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Volkswagen inciampa sui dazi: utili giù, in bilico Italdesign

- di: Bruno Legni
 
Volkswagen inciampa sui dazi: utili giù, in bilico Italdesign
Crollano gli utili, allarme in Cina e negli Usa, sindacati in pressing. Blume (foto): “Rispettabili i risultati, ma servono fabbriche e diplomazia”. Trump costa 1,2 miliardi, Wolfsburg chiede esenzioni sugli investimenti. Il marchio punta sull’elettrico in Europa e su un rilancio “made in China”.

L’onda lunga dei dazi scuote Wolfsburg

I numeri parlano chiaro. Volkswagen archivia un primo semestre 2025 con un tonfo nei profitti: l’utile netto scivola a 4,4 miliardi di euro, in netto calo rispetto ai 7,2 miliardi del 2024. Un crollo del 38%, che l’ad Oliver Blume ha definito “rispettabile viste le condizioni attuali”, ma che fotografa senza pietà una delle peggiori congiunture degli ultimi anni per il colosso tedesco. A pesare sono soprattutto i dazi imposti dall’amministrazione Trump e il rallentamento in Cina, con Porsche e Audi sotto pressione. E in questo scenario tornano a salire le preoccupazioni anche in Italia, dove Italdesign – controllata del gruppo – viene indicata tra le possibili vittime della tempesta.

Italdesign, l’ombra della cessione agita i sindacati

Il futuro della storica azienda di Moncalieri, fondata da Giorgetto Giugiaro e oggi forte di circa 1.300 dipendenti, è tutt’altro che chiaro. La Fiom di Torino teme che Wolfsburg possa cedere la società all’americana Ust. “Svolgiamo un’attività molto diversa rispetto all’assemblaggio auto – ha spiegato il sindacato – Italdesign è un centro d’eccellenza per il design e la prototipazione, e non può essere svenduta come un ramo secco”. La vertenza è stata al centro di un incontro con la direzione nei giorni scorsi, ma al momento non è arrivata alcuna smentita ufficiale né garanzie sul futuro. Solo una frase sibillina: “Nulla è stato ancora deciso”.

Trump fa male: -10% negli Usa, servono nuovi accordi

Negli Stati Uniti, cuore del nuovo protezionismo trumpiano, Volkswagen ha registrato un calo del 10% delle consegne nel primo semestre. Un dato che potrebbe aggravarsi nei prossimi mesi se non si troverà una soluzione negoziale. I dazi imposti da Washington hanno già pesato per 1,2 miliardi di euro sul bilancio del gruppo. Da qui la strategia di Blume: “Vogliamo ottenere l’esenzione daziaria per ogni singolo dollaro investito negli Stati Uniti – ha dichiarato alla stampa tedesca – perché si tratta di un investimento che rafforza l’economia americana e la sua società”. Il gruppo starebbe valutando la costruzione di un nuovo impianto Audi negli Usa, un’ipotesi che ha già suscitato interesse presso l’amministrazione americana.

Europa: l’elettrico tiene, ma le regole ambientali frenano

Sul mercato europeo, Volkswagen mantiene posizioni più solide: gli ordini sono cresciuti del 19% e i modelli elettrici coprono ormai il 28% del portafoglio. Nonostante ciò, Blume ha chiesto all’Ue “una maggiore flessibilità nei parametri sulle emissioni”, denunciando un quadro regolatorio “punitivo e disallineato rispetto agli sforzi delle case automobilistiche”. Il mercato sembra tuttavia premiare la prudenza: il titolo Volkswagen ha chiuso la giornata del 25 luglio con un balzo del +4,08% a Francoforte, sostenuto dalle voci di un’intesa commerciale in vista tra Bruxelles e Washington.

La grande partita cinese: “in Cina per la Cina”

È però in Cina che si gioca il match decisivo. Il mercato cinese, tradizionalmente il più importante per il gruppo tedesco, ha visto una flessione preoccupante, travolto dall’avanzata dei produttori locali come BYD, Geely e Nio. Secondo i dati dell’associazione cinese dei costruttori d’auto, Volkswagen ha perso il 6,3% della propria quota nei primi sei mesi dell’anno. Il nuovo mantra è “in Cina per la Cina”: un piano di rilancio che prevede la produzione locale di 30 nuovi modelli entro il 2027, e ben 50 entro il 2050.

Ma non sarà facile. “Torneremo competitivi solo tra due o tre anni – ha avvertito Blume – la piena ripresa sull’elettrico in Cina potrà iniziare solo nella seconda metà del 2026”. Intanto, il gruppo ha avviato una revisione strategica delle joint venture locali e un piano di tagli selettivi alle spese, per recuperare efficienza.

Un nuovo piano di austerità è già sul tavolo

Volkswagen sta lavorando a un nuovo piano di contenimento dei costi che dovrebbe essere presentato entro l’autunno. Si parla di risparmi nell’ordine di 10 miliardi di euro su base triennale, concentrati sulle divisioni premium e sulla razionalizzazione delle piattaforme software. Sul piatto anche il ridimensionamento delle attività meno strategiche, come appunto Italdesign, e la riduzione della dipendenza da fornitori esterni, soprattutto in Asia.

Una transizione difficile tra geopolitica e strategia industriale

Volkswagen non è sola in questa crisi, ma la sua dimensione globale la rende un barometro dell’automotive europeo. Le scelte protezionistiche di Trump, la concorrenza asiatica, le incertezze normative europee e l’urgenza della transizione ecologica si sovrappongono in uno scenario che mette sotto pressione anche i colossi. Blume ha cercato di rassicurare analisti e investitori. Ma la realtà è chiara: il tempo stringe, e la diplomazia industriale non basta più.

“Abbiamo bisogno di un’Europa più coesa e assertiva, che negozi da pari a pari con Washington – ha affermato il presidente dell’associazione tedesca dell’automotive, Hildegard Müller – altrimenti saremo sempre in balia delle decisioni altrui”.

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