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40 anni di Studio Ghibli: l’utopia fragile e potentissima di un’arte che non invecchia

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
40 anni di Studio Ghibli: l’utopia fragile e potentissima di un’arte che non invecchia

Compie quarant’anni lo Studio Ghibli. Quarant’anni dalla fondazione a Tokyo, il 15 giugno 1985, da parte di Hayao Miyazaki, Isao Takahata, Toshio Suzuki e Yasuyoshi Tokuma. Una data che oggi suona come una soglia: il Ghibli non è più soltanto uno studio d’animazione. È un codice culturale, una grammatica dell’anima, un rifugio. Il tempo scorre, Miyazaki è tornato con Il ragazzo e l’airone ma già annuncia che non ha finito. E nel frattempo si accumulano i riconoscimenti, le retrospettive, i passaggi di testimone.

40 anni di Studio Ghibli: l’utopia fragile e potentissima di un’arte che non invecchia

All’inizio erano in pochi a capire. "Laputa", "Totoro", "La tomba delle lucciole": opere fondative, ma viste da pochi. È solo con Kiki – Consegne a domicilio, nel 1989, che il Ghibli inizia a smuovere i numeri, a fare i conti con il pubblico di massa. Poi esplode tutto: Principessa Mononoke, La città incantata, Il castello errante di Howl. Film che non imitano l’Occidente, non si piegano alle formule di Hollywood, ma disegnano mondi propri, fatti di malinconia, poesia, ossessione per il dettaglio, amore per l’infanzia e la natura, horror della guerra. E vincono. L’Orso d’Oro a Berlino. L’Oscar a Miyazaki. L’incredulità dei grandi festival: un film “per ragazzi” che commuove e interroga anche chi ragazzo non lo è più da tempo.

Il tempo lento del significato
Il segreto del Ghibli è nel ritmo. Nei silenzi. Nelle pause che raccontano più delle parole. I personaggi – sempre femminili, spesso bambini – non sono eroi, ma creature in viaggio, alla ricerca di qualcosa che somiglia più alla verità che alla vittoria. In un’epoca di animazione frenetica, fatta di gag e plot twist, lo Studio Ghibli risponde con il tempo lungo, con la densità simbolica, con il respiro. È una scelta radicale. È anche una scelta politica.

Oggi: tra celebrazioni e rilanci
Non è un anniversario qualunque. A Los Angeles, l’Academy Museum of Motion Pictures sta preparando per febbraio 2026 una mostra-evento dedicata a Ponyo, con disegni, bozzetti, storyboard. In Italia, Rai Gulp manderà in onda Ronja, la figlia del brigante, serie tv firmata da Goro Miyazaki, tratta da un romanzo di Astrid Lindgren e prodotta con Polygon Pictures. E intanto Toshio Suzuki riceve la Palma d’Oro onoraria a Cannes, portando sul palco la visione collettiva e mai egoica che ha retto l’intero progetto Ghibli per quattro decenni.

La grande eredità
Miyazaki, 83 anni, lavora ancora. Goro, suo figlio, ha già trovato una sua voce. Il museo Ghibli a Mitaka è meta di pellegrinaggio. Il Ghibli Park, aperto nel 2022, è un esperimento di spazio narrativo permanente. Ma soprattutto: chi guarda oggi Totoro o Mononoke, chi lo fa da bambino o da adulto, riceve lo stesso messaggio trasversale e misterioso. Che l’immaginazione salva. Che la gentilezza è rivoluzionaria. Che l’arte, quella vera, non è mai solo intrattenimento. È un modo per stare nel mondo. Anche quando il mondo si fa oscuro.

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