che nelle sue vene scorre “una goccia del sangue di Enea, Romolo, Giulio Cesare, ma anche di Mazzini e Garibaldi”. Uno che, insomma, pensa d’essere alla destra dell’Onnipotente. E dire che, pur avendo un curriculum militare di tutto rispetto, fino a ieri lo conoscevano giusto i parenti stretti, il gatto e forse il postino. Ignoto ai più, il generale è salito agli onori (anzi, disonori) della cronaca per aver scritto un libro intriso di razzismo, sessismo, delirante insofferenza e insopportabili luoghi comuni. Ma soprattutto un libro grondante di odio nei confronti degli omosessuali che, ipse dixit, non sono normali. Un tomo talmente insulso e inutile, che il poveretto se l’è voluto, o forse dovuto, auto produrre.

Delirio Vannacci

Perché va bene che le case editrici pubblicano le peggio schifezze ma, in capa a loro, avranno pensato che c’è un limite a tutto. Cosa che, vivaddio, ha pensato anche il ministro della Difesa Crosetto che ha parlato di “farneticazioni” annunciando un esame disciplinare. Il libro si intitola “Il mondo al contrario”: già, perché fino a ieri i generali facevano i generali e oggi invece fanno gli scrittori elargendo perle di saggezza, si fa per dire, non richiesta. E il Vannacci lo fa generosamente, con un tomo di addirittura 375 pagine. Roba che noi, che di mestiere scriviamo, a volte ci mettiamo una giornata sana sana per buttar giù un articolo di quattromila soppesando pure le virgole. Lui no. E’ un fiume in piena. E ne ha per tutti: clandestini, ambientalisti, femministe, omosessuali, marxisti, radical chic, animalisti e chiunque vuol convincerci che a questo mondo siamo tutti uguali. Minoranze, ipse dixit, cui tutti gli altri, i cosiddetti “normali” devono soggiacere in nome del politically correct.

Il tutto condito da un linguaggio triviale e da uno stile talmente squallido che al confronto gli autori del Grande fratello sembrano Bukowski. Ma il punto cruciale è un altro, magistralmente espresso dallo storico e docente della Luiss Gregory Alegi che si domanda: “Come si può coerentemente esibire un curriculum in cui si è combattuto (chiamiamo le cose con il loro nome) in Afghanistan in nome dei diritti individuali, e poi rifiutarli a casa propria? Come si può giurare fedeltà alla Costituzione e poi non riconoscersi nei suoi valori? Perché i tanti valori etici positivi del mondo militare (lealtà, onore, fedeltà, sincerità, coraggio …) devono essere vissuti, e quindi presentati, come contrari a quelli della società che difendono e proteggono?”.

Appunto: libertà di pensiero e di scrittura per tutti, ci mancherebbe. Ma fino a quando vesti l’uniforme, e per di più coi gradi di ufficiale superiore, non puoi esprimere opinioni che contrastano con i principi di quella Costituzione che ha giurato di difendere. Tutto qui. Senza contare che quando nelle sue elucubrazioni il generale dice d’avere sangue degli antichi romani si dimentica che quegli antichi romani erano uno strano miscuglio di razze e praticavano abitualmente ed anche allegramente l’omosessualità. Qualcuno glielo ricordi… e prenda i sali prima che svenga.
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